Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26614 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26614 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2125/2025
CC – 18/06/2025
R.G.N. 13563/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
NOME COGNOME nata in BULGARIA il 15/11/1957
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto in epigrafe la Corte di appello di Firenze – Sezione assise e misure di prevenzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza di revocazione proposta nell’interesse di NOME COGNOME terza interessata, avverso il decreto della Corte di appello di Perugia emesso il 3 luglio 2019, depositato il 17 luglio 2019 relativo alla confisca di alcuni cespiti immobiliari siti a Sofia, in Bulgaria, disposta ai sensi dell’art. 12 sexies d.l. n. 306 del 1992 (oggi art. 240bis cod. pen.) nei confronti del coniuge NOME COGNOME.
Il giudice dell’esecuzione ha escluso l’idoneità a costituire «nuova prova», idonea, in quanto tale, a superare il giudicato esecutivo, dell’atto di constatazione del 15 dicembre 1998 dal quale emergerebbe, secondo la ricorrente, che l’immobile oggetto di confisca Ł stato già costruito al momento in cui, con il predetto atto, sono state constatate alcune difformità e, dunque, quando l’istante non aveva alcuna relazione con Crostella.
Avverso il decreto ha proposto ricorso per cassazione la Borissova, per mezzo del proprio difensore fiduciario, articolando un motivo per violazione di legge in relazione agli artt. 28 d.lgs. n. 159 del 2011, 7 legge n. 1423 del 1956 e 200 cod. pen.
Vertendosi in tema di istanza di revoca della confisca disposta ai sensi dell’art. 240bis cod. pen., deve trovare applicazione, nella prospettazione della ricorrente, non già la disposizione di cui all’art. 28 d.lgs. n. 159 del 2011, bensì quella di cui all’art. 7, comma 2, legge n. 1423 del 1956.
Si tratta, peraltro, di questione oggetto di recente rimessione alle Sezioni Unite, giusta ordinanza della Quinta Sezione Penale di questa Corte n. 9996 del 2025 proprio in punto di interpretazione della nozione di «prova nuova».
E’ stato, infatti, demandato al massimo organo nomofilattico di chiarire se, in tale definizione, debbano essere comprese, contrariamente a quanto previsto per i procedimenti ai quali si applica, ratione temporis, il citato art. 28, le prove preesistenti alla definizione del
procedimento che, pur deducibili nello stesso, non siano state dedotte e valutate, in conformità alla nozione di «prova nuova» elaborata ai fini della revisione ex art. 630 cod. proc. pen.
Alla luce di quanto già deciso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 27421 del 2021, emessa nell’ambito del presente procedimento, la questione dovrebbe essere risolta affermando l’applicabilità dei criteri di cui all’art. 7 della legge n. 1423 del 1956.
Ciò anche perchØ l’intero procedimento deve essere disciplinato sulla scorta delle regole vigenti al tempo in cui la misura di sicurezza avrebbe potuto essere applicata nella sede propria della cognizione.
In particolare, poichØ il reato «spia» che ha dato luogo all’applicazione e all’estensione della misura di sicurezza rispetto ai beni della moglie di COGNOME risale al 1998, Ł con riferimento alla disciplina vigente in quell’anno che occorre avere riguardo ai fini della identificazione della «prova nuova», siccome la sede esecutiva deve ritenersi meramente surrogatoria di quella della cognizione.
Tanto alla luce anche del disposto dell’art. 200 cod. pen., da coordinarsi con l’art. 183quater disp. att. cod. proc. pen.
In sostanza, l’applicazione alla fattispecie dell’art. 7 cit. avrebbe consentito di pervenire a una pronuncia di contenuto diverso e certamente non di inammissibilità, atteso che, nel caso di specie, Ł stata sottoposta al giudice dell’esecuzione la cognizione di due prove documentali costituite da atti pubblici scoperti solo a seguito di una approfondita ricerca presso archivi di uno Stato estero.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non Ł meritevole di accoglimento.
La complessità della vicenda suggerisce di ricostruire i principali snodi attraverso i quali si sviluppa la motivazione del provvedimento impugnato.
La Corte di appello di Firenze ha rilevato l’inammissibilità della richiesta della Borissova segnalandone, in motivazione, altresì, l’infondatezza.
La tesi avanzata dalla ricorrente nelle diverse istanze sin qui decise, dunque, anche in quella per la quale si procede in questa sede, Ł che possa trovare applicazione la norma dell’art. 630 cod. proc. pen. essendo questa la disposizione utilmente invocabile nella fattispecie.
L’immobile oggetto di confisca, in sintesi, era stato già costruito quando la ricorrente non aveva alcun rapporto con Crostella, ossia il soggetto che ha riportato la condanna passata in giudicato che ha legittimato il provvedimento di confisca ai sensi dell’art. 240bis cod. pen.
Il matrimonio tra i due Ł intervenuto nel 1997 e secondo la legge bulgara ha determinato la comproprietà degli immobili in capo a Crostella, ma i beni (i terreni e l’immobile successivamente edificato) sono stati acquistati dalla donna in epoca precedente.
Ciò dovrebbe risultare da un documento del 15 dicembre 1998 costituente la nuova produzione legittimante l’istanza di revoca per la quale si procede.
Secondo la Corte di appello, tuttavia, si tratta di un documento già menzionato nel decreto penale del 20 maggio 1999 che ha giustificato la proposizione della precedente istanza di revoca del 15 giugno 2023 ed era noto alla Borissonva sin dal 18 marzo 2023 quando la ricorrente ha avuto notizia del decreto penale che menzionava l’atto.
Tenuto conto dei principi elaborati da Sez. U, n. 43668 del 20/03/2022, la prova non ha
i caratteri della novità e, alla luce di quanto emerso,Ł stato affermato che non emerge alcuna impossibilità di produrre tale nuova documentazione
Inoltre, la Corte ha escluso che la necessità o la novità della produzione derivino dalla sentenza della Corte di cassazione del 9 aprile 2024.
Ancora, il giudice dell’esecuzione ha anche escluso l’idoneità del documento a fornire la prova della estraneità dell’immobile al patrimonio di Crostella, stante la sua edificazione in periodo prossimo o contestuale al matrimonio, tenuto conto della condanna per reati spia commessi sino al 1998, «sicchŁ in assenza della dimostrazione di redditi leciti maturati nel paese di origine e di realizzazione di tale immobile ovvero la Bulgaria, la presunzione di riconducibilità al Crostella non Ł superabile».
Infine, ulteriore motivo di inammissibilità Ł stato individuato nella tardività della contestazione della relazione tra reati spia e gli immobili confiscati atteso che la ricorrente era a conoscenza della contestazione del reato spia sin dall’ordinanza della Corte di appello di Perugia del 21 aprile 2017 e dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 27421 del 25/02/2021.
3. In punto di rimedio esperibile dal terzo relativamente alla confisca disposta ai sensi dell’art. 240bis cod. pen., non vi sono motivi per discostarsi da quanto deciso dalla Seconda sezione con sentenza n. 16395 del 2024 in relazione ad una precedente istanza presentata dalla stessa odierna ricorrente.
Operando una minuziosa disamina degli orientamenti giurisprudenziali formatisi sul punto dei rimedi esperibili dal terzo attinto dal provvedimento di confisca ai sensi dell’art. 240bis cod. pen., la sentenza ha ripreso, inizialmente quanto già affermato dal fondamentale arresto delle Sezioni Unite nell’arresto con la quale Ł stato affermato che la confisca dei beni patrimoniali dei quali il condannato per determinati reati non sia in grado di giustificare la provenienza, prevista dall’articolo 12-sexies d.l. 8 giugno 1992 n. 306, convertito in legge 8 agosto 1992 n. 356, come modificato dal d.l. 20 giugno 1994 n. 399, convertito in legge 8 agosto 1994 n. 501, può essere disposta anche dal giudice dell’esecuzione che provvede “de plano”, a norma degli articoli 676 e 667, comma 4, cod. proc. pen., ovvero all’esito di procedura in contraddittorio a norma dell’art. 666 dello stesso codice, salvo che sulla questione non abbia già provveduto il giudice della cognizione, con conseguente preclusione processuale (Sez. U, n. 29022 del 30/05/2001, Derouach, Rv. 219221 – 01).
In punto di rimedi esperibili avverso il provvedimento emesso successivamente alla definitività del procedimento avente ad oggetto il reato spia (al netto della possibilità di proporre opposizione ex art. 667 comma 4 cod. proc. pen.), l’attenzione si Ł concentrata anche sulla possibile configurabilità di rimedi straordinari di impugnazione avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione divenuto defintivo.
E’ stata affermata con certezza l’impraticabilità del rimedio straordinario della revocazione di cui all’art. 28 d.lgs. n. 159 del 2011 in quanto non oggetto espresso di rinvio da parte dell’art. 104bis , comma 1quater , disp. att. cod. proc. pen.
