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Revoca confisca: inammissibile se la categoria regge

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per la revoca confisca di beni. La richiedente, soggetta a una misura di prevenzione per pericolosità generica, aveva basato l’istanza su una sentenza della Corte Costituzionale. Tuttavia, la Cassazione ha stabilito che la confisca era fondata su una categoria di pericolosità (vivere con proventi di attività illecite) non interessata dalla pronuncia di incostituzionalità, rendendo il ricorso infondato.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revoca Confisca: La Cassazione Sottolinea i Limiti della Sentenza Costituzionale n. 24/2019

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini applicativi della richiesta di revoca confisca a seguito della nota sentenza della Corte Costituzionale n. 24/2019. Quest’ultima aveva dichiarato l’illegittimità di una specifica categoria di pericolosità sociale. Il caso in esame dimostra come la misura di prevenzione patrimoniale resti valida se fondata su una diversa e autonoma categoria di pericolosità, non toccata dalla pronuncia della Consulta.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Revoca della Confisca

Una persona, destinataria di una misura di prevenzione patrimoniale con confisca dei beni, ha presentato ricorso per ottenerne la revoca retroattiva (ex tunc). La richiesta si fondava sull’assunto che la misura fosse stata applicata in base a una categoria di pericolosità generica, successivamente ritenuta incostituzionale dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 24 del 2019.

Il procedimento originario era antecedente al D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia), e quindi regolato dalla Legge n. 1423/1956. La Corte d’Appello di L’Aquila aveva già respinto la richiesta, confermando la decisione del Tribunale di Teramo. Contro tale decisione, l’interessata ha proposto ricorso in Cassazione.

Le Categorie di Pericolosità e l’Intervento della Consulta

È fondamentale distinguere le due principali categorie di pericolosità generica previste dalla vecchia legge n. 1423/1956, poi confluite nel Codice Antimafia:

1. Soggetti “abitualmente dediti a traffici delittuosi”: Questa è la categoria che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 24/2019, ha dichiarato illegittima per la sua eccessiva indeterminatezza, ritenendola in contrasto con i principi costituzionali.
2. Soggetti che “vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose”: La Consulta ha specificato che questa categoria, a differenza della prima, resiste alle censure di incostituzionalità, in quanto basata su elementi di fatto più concreti (la condotta e il tenore di vita).

L’istanza di revoca della ricorrente si basava proprio sull’intervento demolitorio della Consulta, ma, come vedremo, senza coglierne l’esatta portata.

La Decisione della Cassazione sulla Revoca Confisca

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato. I giudici hanno evidenziato un punto cruciale che la difesa non aveva adeguatamente considerato.

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione si articola su due pilastri. In primo luogo, il provvedimento di confisca originario, divenuto definitivo, era stato emesso non sulla base della categoria dei “soggetti dediti a traffici delittuosi”, ma su quella dei “soggetti che vivono con i proventi di attività delittuose”. Questa seconda categoria, come già sottolineato, è stata esplicitamente “salvata” dalla Corte Costituzionale e rimane un presupposto valido per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale.

In secondo luogo, il ricorso è stato giudicato generico perché non si è confrontato con questo aspetto decisivo. La difesa ha evitato di misurarsi con il fatto che la base giuridica della confisca “regge” ancora, anche dopo la sentenza del 2019. Di conseguenza, la richiesta di revoca confisca era priva del suo presupposto fondamentale: l’illegittimità sopravvenuta della norma applicata.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio importante: l’effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 24/2019 non è un’abolizione generalizzata delle misure di prevenzione per pericolosità generica. La sua portata è limitata alla sola categoria dei “dediti a traffici delittuosi”. Le confische basate sulla prova che un soggetto vive abitualmente con i proventi di reato restano pienamente legittime. Chi intende chiedere la revoca di una misura di prevenzione deve dimostrare che essa si fondava unicamente sulla categoria dichiarata incostituzionale. In caso contrario, come nel caso di specie, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile chiedere la revoca di una confisca di prevenzione dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 24/2019?
Sì, ma solo a condizione che la misura di confisca fosse stata applicata esclusivamente in base alla categoria di pericolosità dichiarata incostituzionale, ovvero quella dei soggetti “abitualmente dediti a traffici delittuosi”.

Perché il ricorso per la revoca confisca è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la confisca originaria non si basava sulla categoria di pericolosità annullata dalla Consulta, bensì su quella, tuttora valida, di soggetto che “vive abitualmente con i proventi di attività delittuose”. Il ricorso era quindi generico e manifestamente infondato.

Quale categoria di pericolosità ‘generica’ è ancora valida per applicare misure di prevenzione patrimoniale?
La categoria di pericolosità definita per “coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose” è rimasta costituzionalmente legittima e continua a essere un presupposto valido per l’applicazione della confisca di prevenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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