Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28460 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28460 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME nato ad Agrigento il 24/03/1948 COGNOME nato a Siculiana il 03/01/1947
avverso l’ordinanza del 23/10/2024 della CORTE DI APPELLO DI PALERMO
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l ‘ inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Palermo, Sezione per le Misure di Prevenzione, ha dichiarato inammissibile la richiesta di revoca ex tunc della confisca di prevenzione di un immobile, ubicato in Siculiana, presentata nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME.
La Corte territoriale ha motivato la decisione assunta osservando che la nuova consulenza tecnica (con la documentazione allegata) prodotta a sostegno della richiesta di revoca della confisca, la quale, secondo gli istanti, avrebbe dimostrato – valutando voci patrimoniali in precedenza non considerate (ossia, quanto alla COGNOME, redditi ed indennità percepiti tra il 1974 e il 1983 in conseguenza dell’attività agricola espletata, vendita di un immobile ad un prezzo superiore
rispetto a quello dichiarato, liberalità ricevute dal fratello NOME COGNOME; quanto a Vento, redditi non dichiarati all’Erario ma regolarizzati tramite condono fiscale e altri introiti, tra cui prestiti) – l’assenza di sproporzione tra i redditi lecitamente percepiti dagli incisi e dal loro nucleo familiare e l’investimento immobiliare effettuato, non costituisse ‘prova nuova’ ai sensi dell’art. 7, comma 2, legge 27 dicembre 1956, n. 1423. Gli elementi di fatto sui quali poggiava la prospettata prova nuova, infatti, in quanto non sopravvenuti al passaggio in giudicato della confisca, erano già deducibili nel procedimento originario, di modo che la consulenza tecnica, lungi dal rappresentare un quadro probatorio suscettibile di modificare radicalmente quello posto a fondamento della misura di prevenzione reale, esprimeva solo una rivalutazione critica di elementi già noti.
Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME e di NOME COGNOME articolando un solo motivo, con il quale ha eccepito la nullità dell’ordinanza in epigrafe per violazione degli artt. 666, comma 2, e 125 cod. proc. pen. e 7, comma 2, legge 27 dicembre 1956, n. 1423, nonché per vizio della motivazione.
Ha dedotto:
che la Corte di appello non avrebbe correttamente applicato il concetto di ‘prova nuova’, come elaborato dalla giurisprudenza di legittimità in riferimento alla revoca ex tunc della misura di prevenzione reale prevista dall’art. 7, comma 2, legge 27 dicembre 1956, che racchiude nel proprio ambito di significatività anche elementi di prova preesistenti alla definizione del giudizio che, sebbene astrattamente deducibili in tale sede, non siano stati, tuttavia, concretamente dedotti e, perciò, mai valutati, quali le voci patrimoniali considerate nella consulenza tecnica allegata alla richiesta di revoca;
che sarebbe stato violato il diritto degli interessati alla doppia valutazione di merito degli elementi di prova posti a fondamento della confisca, essendo stata, questa, disposta in grado di appello (in riforma del provvedimento di rigetto emesso dal Tribunale), essendosi, di fatto, loro impedito di interloquire sull’apprezzamento di quegli elementi, valorizzati dalla perizia disposta in quel grado di giudizio;
che la preclusione processuale di cui all’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., sarebbe stata interpretata in maniera formalistica, essa non operando quando siano prospettati elementi anche preesistenti, purché diversi da quelli precedentemente presi in considerazione, quali quelli posti a sostegno della consulenza tecnica del dott. COGNOME, idonei a inficiare i presupposti della confisca;
che la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe, comunque, illogica e apodittica, non avendo spiegato perché gli elementi allegati non potevano
dirsi ‘nuovi’ e non avendo affrontato il merito delle deduzioni difensive, con specifico riferimento ai rilievi relativi agli errori e alle omissioni in cui il perito, nominato dal Collegio che aveva applicato la confisca, era incorso nella valutazione dei redditi dei soggetti incisi e del loro nucleo familiare.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso per iscritto in data 28 giugno 2025 chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con decisione assunta in esito alla camera di consiglio del 10 luglio 2025, hanno risposto al quesito così formulato «Se la revoca della confisca di prevenzione a norma dell’art. 7, legge 27 dicembre 1956, n. 1423 possa essere disposta anche sulla base di elementi preesistenti alla definizione del procedimento di prevenzione che, sebbene astrattamente deducibili in tale sede, non siano stati però dedotti» affermando che «La revoca della confisca di prevenzione a norma dell’art. 7, legge 27 dicembre 1956, n. 1423 non può essere disposta sulla base di elementi preesistenti alla definizione del procedimento di prevenzione che, sebbene astrattamente deducibili in tale sede, non siano stati però dedotti in assenza di cause di forza maggiore» (tanto evincendosi dall’informazione provvisoria ufficiale diffusa).