E’ stato dato conto della complessità del quadro giurisprudenziale di legittimità in tema di rimedi esperibili avverso il provvedimento definitivo di confisca sia nel caso in cui lo stesso risulti emesso nel procedimento di cognizione, sia in quello in cui sia applicato all’esito di un incidente di esecuzione.
Con argomentazione qui condivisa, Ł stato, pertanto affermato che «quanto al terzo ed alla possibilità per lo stesso di fare valere le proprie ragioni, va rammentato che tale misura risulta disposta in sede esecutiva e cioŁ dopo la formazione del giudicato e che nel procedimento previsto dalle Sezioni Unite Derouach Ł essenziale per la sua legittimità
l’adozione dello stesso in contraddittorio e cioŁ proprio con la partecipazione dei soggetti interessati dalla confisca allargata in quanto titolari dei beni ritenuti riconducibili al condannato. Posto, quindi, che il procedimento avviene in sede esecutiva, dopo la formazione del giudicato, che si conclude con un’ordinanza del giudice dell’esecuzione, la sede per fare valere qualsiasi elemento originario o sopravvenuto alla condanna sarebbe proprio il contraddittorio cui fa riferimento la pronuncia delle Sezioni Unite e previsto dagli artt. 666 e segg. cod. proc. pen. Ammettere, invece, la possibilità di dedurre ulteriori elementi di prova, ancora dopo l’ordinanza emessa in sede esecutiva ed il contraddittorio instaurato e garantito, significherebbe stabilire che per le confische allargate in sede esecutiva gli interessati sono titolari di rimedi ulteriori e differenti rispetto a quanto previsto dall’ordinamento per le altre ipotesi di misure ablatorie. E difatti, mentre per le confische allargate disposte in sede di cognizione l’unico rimedio straordinario esperibile Ł, secondo il pacifico orientamento giurisprudenziale già citato, quello della revisione della condanna ex art. 630 cod.proc. pen., ove la confisca sia stata disposta in sede esecutiva, al rimedio della revisione si accoppierebbe anche un ulteriore, e non previsto normativamente, rimedio straordinario, costituito da una ipotesi di revoca parallela alla revocazione ex art. 28 D. Lgs 159/2011. 1.4 In ogni caso, allo stato attuale dell’interpretazione giurisprudenziale, può ritenersi che dall’analisi complessiva degli orientamenti risulta che:
ove la confisca allargata sia stata disposta in sede di cognizione il rimedio straordinario Ł costituito dalla revisione per sopravvenienza di prove nuove disciplinata dagli art. 630 e segg. cod. proc. pen.;
ove la confisca sia stata disposta in sede esecutiva in applicazione dei principi stabiliti da Sezioni Unite Derouach, il rimedio straordinario esperibile sia dal condannato per il reato c.d. spia che dal terzo Ł la revoca richiesta al giudice dell’esecuzione, in parallelo a quanto disciplinato per le misure di prevenzione dall’art. 28 D. Lgs 159/2011 in tema di revocazione.
Orbene, l’applicazione dei sopra esposti principi al caso di specie comporta affermare che risultando la confisca nei confronti della Borissova disposta in sede esecutiva, nel procedimento instaurato contro la stessa ed il coniuge COGNOME la stessa Ł soggetto legittimato a fare valere la prova sopravvenuta in sede di richiesta di revoca, e ciò in adesione all’orientamento già esposto».
Pertanto, la revoca del provvedimento di confisca adottato dal giudice dell’esecuzione Ł disciplinata, come per tutti gli altri provvedimenti emessi in quella sede, dal, così detto, giudicato debole ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., fermo restando che le questioni decise dal giudice della cognizione non possono essere messe, comunque, in discussione.
Il principio va, altresì, coordinato con quanto deciso, di recente, dalle Sezioni Unite di questa Corte che all’udienza del 27 marzo 2025, per quanto risulta dall’informazione provvisoria, hanno affermato che «in caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest’ultimo può rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità dei beni confiscati. A tale fine può dedurre ogni elemento utile in relazione al thema probandum».
Da ciò deriva che, nel caso di specie, il terzo Ł abilitato a far valere argomenti idonei a dimostrare la propria esclusiva titolarità del bene oggetto di confisca alla luce di elementi diversi da quelli già oggetto di valutazione da parte dello stesso giudice adito in occasione delle precedenti istanze di revoca.
Operata tale premessa, per delineare esattamente l’ambito entro il quale deve muoversi la valutazione del giudice investito della richiesta di revoca, in primo luogo, si
osserva che il provvedimento impugnato, non solo ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza, ma anche la sua infondatezza nel merito.
Dunque, coerentemente con quanto sostenuto anche dal Procuratore generale nella requisitoria scritta, la questione che ha formato oggetto della recente rimessione alle SSUU assume rilievo non decisivo atteso che non Ł stata esclusa, in radice, la proponibilità dell’istanza, ma anche la sua accoglibilità per inidoneità del documento prodotto a dimostrare redditi leciti maturati nel Paese di originee di realizzazione dell’immobile, sicchØ la «presunzione di riconducibilità al Crostella non Ł superabile» (pag. 11).
Si tratta, peraltro, di aspetto non contestato nel ricorso in decisione.
Da ciò discende una prima ragione di infondatezza della prospettazione dell’atto introduttivo del presente giudizio di legittimità, laddove viene annessa alla questione della possibilità di far valere le nuove allegazioni portata decisiva e formulata istanza di differimento della trattazione per attendere la decisione delle Sezioni Unite sulla questione della interpretazione della nozione di «prova nuova» ai fini della revoca della confisca di prevenzione ai sensi dell’art. 7, comma secondo, legge n. 1423 del 1956, come sopra illustrata.
La circostanza che la prova dedotta sia stata valutata elimina la rilevanza della questione devoluta alla decisione del massimo organo nomofilattico, quanto meno sotto il profilo della sua decisività ai fini del presente procedimento.
Peraltro, va detto che sul tema dell’epoca alla quale risale il matrimonio tra COGNOME e COGNOME, la cui rilevanza Ł evidente nella vicenda in esame, tenuto conto che la documentazione di nuova produzione avrebbe la funzione di dimostrare l’acquisizione al patrimonio della COGNOME dei beni immobili oggetto di confisca in Bulgaria in epoca precedente al predetto matrimonio, le stesse Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di precisare quanto segue: «Per contrastare il giudizio espresso nell’ordinanza impugnata, in ricorso si afferma che la relazione tra COGNOME e Borissova doveva essere fatta decorrere dal matrimonio contratto nel 1997, mentre la proprietà dell’area in seguito edificata era entrata nel patrimonio di Borissova nel 1994, il permesso di costruire era stato rilasciato in quell’anno e l’approvazione del progetto risaliva al 1996, sicchØ nel 2006 era avvenuta soltanto la regolarizzazione urbanistica della costruzione, realizzata in epoca antecedente al rapporto di coniugio. L’assunto difensivo ha già ricevuto adeguata e pertinente smentita nel provvedimento in esame, laddove si Ł rimarcato che, non soltanto non Ł dato conoscere il periodo di inizio della relazione sentimentale tra COGNOME e COGNOME, che certamente non può farsi decorrere dal momento delle nozze, ma anche che la pretesa automatica cointestazione ad entrambi i coniugi dei beni acquistati in costanza di matrimonio in Bulgaria, conseguenza della disciplina giuridica applicabile, Ł smentita documentalmente dal fatto che gli stessi sono risultati proprietari esclusivi di singoli cespiti: Crostella dell’appartamento di Sofia, ,INDIRIZZO; Borrisova del terreno di Bankya e dell’appartamento di Sofia, INDIRIZZO. Inoltre, nessun travisamento dei dati documentali Ł ravvisabile, avendo la Corte di merito considerato in modo fedele le relative emergenze» (Sez. U, n. 27421 del 2021, cit., pag. 17).
La Corte di appello di Firenze ha evidenziato come l’elemento proposto – l’atto di constatazione del 15 dicembre 1998- era già citato nel decreto penale del 1999 posto a base della precedente richiesta di revoca.
Da ciò deriva che, alla luce dei parametri di giudizio applicabili alla fattispecie, secondo i principi di diritto esposti al paragrafo 3, non si Ł in presenza di un «nuovo elemento» rispetto al precedente incidente di esecuzione rigettato.
Atanto deve aggiungersi che la situazione prospettata con la nuova produzione non risulta essere diversa da quella già esaminata e sottoposta alla cognizione del giudice della revoca nel procedimento concluso con la sentenza della seconda Sezione piø volte citata.
L’atto di constatazione Ł del 15 dicembre 1998 e a Crostella sono stati contestati (con conseguente condanna) anche reati spia commessi fino al 1998, mentre il matrimonio, pur nella già segnalata incertezza, non costituisce elemento decisivo.
Alla luce di quanto esposto, discendeil rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 18/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME