Revoca Confisca: Perché un Ricorso Generico è Destinato al Fallimento
La richiesta di revoca confisca di un bene è un percorso legale complesso che richiede argomentazioni precise e complete. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 26807/2025) offre un chiaro esempio di come la genericità di un ricorso possa condurlo a una declaratoria di inammissibilità, anche quando si invocano importanti precedenti giurisprudenziali. Analizziamo il caso per comprendere le ragioni della decisione e le lezioni pratiche che se ne possono trarre.
I Fatti del Caso: La Richiesta di Revoca della Confisca
Tre persone proponevano ricorso avverso un decreto della Corte di Appello di L’Aquila che aveva respinto la loro istanza di revoca della confisca di un immobile. La misura di prevenzione patrimoniale era stata originariamente disposta dal Tribunale di Pescara sulla base di un giudizio di pericolosità sociale nei confronti di due dei ricorrenti. Tale pericolosità era stata ritenuta sussistente non solo ai sensi della lettera a) dell’art. 1 del d.lgs. 159/2011, ma anche della lettera b), che riguarda coloro che vivono abitualmente con i proventi di attività delittuose.
L’Appello e le Argomentazioni dei Ricorrenti
I ricorrenti, nel loro ricorso per cassazione, sostenevano che la Corte di Appello avrebbe dovuto revocare la confisca. A supporto della loro tesi, richiamavano una decisione della Corte Costituzionale (n. 24/2019) che aveva dichiarato l’illegittimità di una parte della normativa sulla pericolosità generica. Inoltre, citavano una precedente sentenza della Cassazione che, in un procedimento connesso, aveva portato a una revoca.
Tuttavia, le loro argomentazioni si concentravano esclusivamente sulla presunta illegittimità della misura basata sulla lettera a), trascurando completamente il fatto che la pericolosità sociale era stata affermata anche sulla base della lettera b).
La Decisione della Cassazione e la Revoca Confisca
La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, definendoli ‘manifestamente infondati’ e ‘del tutto genericamente proposti’. La decisione si fonda su un principio cardine del diritto processuale: un motivo di ricorso è generico quando non si confronta specificamente con tutte le ragioni che sorreggono la decisione impugnata.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha evidenziato due punti cruciali. In primo luogo, il provvedimento originario del Tribunale di Pescara aveva basato il giudizio di pericolosità su due distinti presupposti normativi (lett. a e lett. b dell’art. 1, d.lgs. 159/2011). I ricorrenti avevano contestato solo il primo, ignorando il secondo, che da solo era sufficiente a sostenere la misura.
In secondo luogo, e in maniera decisiva, la Corte di Appello aveva rilevato l’assenza totale di redditi leciti da parte dei soggetti per l’intero periodo monitorato, a fronte della necessità di giustificare la disponibilità di 50.000 euro per l’acquisto dell’immobile. Questa sproporzione non era stata in alcun modo contestata nel ricorso, rendendolo carente su un punto fondamentale per la revoca confisca.
Le Conclusioni: L’Importanza di un Ricorso Specifico
Questa sentenza ribadisce che per ottenere la revoca di una misura di prevenzione patrimoniale non è sufficiente appellarsi a principi generali o a precedenti giurisprudenziali, seppur pertinenti. È indispensabile che il ricorso affronti e smonti, punto per punto, tutte le argomentazioni logico-giuridiche poste a fondamento del provvedimento impugnato. La mancata contestazione di uno dei pilastri su cui si regge la decisione la rende inattaccabile, condannando l’impugnazione all’inammissibilità per genericità. La prova della lecita provenienza dei beni resta, pertanto, l’elemento centrale in ogni procedimento volto a contrastare una confisca di prevenzione.
È sufficiente contestare uno solo dei motivi di pericolosità sociale per ottenere la revoca di una confisca di prevenzione?
No, la sentenza chiarisce che se la misura di prevenzione si basa su più presupposti di pericolosità (in questo caso, sia la pericolosità generica di cui alla lett. a, sia quella legata ai proventi di attività illecite di cui alla lett. b), il ricorso deve contestarli tutti. Ometterne uno rende il ricorso generico e quindi inammissibile.
Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto irrilevante la precedente sentenza citata dai ricorrenti?
La Corte ha ritenuto la sentenza precedente irrilevante perché, oltre a non essere stata allegata agli atti del giudizio di appello, riguardava soggetti e un immobile diversi da quelli oggetto del procedimento in esame.
Quale importanza ha la prova della provenienza lecita dei fondi per l’acquisto di un bene in un procedimento di confisca?
È di fondamentale importanza. La Corte ha confermato che l’assenza di qualsiasi reddito da lavoro lecito per giustificare la disponibilità di una somma significativa (in questo caso 50.000 euro) per l’acquisto dell’immobile è un elemento chiave che, se non contestato, giustifica da solo il mantenimento della confisca.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26807 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26807 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Pescara il 03/01/1972
COGNOME NOMECOGNOME nata a Pescara il 17/10/1980
COGNOME NOMECOGNOME nata a Giulianova il 20/04/1985
avverso il decreto del 31/01/2025 della Corte di appello di L’Aquila visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; generale NOME COGNOME che
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore l’inammissibilità dei ricorsi. ha concluso chiedendo dichiararsi
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto in epigrafe la Corte di appello di L’Aquila, a seguito di annullamento senza rinvio del decreto emesso dal Tribunale di Pescara e trasmissione degli atti alla predetta Corte territoriale disposto da questa Corte di cassazione, ha rigettato l’istanza di revoca della confisca dell’immobile sito in
COGNOME alla INDIRIZZO avanzata nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Avverso la decisione hanno proposto ricorso per cassazione i predetti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME che i con unico atto del difensore e procuratore speciale, deducono erronea applicazione della legge penale e vizio cumulativo della motivazione. I ricorrenti, dopo aver esposto i principi espressi da tvh 9 Corte Cost. n. 24 del 2019, richiama una decisione assunta nei confronti di NOME COGNOME da parte della Corte di cassazione, quinta sezione, del 8 settembre 2022 1 n. 27435 del 2022 1 che avrebbe dovuto obbligare la Corte di appello alla revoca della confisca dell’immobile in questione, già revocata in relazione ad altri soggetti coinvolti nell’originario procedimento di prevenzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili in quanto manifestamente infondati, oltre che del tutto genericamente proposti.
La Corte di appello, sulla premessa che il provvedimento genetico emesso dal Tribunale di Pescara in data 29 gennaio 2014 ha ritenuto la pericolosità generica di NOME COGNOME e NOME COGNOME non solo ex art. l icomma l ilett. a) /ma anche ex lett. b) del d. legs. n. 159/2011, ha considerato l’assenza di qualsiasi contestazione a riguardo degli istanti e l’assenza di qualsivoglia reddito derivante da attività lavorativa per l’intero periodo monitorato, tale da giustificare disponibilità dei 50mila euro necessari per l’acquisto dell’immobile. La sentenza evocata dal ricorrente non solo non risulta essere stata allegata dinanzi alla Corte di appello – avanti alla quale è stata soltanto proposta la questione della intervenuta declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 1 ilett. a) id. Igs. cit. – ma riguarda non specificattimmobile e soggetti.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei
3.
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 04/07/2025.