1.1. Dunque, la Corte, nella sua più autorevole composizione, ha ritenuto di optare per l’orientamento interpretativo secondo cui, in tema di confisca di prevenzione, nei procedimenti disciplinati dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, costituisce prova nuova, rilevante ai fini della revoca ” ex tunc ” della misura, tanto quella preesistente e scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, quanto quella sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione, perché formata dopo di essa, ma non anche quella deducibile e non dedotta nell’ambito del procedimento stesso, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore.
Tale divisamento si pone in linea con il principio di diritto, enunciato dalle Sezioni Unite Lo Duca, sentenza n. 43668 del 26/05/2022, Rv. 283707 – 01, secondo cui «In tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revocazione della misura ai sensi dell’art. 28 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 159, è sia quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, sia quella preesistente ma incolpevolmente
scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, mentre non lo è quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore».
1.2. Si può, quindi, ragionevolmente sostenere che, secondo il diritto vivente, la revoca ex tunc della confisca prevista dall’art. 7, comma 2, legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e la revocazione della stessa ai sensi dell’art. 28 d.lgs. 6 settembre 2001, n. 159 condividono la natura di mezzi di impugnazione straordinari della misura di prevenzione reale, di modo che con esse (revoca e revocazione) non è possibile rimettere in discussione atti od elementi già considerati nel procedimento di prevenzione ovvero in esso deducibili e non dedotti, come, ad esempio, documenti non sopravvenuti alla conclusione del procedimento applicativo della confisca e già noti ai soggetti incisi durante il procedimento di prevenzione e quindi producibili all’epoca, ma non dedotti (Sez. 1, n. 20318 del 30/03/2010, Buda, non massimata).
Donde, come già affermato dalla giurisprudenza delle Sezioni Semplici, la ‘prova nuova, rilevante ai fini della revoca ex tunc della misura di prevenzione della confisca, è solo quella sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione non anche quella deducibile, ma non dedotta, nell’ambito di esso» (Sez. 2, n. 11818 del 07/12/2012, dep. 2013, Ercolano, Rv. 24 255530; conf. Sez. 5, n. 3031 del 30/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272104; Sez. 6, n. 44609 del 06/10/2015, COGNOME, Rv. 265081): ossia, quell’evidenza, sconosciuta nel corso del procedimento di prevenzione o se conosciuta non deducibile dall’interessato per cause a lui non imputabili, suscettibile di mutare radicalmente i termini della valutazione a suo tempo operata. Ad assegnare il valore e la forza dirompente della ‘prova nuova’ a qualunque elemento favorevole non considerato nel procedimento applicativo della misura di prevenzione reale, si finirebbe per trasformare la revoca della confisca disciplinata dall’art. 7, comma 2, l. 27 dicembre 1956, n. 1423, che ha natura di mezzo straordinario di impugnazione, in una non consentita forma di impugnazione tardiva (così, Sez. 1, n. 12762 del 16/02/2021, Roberto, Rv. 280800).
Ciò posto, la motivazione, rassegnata nell’ordinanza impugnata a sostegno della dichiarazione di inammissibilità della richiesta di revoca della confisca di prevenzione presentata nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME è senz’altro in linea con il divisamento fatto proprio dalle Sezioni Unite, che, per tale ragione, non è più possibile mettere in discussione.
2.1. Devesi, d’altro canto, rilevare che la consulenza tecnica contabile, addotta a sostegno della richiesta di revoca della confisca di prevenzione
presentata nell’interesse dei coniugi COGNOME non sarebbe, già di per sé, idonea ad integrare una ‘prova nuova.
Invero, anche una nuova valutazione tecnico-scientifica può costituire prova nuova, a condizione, però, o che l’oggetto dell’apprezzamento sia costituito da elementi oggettivi sopravvenuti (o, se preesistenti, non dedotti per causa di forza maggiore) oppure, nel caso di dati già valutati, che il loro diverso apprezzamento si fondi su nuove acquisizioni scientifiche e tecniche diverse e innovative, tali da fornire risultati non raggiungibili con le metodiche in precedenza disponibili.
Perciò, perché una consulenza tecnica di tipo contabile possa integrare prova nuova, rilevante ai sensi dell’art. 7, comma 2, legge 27 dicembre 1956, n. 1423, è necessario o che riguardi elementi patrimoniali effettivamente sopravvenuti (ossia, non conosciuti dai soggetti incisi né da loro conoscibili) o che si fondi su criteri contabili in precedenza non utilizzati dalla comunità degli esperti perché basati su principi generali, nazionali o internazionali, non ancora elaborati e diffusi.
Caratteristiche, queste, che, di certo non possiede il contributo tecnico allegato dai ricorrenti, il quale, secondo la non implausibile motivazione rassegnata a corredo dell’ordinanza censurata, lungi dall’introdurre elementi nuovi, si è limitato a rivalutare criticamente dati già noti e analizzati ovvero fonti documentali (es. estratto INPS, dichiarazioni del fratello della COGNOME) già disponibili all’epoca del procedimento applicativo della misura di prevenzione patrimoniale.
2.2. Ad ogni buon conto, la sproporzione tra le entrate lecite dei coniugi COGNOME e del loro nucleo familiare e l’impegno economico da loro messo in atto per la costruzione/ristrutturazione del fabbricato ubicato in Siguliana sarebbe persistente pur considerando le ‘nuove’ allegazioni dei richiedenti la revoca.
Correttamente, infatti, il Collegio di merito ha sottolineato come, in tema di confisca di prevenzione, ai fini del giudizio di sproporzione tra i beni posseduti e le attività economiche del soggetto inciso, non è possibile tener conto dei proventi da evasione fiscale (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260244 – 01): è ciò anche se l’interessato abbia aderito a forme di condono, posto che l’adesione a forme di ravvedimento operoso, atte a sanare esposizioni debitorie con l’Amministrazione finanziaria dello Stato sorte a seguito di evasione fiscale, non elide l’illiceità originaria del comportamento con cui il soggetto inciso si è procurato le risorse impiegate per l’acquisto dei beni oggetto di ablazione (Sez. 5, n. 47542 del 27/10/2023, COGNOME, Rv. 285556 – 03, sia pure in tema di ‘confisca allargata’).
Né è possibile in questa sede sindacare il giudizio in fatto, espresso dal giudice di merito, circa l’impossibilità delle allegate differenze nei costi di costruzione del fabbricato a colmare il disavanzo economico accertato tra entrate lecite del nucleo familiare COGNOME e entità dell’investimento effettuato.
Inammissibile è, infine, il rilievo secondo il quale sarebbe stato violato il diritto degli interessati alla doppia valutazione di merito degli elementi di prova posti a fondamento della confisca, essendo stata, questa, disposta in grado di appello (in riforma del provvedimento di rigetto emesso dal Tribunale) e, così, essendosi, di fatto, loro impedito di interloquire sull’apprezzamento di quegli elementi, visto che il sindacato di legittimità in materia di misure di prevenzione è limitato allo scrutinio del vizio di violazione di legge.
Invero, con il ricorso per cassazione avverso la decisione di appello sulla confisca, che aveva ribaltato quella di primo grado, i soggetti incisi avrebbero ben potuto far valere, sotto l’egida della mancanza di motivazione, anche sub specie di apparenza della stessa, l’assenza di compiuta indicazione delle ragioni per le quali il giudice di appello era pervenuto ad un esito decisorio radicalmente opposto a quello di primo grado, senza specificamente confrontarsi con le principali argomentazioni spese da quest’ultimo a sostegno del differente convincimento maturato.
Per tutto quanto esposto i ricorsi devono essere rigettati. Segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 14/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME