Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 6057 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 6057 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a TORREMAGGIORE il 02/03/1961 COGNOME nato a VASTO il 31/08/1981 COGNOME NOME nato a ROMA il 24/01/1980 COGNOME nato a VASTO il 08/03/1986 COGNOME nato a VASTO il 16/04/1985 COGNOME nato a VASTO il 27/09/1993 COGNOME
avverso il decreto del 24/06/2024 del TRIBUNALE di CHIETI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 4 luglio 2017, il Tribunale di Chieti disponeva la misura di prevenzione patrimoniale della confisca con riguardo a beni di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Con istanza rivolta al Tribunale di Chieti, in funzione di giudice dell’esecuzione, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedevano la revoca del suddetto decreto del 4 luglio 2017.
Il Tribunale di Chieti, in funzione di giudice dell’esecuzione, con provvedimento del 24 giugno 2024 dichiarava inammissibile l’istanza, rilevando, fra l’altro: che essa era infondata; che gli istanti avrebbero dovuto esperire, in base alla giurisprudenza di legittimità, il rimedio della richiesta di revocazione prevista dall’art. 28 d.lgs. n. 159 del 2011, non quello dell’incidente di esecuzione; che l’istanza era inammissibile anche perché una precedente istanza, basata sulla sopravvenuta pronuncia della sentenza della Corte costituzionale n. 24/2019, era stata già rigettata con ordinanza del Tribunale di Chieti, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 7 marzo 2023.
La difesa di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ha proposto ricorsi per cassazione con atto unitario articolato in tre motivi, volti ad ottenere l’annullamento del citat provvedimento emesso dal Tribunale di Chieti, in funzione di giudice dell’esecuzione, il 24 giugno 2024.
4.1. Con il primo motivo, la difesa, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., deduce la nullità del provvedimento impugnato, per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in riferimento alla , sentenza della Corte costituzionale n. a4 del 2019 in materia di confisca di beni ‘ alla criminalità organizzata.
4.2. Con il secondo motivo, la difesa, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., deduce la nullità del provvedimento impugnato, per ) 1 -> , erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 24 d.lgs. n. 159 del
2011, per assenza di correlazione tra i fatti costitutivi della pericolosità sociale e l’acquisto dei beni confiscati, in mancanza di accertamento della commissione di reati produttivi di reddito.
4.3. Con il terzo motivo, la difesa, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., deduce la nullità del provvedimento impugnato, per inosservanza di norme processuali e mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono generici e manifestamente infondati, quindi devono essere dichiarati inammissibili.
1.1. La giurisprudenza di legittimità ha stabilito che, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, il rimedio esperibile avverso il provvedimento definitivo di confisca fondato sulla pericolosità generica, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. “a”, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, al fine di far valere il difetto originario dei presupposti della misura, a seguito della sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019, è quello della richiesta di revocazione di cui all’art. 28, comma 2, del d.lgs. citato e non, invece, quello dell’incidente di esecuzione (Sez. U, sentenza n. 3513 del 16/12/2021, dep. 31/01/2022, Rv. 282474 – 01).
1.2. In applicazione del richiamato principio di diritto, pienamente condivisibile, deve affermarsi, con riferimento al caso concreto ora in esame, che il provvedimento emesso dal Tribunale di Chieti, in qualità di giudice dell’esecuzione, il 24 giugno 2024, ora in valutazione, ha correttamente dichiarato l’inammissibilità dell’istanza presentata al giudice dell’esecuzione per ottenere la revoca del decreto di confisca di prevenzione, emesso dal Tribunale di Chieti il 4 luglio 2017. I ricorrenti, infatti, avuto riguardo agli argomenti prospettati nell’istanza rivolta al giudice dell’esecuzione, avrebbero dovuto utilizzare il diverso rimedio dell’istanza di revoca del decreto in materia di prevenzione, previsto dall’art. 28 d.lgs. n. 159 del 2011.
1.3. Peraltro, il Tribunale di Chieti, nel provvedimento del 24 giugno 2024, ora in valutazione, ha posto a sostegno della decisione anche un’altra ragione corretta in diritto, affermando che l’invocazione, da parte degli odierni ricorrenti, delle conseguenze della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019 è fuori luogo. Il giudice delle leggi, infatti, ha dichiarato l’illegittimità costituzio dell’art. 4, comma 1, lett. “e” d.lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui, attraverso il richiamo dell’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011, consentiva la confisca nei confronti di coloro che debbano ritenersi abitualmente dediti a traffici delittuosi gt , (art. 1, comma 1, lett. “a”, d.lgs. n. 159 del 2011). Invece, non è stato colpito da
declaratoria di illegittimità costituzionale, e resta fermo, lo stesso art. 4, comma 1, lett. “c”, d.lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui prevede, sempre mediante il richiamo dello stesso art. 1, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011, la confisca nei confronti di coloro che debbano ritenersi vivere abitualmente con i proventi di attività delittuose (art. 1, comma 1, lett. “b”, d.lgs. n. 159 del 2011).
E, nel caso in esame, il decreto di confisca di prevenzione che era stato emesso precedentemente dal Tribunale di Chieti, il 4 luglio 2017, risulta basato anche sulla situazione da ultimo indicata, come notato nel provvedimento del 24 giugno 2024 e non contestato adeguatamente dai ricorrenti.
1.4. Inoltre, deve osservarsi che i ricorrenti non hanno adeguatamente contestato l’ulteriore la ragione di inammissibilità individuata dal Tribunale di Chieti nel provvedimento del 24 giugno 2024, ove si espone un argomento dimostrativo del carattere reiterativo dell’istanza. Detto provvedimento, infatti, rappresenta che lo stesso Tribunale Chieti, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 7 marzo 2023, aveva già rigettato una precedente istanza di revoca del decreto di prevenzione, basata sulla sopravvenuta pronuncia della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019.
In conclusione, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili in applicazione dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma indicata nel seguente dispositivo alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla stregua del principio di diritto affermato da Corte cost. n. 186 del 2000 – la ricorrenza dell’ipotesi della colpa nella proposizione dell’impugnazione.
P.Q.M
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 9 ottobre 2024.