Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 39155 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 39155 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/03/2024 del Tribunale di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona Sostituto AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; Lette le conclusioni scritte del difensore.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione, che ha rigettato l’istanza, ex art. 673 cod.proc.pen., di revoca della sentenza di
applicazione di pena, in data 10/11/2021, irr. 28/11/2021, in relazione al reato di cui all’art. 7, I. 26/2019, non essendo intervenuta l’abrogazione della norma penale.
Con un unico motivo deduce la violazione di legge in relazione all’art. 7 I. 26/2019, art. 1 comma 318 della Legge Bilancio 2023, art. 606, comma 1, lett. b) cod.proc.pen.
Il Tribunale di Bologna avrebbe respinto l’istanza di revoca della sentenza argomentando che, con l’art. 13 comma 3 del d.l. 48/2023, il legislatore sarebbe intervenuto successivamente all’abrogazione del reato operata con la Legge di Bilancio con effetto differito, ritenendo per i fatti commessi sino al 31/12/2023 applicabile ancora la norma abrogata. Il Tribunale non avrebbe considerato, da cui la violazione di legge, che la Legge di Bilancio del 2023 aveva abrogato l’intera disciplina del reddito di cittadinanza ed anche la sanzione penale, pur essendo stato differito l’effetto abrogativo al 10 gennaio 2024. Sebbene la giurisprudenza di legittimità abbia affermato che conserva rilevanza penale, per tutto il 2023, l’indebita percezione del reddito di cittadinanza, avendo disposto la concreta efficacia abrogativa solo dal 1° gennaio 2024, è proprio a tale momento cronologico che occorre riferirsi e ritenere che, come disposto dall’art. 1 comma 318 della Legge di Bilancio, l’abrogazione sia avvenuta con conseguente revoca della sentenza e cessazione degli effetti penali.
In applicazione dell’art. 2 comma 2 cod.pen., per effetto della clausola di postergazione degli effetti abrogativi, il reato deve ritenersi abrogato e devono cessare gli effetti della condanna.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
Con sentenza del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Bologna, emessa il 10/11/2021, irr. 28/11/2021, il ricorrente aveva patteggiato la pena in relazione al reato di cui all’art. 7 d.l. n. 4 del 2019.
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Bologna ha respinto l’istanza di revoca della sentenza, ex art. 673 cod.proc.pen., sul rilievo che le condotte di indebita percezione del beneficio economico e di omessa comunicazione delle variazioni di reddito sono ancora previste e punite dalla legge penale, essendosi verificata una successione di leggi penali e non una abrogatio criminis.
Occorre prendere le mosse dalle pronunce di Questa Corte di legittimità che hanno affrontato la questione, seppur sollevata nei giudizi di merito, ove si ripercorrono le tappe della riforma volta, in un primo tempo, ad un
ridimensionamento dell’istituto del reddito di cittadinanza e alla conseguente eliminazione, in un arco temporale più ampio, della disciplina di cui al d.l. n. 4 d 2019 e successive modificazioni, e all’introduzione, ad opera del d.l. n. 48/2023 conv, con la legge n. 85 del 2023, art. 8, del reddito di inclusione (Sez. 3, n. 7541 del 24/01/2024, Picciano, Rv. 285964 – 01; Sez. 3 n. 37836 del 18/04/2023 e Sez.3, n.49047 del 2023, non massimate; più recentemente n. 33341/2024; n. 33335/2024; n. 32680/2024; n. 32263/2024 non massinnate).
Come è noto, l’art. 1, comma 318, L. n. 197 del 2022 ha disposto, fra l’altro, l’abrogazione degli artt. da 1 a 13 del citato d.l. n. 4 del 2019, e, quindi, anche del disposizione dell’art. 7 che conteneva la sanzione penale per chi abbia indebitamente conseguito il beneficio economico previsto dalla medesima legge, che è stata abrogata con effetti decorrenti al 1° gennaio 2024. Pertanto, sebbene la Legge di Bilancio n. 197 del 2022 sia entrata in vigore, anche per quanto attiene al ricordato comma 318, già alla data del 10 gennaio 2023, la concreta efficacia dell’effetto abrogativo, previsto dalla disposizione in esame, era decorrente dal 10 gennaio 2024, con la conseguente perdurante applicazione, trattandosi di disposizione ancora in vigore, quella del citato art. 7 e degli effetti penali da esso previsti.
Peraltro, prima dell’indicata data, il legislatore è intervenuto con il d.l maggio 2023 n. 48, recante “misure urgenti per l’inclusione e l’accesso al mondo del lavoro”, conv., con modif. con I. 3 luglio 2023 n. 85. Dopo aver riproposto, all’art. commi 1 e 2, previsioni incriminatrici per le false od omesse comunicazioni concernenti l’ottenimento o il mantenimento dei nuovi benefici economici previsti dagli artt. 3 e 12 della legge, previsioni sostanzialmente identiche a quelle già contenute nell’art. 7, comnni 1 e 2, d.l. 4/2019 con riguardo al reddito di cittadinanza, con l’art. 13, comma 3, d.l. 48/2023, collocato tra le disposizioni transitorie e fina ha previsto che «al beneficio di cui all’articolo 1 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 7 del medesimo decreto-legge, vigenti all data in cui il beneficio è stato concesso, per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023».
