Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 24352 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 24352 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Locri il 04/06/1975
NOMECOGNOME nata a Locri il 22/01/1982
avverso il decreto del 12/11/2024 della Corte di appello di Milano;
letti gli atti del procedimento, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi; lette le conclusioni dei difensori dei ricorrenti, avv.ti NOME COGNOME ed NOME COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento dell’impugnazione.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME e sua moglie NOME COGNOME con unico atto dei loro comuni difensori e procuratori speciali, impugnano il provvedimento della Corte di appello di Milano che ha rigettato la richiesta da essi avanzata a norma dell’art.
28, d.lgs. n. 159 del 2011, volta ad ottenere la revocazione della confisca di prevenzione applicata nei loro confronti con decreto del Tribunale di Torino del 30 ottobre 2014, divenuto definitivo il 14 giugno 2017, all’esito dell’esperimento dei giudizi di impugnazione.
La richiesta invocava una rivalutazione del giudizio di pericolosità sociale allora formulato nei confronti del COGNOME e posto a base del provvedimento ablatorio, fondando tale richiesta su due elementi di novità: 1) la sentenza irrevocabile della Corte di appello di Torino del 17 novembre 2022, che aveva condannato COGNOME per riciclaggio, ma aveva escluso l’ipotizzata circostanza aggravante dell’art. 416bis.1, cod. pen.; 2) una consulenza tecnico-contabile di parte, che, sulla base di documenti fortuitamente rinvenuti dal Marando a febbraio del 2024, dimostrava la disponibilità, da parte sua, di capacità economiche lecite sufficienti a giustificare l’acquisto dei beni confiscatigli.
2. La Corte d’appello ha disatteso l’istanza, ritenendo che:
la sentenza del novembre 2022 non incide sui presupposti della confisca, in quanto ha escluso che COGNOME abbia commesso quei reati al fine di agevolare la cosca di “ndrangheta” di famiglia, ma ha confermato la sua responsabilità per il riciclaggio e la circostanza che egli non abbia mai preso le distanze da quel contesto illegale, come si evince, a mero titolo esemplificativo, da una conversazione intercettata tra suoi congiunti durante una comune detenzione in carcere, nella quale si dà conto del suo ruolo nella gestione del patrimonio familiare;
la nuova consulenza di parte non rientra in alcuna delle ipotesi di revocazione tassativamente previste dal citato art. 28, costituendo nient’altro che la rivalutazione tecnica di dati già emersi ed esaminati nel corso del procedimento di prevenzione; significativa – chiosano quei giudici – la circostanza che non si indichino quali siano i nuovi documenti oggetto di casuale rinvenimento.
I ricorrenti deducono a sostegno della loro impugnazione tre motivi.
3.1. Il primo consiste nei vizi della motivazione sul tema della rivalutazione della pericolosità del Marando.
La sentenza della Corte d’appello di Torino nel processo per riciclaggio avrebbe messo in luce profondi dissidi tra lui ed i suoi familiari e, secondo quanto da lui dichiarato in quella sede, la sua presa di distanza dalle attività illecite della sua famiglia. La conversazione citata nel provvedimento impugnato non sarebbe significativa, emergendo da essa, piuttosto, il rancore nutrito verso di lui dai familiari colloquianti; mentre la Corte distrettuale trascura un’altra conversazione tra suoi congiunti, in cui si discorre delle spaccature e dei dissidi economici
intervenuti all’interno della famiglia, senza che si compia alcun riferimento a lui. Inoltre, irrilevanti sono le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME acquisite in quel processo, in quanto giudicate inattendibili. Detta sentenza, dunque, sancirebbe l’assenza di coinvolgimento e di collegamento del COGNOME con la cosca mafiosa dei suoi familiari.
Inoltre – prosegue il ricorso – con la richiesta di revocazione erano state prospettate l’assenza di un collegamento eziologico e temporale degli acquisti dei beni confiscati con la manifestazione di pericolosità del Marando, la mancanza di elementi sintomatici del fatto che egli vivesse dei proventi di attività delittuose e l’erronea perinnetrazione cronologica della sua pericolosità: ma, su tutti questi aspetti, il provvedimento impugnato non si è espresso.
3.2. Il secondo motivo attiene a vizi della motivazione sui nuovi documenti posti a sostegno della consulenza tecnico-economica di parte.
I ricorrenti ricostruiscono le circostanze del rinvenimento e precisano di non averli potuti produrre nel corso del giudizio di prevenzione, trattandosi di atti non più recuperabili presso gli istituti di credito emittenti, in quanto eccessivamente risalenti nel tempo. Segue l’elenco degli stessi.
3.3. Da ultimo, si lamenta l’assenza di motivazione sulla posizione della Romeo, rispetto alla quale le considerazioni svolte relativamente al Marando acquistano ancora maggior peso.
Ella, infatti, è estranea ai reati commessi dal marito ed i beni a lei riconducibili sarebbero stati acquistati con l’impiego di provviste lecite ed in assoluta buona fede, come emergerebbe anche per lei dalla consulenza di parte.
Ha depositato requisitoria scritta la Procura generale in sede, chiedendo di dichiarare inammissibili i ricorsi.
Hanno depositato conclusioni scritte i difensori dei ricorrenti, insistendo per l’accoglimento dell’impugnazione.
I ricorsi non possono essere ammessi, a norma degli artt. 585 e 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., poiché proposti oltre il termine previsto dalla legge.
6.1. In tema di confisca di prevenzione, infatti, il ricorso per cassazione avverso la decisione di rigetto della richiesta di revocazione ex art. 28, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, da presentarsi nelle forme di cui all’art. 630 e ss., cod. proc. pen., dev’essere proposto nel termine di quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento, ai sensi dell’art. 585, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 23391 del 01/04/2022, COGNOME, Rv. 283128, che ha escluso il più breve termine
di dieci giorni previsto dall’art. 10, comma 3, d.lgs. n. 159, cit., non trovando applicazione la limitazione ivi stabilita in ordine ai motivi deducibili in cassazione).
6.2. Nello specifico, dalla lettura degli atti del procedimento, e come attestato, del resto, dalla cancelleria della Corte d’appello in calce al provvedimento
impugnato, quest’ultimo è stato depositato il 16 gennaio 2025 e notificato in pari data agli interessati ed ai loro difensori, mentre
i
ricorsi sono stati depositati il successivo 14 febbraio, dunque 29 giorni dopo.
7. L’inammissibilità dei ricorsi comporta obbligatoriamente – ai sensi dell’art.
616, cod. proc. pen. – la condanna dei proponenti al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi una loro assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta
somma, considerando la manifesta assenza di pregio degli argomenti addotti, va fissata in tremila euro per ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in avore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 giugno 2024.