Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1301 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1301 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NAPOLI il 24/03/1963 avverso l’ordinanza del 30/01/2023 della CORTE di APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 30/1/2023, ha rigettato l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza con la quale la stessa Corte di Appello di Napoli, il 21/4/2022, ha dichiarato inammissibile l’istanza di revoca della confisca disposta con la sentenza pronunciata dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli il 16/2/2015, confermata dalla Corte di Appello con la sentenza del 17/3/2017, irrevocabile il 27/1/2017.
NOME COGNOME è stato condannato con la sentenza pronuncia dal Gip del Tribunale di Napoli sopra indicata per il reato di cui all’art. 12 quinques d.l. 306/1992 (ora 512 quinques cod. pen.) in relazione all’intestazione delle quote e alla gestione della società RAGIONE_SOCIALE e del delitto di riciclaggio dei proventi delle attività criminali del clan COGNOME e COGNOME COGNOME, con l’aggravante di avere così agevolato l’associazione camorristica.
Con la stessa sentenza è stata disposta, ai sensi dell’art. 12 sexies d.l. 306/1992, la confisca delle quote societarie e delle unità immobiliari
riferibili allo stesso NOME COGNOME e ai suoi congiunti in quanto tali beni, tutti riferibili all’imputato, sono stati ritenuti di valore sproporzionato rispetto ai redditi dallo stesso dichiarati.
La sentenza, e così le statuizioni di confisca, sono state confermate sia all’esito dell’appello che del ricorso per cassazione così che sono divenute irrevocabili il 27 gennaio 2017.
NOME COGNOME ha presentato istanza di revoca della confisca adducendo quali elementi di novità gli accertamenti effettuati dal dott. NOME COGNOME in ordine alla provenienza dei redditi e, nello specifico, circa la lecita provenienza della somma utilizzata per costituire la società RAGIONE_SOCIALE che, poi, sin dal primo anno e nel corso del tempo, avrebbe sviluppato utili, per lo più non dichiarati al fisco.
Il giudice dell’esecuzione ha dichiarato inammissibile l’istanza ritenendo che gli elementi indicati e gli accertamenti effettuati non contengano il necessario requisito della novità e la stessa Corte di Appello, successivamente, ha rigettato l’opposizione rilevando come la consulenza tecnica, oltre a non introdurre nessun ulteriore e diverso elemento di novità, sia “assolutamente generica e non supportata da adeguata documentazione a sostegno”
Avverso il ricorso ha proposto ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi degli artt. 121, 125, 667, 676 cod. proc. pen., 240 cod. pen., 12 sexies d.l. 306/1992, artt 6 e 7 Cedu, e art. 1 protocollo addizionale. Nel primo motivo la difesa rileva che il giudice dell’esecuzione, anche omettendo di escutere il consulente della difesa, così come era stato espressamente richiesto, avrebbe reso in ordine alla provenienza lecita delle somme utilizzate per costituire la società e gli utili da questa sviluppati, poi utilizzati per acquistare gli immobili, una motivazione del tutto carente.
3.2. Violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi degli artt. 121, 125, 667, 676 cod. proc. pen., 240 cod. pen., 12 sexies d.l. 306/1992, artt 6 e 7 Cedu, e art. 1 protocollo addizionale. Nel secondo motivo la difesa evidenzia che il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di motivare quanto alla dedotta incidenza degli utili derivanti dall’evasione fiscale, ciò considerato che il divieto di fare riferimento a tali redditi, introdotto nell’anno 2017, non si estenderebbe alle situazioni, come quella di specie, relative a periodi precedenti all’entrata in vigore della norma.
3.3. Violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi degli artt. 121, 125, 667, 676 cod. proc. pen., 240 cod. pen., 12 sexies d.l. 306/1992, artt 6 e 7 Cedu, e art. 1 protocollo addizionale. Nel terzo e ultimo motivo si deduce la nullità dell’ordinanza in quanto il giudice non avrebbe disposto la richiesta audizione del dott. COGNOME e la motivazione in ordine al diniego sarebbe inesistente.
In data 29 giugno 2023 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte nelle quali il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Nei tre motivi di ricorso la difesa censura l’ordinanza impugnata deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla mancata considerazione degli elementi sopravvenuti dai quali emergerebbe la legittima provenienza lecita delle somme utilizzate per costituire la società e, di conseguenza, la carenza dei presupposti sui quali si fonda la confisca disposta, ciò anche con riferimento al diniego di procedere all’audizione del proprio consulente tecnico.
Le doglianze sono manifestamente infondate.
La confisca è una misura di sicurezza patrimoniale, obbligatoria o facoltativa, ovvero di prevenzione che può essere applicata, a seconda dei presupposti espressamente previsti nelle diverse ipotesi, all’esito del processo (con la sentenza), nel corso dell’esecuzione o al termine del procedimento di prevenzione.
L’ordinamento modula i diversi sistemi di controllo in base al procedimento seguito e alla specifica posizione dei soggetti interessati.
3.1. Il procedimento di prevenzione, ad esempio, che è strutturato in modo autonomo, prevede due mezzi di impugnazioni ordinari, uno di merito e uno di legittimità, e uno straordinario, costituito dalla revocazione di cui all’art. 28 D.L. 159/2001. Mezzo quest’ultimo esperibile qualora, dopo la conclusione del procedimento di prevenzione, sopravvenga una prova nuova, che si è cioè formata in un momento successivo o, se preesistente, che sia stata incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, fermo restando che non è tale quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore(Sez. U, n. 43668 del 26/05/2022, Lo Duca, Rv. 283707 – 01).
3.2. Alla confisca disposta dal giudice dell’esecuzione si applica il procedimento di cui agli artt. 676 e 667, comma 4, cod. proc. pen. così che il sistema di controlli è delineato prevedendo il diritto della parte di proporre l’opposizione avverso il provvedimento emesso de plano e, successivamente il ricorso per cassazione e, nel caso sopravvengano nuovi elementi, all’interessato è riconosciuta la possibilità di proporre un nuovo incidente di esecuzione (Sez. 1, n. 27367 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 281634 – 01).
3.3. Alla confisca disposta con la sentenza di condanna, quando cioè questa è oggetto di una statuizione emessa durante e all’esito del giudizio di cognizione, invece, si applica il regime ordinario e le questioni relative alla legittimità o meno della stessa devono essere devolute dalle parti con i mezzi ordinari e straordinari di controllo tassativamente previsti per la sentenza, cioè l’appello, il ricorso per cassazione e la revisione (Sez. 1, n. 28525 del 24/09/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 276491 – 01).
In tale situazione, infatti, la confisca è diretta conseguenza della dichiarazione di responsabilità e, pertanto, ogni decisione sul punto è attribuita al giudice che si è pronunciato nel merito, senza che il giudice dell’esecuzione possa intervenire una volta che la sentenza è divenuta irrevocabile (Sez. 6, n. 29200 del 30/06/2021, COGNOME, Rv. 281825 – 01; Sez. 1, n. 28525 del 24/09/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 276491 – 01).
In questi casi, quindi, il giudice dell’esecuzione non può pronunciarsi in merito alle istanze presentate da chi ha partecipato al processo e può intervenire esclusivamente se la richiesta provenga da un terzo, un soggetto cioè che, non avendo partecipato al giudizio, non ha avuto modo di tutelare le proprie ragioni in via ordinaria (Sez. 1, n. 27367 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 281634 – 01; Sez. 1, n. 16806 del 21/04/2010, COGNOME, Rv. 247072 – 01).
Nel caso di specie la confisca è stata disposta nel corso del giudizio con la sentenza di condanna.
Ogni questione relativa alla stessa, pertanto, avrebbe dovuto, come in effetti è stato, dedotta con gli ordinari mezzi di impugnazione e una volta divenuta irrevocabile la pronuncia sul punto al condannato non era consentito chiedere al giudice dell’esecuzione la revoca della statuizione.
Pure a fronte di eventuali prove sopravvenute, infatti, l’unico mezzo esperibile avrebbe dovuto essere la richiesta di revisione della sentenza di condanna, in punto di responsabilità, che costituisce il presupposto che ha determinato nel caso di specie l’applicazione della misura.
Ragione questa par la quale la dichiarazione di inammissibilità della richiesta, non consentita, e il successivo rigetto dell’opposizione, seppure fondati su argomenti in parte diversi, sono corretti.
5. Sotto altro profilo, comunque, come evidenziato nella motivazione del provvedimento impugnato, si deve rilevare che le prove che il ricorrente ha posto a fondamento della richiesta non risultano essere “sopravvenute” e, soprattutto, si riferiscono a elementi di cui la parte aveva conoscenza già nel corso del giudizio di merito.
Le circostanze rappresentate con la consulenza tecnica circa i fondi per costituire la società (un prestito bancario garantito con fidejussione del padre) e il fatto che vi sarebbero stati redditi oggetto di evasione fiscale (in sostanza utili della società non dichiarati), oltre a essere del tutto sforniti di prova in assenza di documentazione a sostegno, infatti, non sono elementi nuovi e gli stessi erano, anche per la loro natura, noti al ricorrente così che non si può ritenere lo stesso li abbia incolpevolmente ignorati, tanto da impedirgli di provare nel corso del giudizio di merito la legittima intestazione dei beni (sul punto Sez. U, n. 43668 del 26/05/2022, COGNOME, Rv. 283707 – 01: “In tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revocazione della misura ai sensi dell’art. 28 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 159, è sia quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, sia quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, mentre non lo è quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore”).
6. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende. GLYPH
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore < della cassa delle ammende. 2
Così deciso il 24 ottobre 2023.