Dunque, al posto della fattispecie di cui all’art. 7 cit., è subentrato invece, decorrere dal 5.5.2023, il D.L. n.48 del 4.5.2023, istitutivo dell’assegno di inclusione quale misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione social delle fasce deboli, il cui art. 8 prevede che “salvo che il fatto costituisca più gr reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio economico di cui all’articolo 3, ovvero il beneficio economico di cui all’articolo 12, rende o utili dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni
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dovute e’ punito con la reclusione da due a sei anni. 2. L’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attivita’ irregolari, nonche’ di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini del manteniment del beneficio indicato al comma 1 e’ punita con la reclusione da uno a tre anni”. Disposizione questa, di contenuto del tutto sovrapponibile a quella dell’abrogato art. 7 d. Igs. 4/219, che punisce le false o reticenti dichiarazioni tese ad ottenere l’assegno di inclusione, disposizione che si pone in continuità normativa con la precedente disposizione (Sez. 3, n. 33341 del 01/02/2024, COGNOME, non nnass.; Sez. 3, n. 32263 del 11/07/2024, non mass.).
Appare dunque chiaro l’intento del legislatore che, per ricucire il tessuto normativo, ha introdotto la disposizione transitoria che, sulla base del tenore letterale della stessa, ha voluto far salva l’applicazione delle sanzioni penali dallo stesso previste in relazione al reato afferente all’indebito conseguimento a seguito di omesse o false dichiarazioni del reddito di cittadinanza per i fatti commessi sino al termin finale di efficacia della relativa disciplina, stessi fatti che se commessi a partire 10 gennaio 2024, sono puniti ai sensi della disposizione di cui all’art. 8 cit.
Con tale previsione, infatti, il legislatore ha inteso assicurare tutela penal all’erogazione del reddito di cittadinanza, in conformità ai presupposti previsti dalla legge, sin tanto che era possibile continuare a fruire di tale beneficio, cos coordinandosi con la sua prevista soppressione, a far tempo dal 10 gennaio 2024, e con la nuova incriminazione di cui all’art. 8 d.l. 48/2023, che, strutturata in termi del tutto identici e riferita agli analoghi benefici introdotti in sostituzione del re di cittadinanza, continua a prevedere il medesimo disvalore penale delle condotte di mendacio e di omessa comunicazione volte all’ottenimento o al mantenimento delle nuove provvidenze economiche (cfr. Sez. 3, n. 32128 del 26/06/2026, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 7541/2024 cit.).
Dunque, ad oggi, nessuno potrà essere condannato per un fatto, ex art. 7 d.l. n. 4 del 2019, che non è più previsto dalla legge come reato, ma dall’avvenuta abrogazione del citato art. 7, non consegue, come ritiene il ricorrente, la revoca della sentenza e degli effetti penali in quanto, l’abrogazione dell’art. 7 non ha significat l’abolizione della figura criminosa, specificamente di quella contenuta nell’art. 7 che ora è riproposta senza sostanziali diversità nell’art. 8 del d.l. 48/2023.
3. La questione di diritto attiene, dunque, alla verifica se la successione delle leggi sopra richiamate, abbia dato luogo ad una pura e semplice “aboliti° criminis”, disciplinata dall’art.2, comma secondo, cod. pen., o ad un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo, inquadrabile nelle previsioni di cui al successivo terzo
comma dello stesso articolo a cui non consegue la revoca della sentenza ex art. 673 cod.proc.pen.
Già le Sezioni Unite n. 24468 del 26/02/2009, Rizzoli, Rv. 243585 – 01, avevano chiarito che in materia di successione di leggi penali, in caso di modifica della norma incriminatrice, per accertare se ricorra o meno “abolitio criminis” è sufficiente procedere al confronto strutturale tra le fattispecie legali astratte che succedono nel tempo, senza la necessità di ricercare conferme della eventuale continuità tra le stesse facendo ricorso ai criteri valutativi dei beni tutelati e d modalità di offesa, atteso che tale confronto permette in maniera autonoma di verificare se l’intervento legislativo posteriore assuma carattere demolitorio di un elemento costitutivo del fatto tipico, alterando così radicalmente la figura di reato ovvero, non incidendo sulla struttura della stessa, consenta la sopravvivenza di un eventuale spazio comune alle suddette fattispecie (Sez. 1, Sentenza n. 3269 del 03/10/2019, Rv. 278582 – 02).
Quanto al caso in esame nessun effetto demolitorio si è verificato a seguito dell’abrogazione disposta dalla legge di bilancio del 2023, pur differita negli effetti seguito dell’art. 13 comnna 3 della legge n. 85 del 2023, perché è seguita l’introduzione, a partire dal maggio 2023, di una fattispecie di reato del tutt sovrapponibile a quella che era prevista dall’art. 7, norma poi abrogata a partire dal 1.1.2024 da cui la permanenza del disvalore penale del fatto.
In presenza, dunque, di un fenomeno successorio, diverso dall’abrogazione, non consegue la revoca della sentenza di condanna.
Di tali principi ha fatto corretta applicazione il Tribunale di Bologna.
Il ricorso va rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processua I i .
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24/09/2024