Revoca Confisca: La Cassazione Stabilisce i Limiti per la Revisione
L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 3500/2024, offre un importante chiarimento sui presupposti necessari per ottenere la revoca confisca di beni, precedentemente disposta ai sensi dell’art. 12-sexies del d.l. 306/1992. Questa decisione sottolinea il rigore con cui la legge tratta i tentativi di rimettere in discussione un provvedimento ablativo divenuto definitivo, stabilendo che solo la presentazione di prove genuinamente nuove può aprire uno spiraglio per la revisione.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato dalla terza proprietaria di alcuni beni confiscati. La ricorrente si era opposta a un’ordinanza della Corte d’Appello di Bari che aveva respinto la sua istanza di revoca della confisca. La sua difesa si basava sull’asserita erronea valutazione delle prove da parte dei giudici di merito, sostenendo che le somme oggetto del provvedimento potessero essere giustificate da redditi leciti accumulati in un arco temporale specifico (dal 2003 al 2008). In sostanza, la ricorrente lamentava un’illogicità della motivazione e un travisamento della prova, proponendo una lettura alternativa degli atti processuali.
La Decisione della Cassazione sulla Revoca Confisca
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ribadito un principio fondamentale in materia: la revoca di una confisca, coperta dal giudicato, è un rimedio eccezionale. Non è sufficiente contestare la valutazione dei fatti già operata dal giudice o proporre una diversa interpretazione degli elementi esistenti.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si articola su punti chiari e rigorosi. In primo luogo, viene specificato che la revoca di un provvedimento di confisca ai sensi dell’art. 12-sexies è ammissibile solo se, nell’ambito di un incidente di esecuzione, vengono dedotte prove nuove. Per ‘prove nuove’ si intendono non solo quelle sopravvenute alla conclusione del procedimento, ma anche quelle preesistenti che, tuttavia, non sono state valutate, neppure implicitamente, dal giudice della cognizione.
Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che le censure della ricorrente non introducevano alcun elemento di novità. Al contrario, si concentravano su una critica all’interpretazione degli atti già posti a fondamento della decisione, risolvendosi in una richiesta di riesame del merito. Questo tipo di valutazione, però, è precluso in sede di legittimità, dove la Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non di sostituire il proprio giudizio sui fatti a quello del giudice di merito.
Il ricorso è stato quindi giudicato ‘a-specifico’ e volto a prospettare una valutazione alternativa, operazione non consentita in questa sede. La Corte ha ritenuto che la decisione impugnata fosse logicamente coerente e fondata su una concreta interpretazione degli atti esaminati.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale molto fermo: una volta che una confisca è divenuta definitiva, le possibilità di revocarla sono estremamente limitate. Chi intende percorrere questa strada deve essere in grado di presentare elementi probatori che non siano mai stati sottoposti al vaglio del giudice. Un semplice disaccordo con la valutazione del tribunale o una rilettura degli stessi documenti non costituisce un presupposto valido per la revoca.
Inoltre, la declaratoria di inammissibilità ha comportato la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende. Ciò serve da monito: intraprendere un ricorso palesemente infondato, basato su motivi non consentiti dalla legge, espone a conseguenze economiche negative, in quanto si riconosce una colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
È possibile chiedere la revoca di una confisca già disposta con sentenza definitiva?
Sì, ma solo a condizioni molto restrittive. È necessario proporre un incidente di esecuzione e presentare ‘prove nuove’, ovvero prove sopravvenute alla conclusione del procedimento o prove preesistenti che non siano state valutate, neanche implicitamente, dal giudice.
Cosa non è sufficiente per ottenere la revoca della confisca?
Non è sufficiente contestare la valutazione delle prove già effettuata dal giudice o proporre una diversa interpretazione degli atti processuali. Un ricorso basato su una mera rivalutazione del merito, senza l’introduzione di elementi probatori nuovi, è destinato a essere dichiarato inammissibile.
Cosa succede se un ricorso per la revoca della confisca viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte può condannarlo al pagamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, qualora ravvisi profili di colpa nella proposizione di un ricorso privo dei presupposti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3500 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3500 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
TRISTANO NOME NOME a CERIGNOLA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/06/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, terza proprietaria dei beni, ricorre avverso l’ordinanza con la quale la Corte di appello di Bari ha rigettato la richiesta di revoca della confisca, precedentemente disposta ai sensi dell’art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306 (introdotto dalla legge di conversione 7 agosto 1992, n. 356) e lamenta vizio d’illogicità della motivazione e travisamento di prova in punto di errata valutazione delle causali lecite della somma portata dal libretto oggetto di sequestro che – giusta la tesi – difensiva può giustificarsi sulla base dei redditi accumulati negli anni 2003 al 2008;
ricordato che la confisca disposta ai sensi dell’art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992 è suscettibile di revoca solo se con l’incidente proposto per la rimozione del provvedimento ablativo si deducano – non situazioni di fatto costituenti condizioni di legittimità della misura attinenti all’assenza di giustificazione circa la provenienza dei beni e al loro valore non proporzioNOME al reddito dichiarato o all’attività economica lecita del soggetto colpito, coperte dal giudicato di condanna, bensì – prove nuove sopravvenute alla conclusione del procedimento, per tali dovendosi intendere anche quelle preesistenti, non valutate nemmeno implicitamente dal giudice (Sez. 1, n. 4196 del 09/01/2009, Laforet, Rv. 242844);
rilevato che il giudice dell’esecuzione ha, con motivazione adeguata e logicamente corretta, destituito di decisiva novità alle censure addotte dalla ricorrente allo scopo di dimostrare la lecita provenienza dell’intera somma confiscata;
ritenuto, per converso, che le censure sviluppate dalla ricorrente, oltre ad essere a-specifiche e a non dedurre l’avvenuta configurazione del suddetto presupposto di diritto, si sono concentrate sull’interpretazione degli atti posti alla base dell’asserito travisamento probatorio, risolvendosi però nella prospettazione di una valutazione alternativa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito secondo uno schema logico coerente, radicato sulla concreta interpretazione dei singoli atti esaminati, valutazione che, rifluendo nel giudizio sul fatto, non può essere sovvertita, stante le suddette premesse, nella sede di legittimità;
ritenuto, pertanto, che il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile con consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nell determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente