Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7009 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 7009 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA
avverso il decreto emesso dalla Corte di appello di Roma il 09/05/2023;
visti gli atti ed esaminato il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO generale, AVV_NOTAIO, che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma ha confermato l’ordinanza dello stesso Tribunale con cui è stata dichiarata inammissibile la richiesta di revoca della confisca di prevenzione dell’immobile sito nel Comune di Artena intestato a NOME COGNOME.
Ha proposto ricorso per cassazione COGNOME‘COGNOME articolando due motivi, che possono essere descritti congiuntamente, con cui si deduce violazione di legge.
La Corte non avrebbe considerato che la trascrizione del provvedimento di confisca sarebbe stata eseguita dopo oltre dieci anni dalla emissione del provvedimento ablatorio e ciò, a dire del ricorrente, avrebbe determinato la sua
decadenza in ragione dell’art. 28 d. I.gs 6 settembre 2011, n. 159, che, diversamente da quanto ritenuto nel decreto impugnato, dovrebbe ritenersi applicabile alla fattispecie in esame.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Dal provvedimento impugnato emerge in punto di fatto che la trascrizione del provvedimento di confisca – emesso 1’1/02/2011 e divenuto definitivo il 12/12/2012- è stata eseguita il 19.5.2021 e che il procedimento di prevenzione in esame è iniziato prima del 13.10.2011.
Quanto al secondo profilo indicato, ai fini della richiesta di revoca della decision definitiva della confisca di prevenzione, deve essere fatto riferimento alla disciplin transitoria di cui all’art. 117 del D.Igs. 6 settembre 2011 n. 159, che esclud l’applicabilità delle nuove disposizioni in tema di misure di prevenzione personali e te Il patrimoniali – tra cui l’art. 28 del medesimo corpus – ai procedimenti nei quali, come quello in esame, alla data di entrata in vigore del decreto, sia già stata formulat proposta di applicazione della misura di prevenzione, con ultrattività, quindi, – in casi – della previgente disciplina. a
Dunque, nel caso di specie, la disciplina a cui si deve avere eiglgtf è quella precedente alla entrata in vigore del d. I.gs. N. 159 del 2011: obiettivamente non è chiaro perché, secondo il ricorrente, la norma transitoria espressa non dovrebbe invece trovare applicazione nel caso di specie.
Quanto al merito del ricorso, assume rilievo la sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione n. 57 del 19/12/2006 (dep. 2007), Auddino, Rv 234955, con la quale si è rifedefinito l’ambito applicativo dell’istituto della revoca delle misu prevenzione di cui all’art. 7 comma secondo, L. 27 dicembre 1956 n. 1423, in origine prevista solo per quelle personali e resa, per via interpretativa, applicabile, in funzi di revisione, anche a quelle patrimoniali, onde riparare la lesione al diritto di proprie quale bene costituzionalmente protetto.
Con la sentenza in questione la Corte di cassazione ha chiarito che la ragione giustificativa della revoca “ex tunc” della misura di prevenzione patrimoniale è quella di porre rimedio ad un possibile errore giudiziario in ragione di una invalidità genetic del provvedimento.
Le Sezioni unite hanno ritenuto utilizzabile l’art. 7, comma secondo, della legge indicata anche in relazione alla misura prevista dall’art. 2 ter, terzo comma, della legg 31 maggio 1965, n. 575, identificandosi nella revoca in esame un generale mezzo
predisposto dal legislatore per adempiere all’obbligo riparatorio prefigurato dall’ulti comma dell’art. 24 della Costituzione.
La richiesta di rimozione del provvedimento definitivo in tema di misure di prevenzione, hanno osservato le Sezioni unite, deve avere un ambito applicativo conforme al solco dei limiti di rivedibilità del giudicato di cui agli artt. 630 e ss proc. pen., con postulazione, dunque, di prove nuove sopravvenute alla conclusione del procedimento, escludendo dal relativo novero “gli elementi già considerati nel procedimento di prevenzione o in esso deducibili” e giudicando esplicitamente prove nuove anche “quelle non valutate nemmeno implicitamente”, secondo un approdo ormai raggiunto, in tema di elaborazione delle condizioni per la revisione in generale, da Sez. U., 26 settembre 2001, Pisano).
Gli elementi dedotti devono cioè essere diretti, nella utilizzazione dell’art. 7 dimostrare l’insussistenza di uno o più dei pre.supposti del provvedimento reale e, pertanto, in primo luogo la pericolosità del proposto, ma anche, unitamente o separatamente, la disponibilità diretta o indiretta del bene in capo a questi.
Dunque, una prova sopravvenuta ovvero una prova preesistente e non deducibile nel senso che la parte non aveva potuto a suo tempo portarla alla cognizione del giudice per causa di forza maggiore o per fatto del terzo o perché materialmente “scoperta” successivamente – « indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento proc:essuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparaz dell’errore giudiziario»”, ovvero, ancora, una prova dedotta ma nemmeno implicitamente valutata.
Sotto altro profilo, ai fini della revoca della misura di prevenzione, la prova, oltre essere “nuova” deve possedere il necessario requisito della “dimostratività” ai fin dell’accertamento dell’errore di giudizio da rescindere.
Il “novum” posto a base di tale giudizio deve dunque presentarsi, nel quadro di un ponderato scrutinio che tenga conto anche delle prove a suo tempo acquisite, come un fattore che determini una decisiva incrinatura del corredo fattuale sulla cui base si pervenuti al giudicato oggetto di revisione, dal momento che, ove così non fosse, qualsiasi elemento in ipotesi favorevole potrebbe essere evocato a fondamento di un istituto che, da rimedio straordinario, si trasformerebbe ineluttabilmente in una no consentita impugnazione tardiva. s.; t
In tema di revisione, VEfi – e – la valuta i — r – le – ~nare circa l’ammissibilità della richiesta, proposta sulla base dell’asserita esistenza di una prova nuova, deve avere ad oggetto, oltre che l’affidabilità, anche la persuasività e la congruenza della stessa n contesto già acquisito in sede di cognizione e deve articolarsi in 1:ermini realistici su comparazione, tra la prova nuova e quelle esaminate, ancorata alla realtà processuale svolta. (Sez. 1, n. 34928 del 27/06/2012, Conti Mica, Rv. 253437).
Tale affermazione assume valenza ulteriore ove si considerino le peculiarità che caratterizzano il procedimento di prevenzione rispetto al processo penale “ordinario”, proprio sul versante dei profili “dimostrativi” e delle particolari regole di giudizio de in tema di apprezzamento del materiale probatorio, che, evidentemente, influiscono (accrescendolo) sul quantum necessario per asseverare l'”errore” del giudizio di prevenzione da revocare.
Si tratta di principi in parte rivisti in relazione alla definizione di prova nuova ril ai fini dell’istituto della revocazione della misura ablatoria ai sensi dell’art. 28 del 6 settembre 2001, n. 159, individuata sia in quella sopravvenuta alla conclusione del r procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, slaW -.Jdla preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, mentre non lo è quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore (Sez. U, n. 43668 del 26/05/2022, COGNOME, Rv. 283707).
Nel caso di specie, sia che si voglia fare correttamente riferimento al sistema previgente alla entrata in vigore dell’istituto della revocazione della confisca ai se dell’art. 28 d. Igs n. 159 del 2011, sia che invece si voglia ragionare con il ricorrente, e ritenere applicabile l’art. 28 cit., nondimeno i motivi di ricorso sono inammissibili.
Non è infatti chiaro perché la non immediata trascrizione del provvedimento di confisca costituirebbe una prova “nuova” in grado di incidere sui presupposti legittimanti il provvedimento ablatorio.
La trascrizione della confisca attiene alle modalità con cui all’ablazione è dat esecuzione e opponibilità, ma non attiene alla legittimità dell’ablazione.
La trascrizione, cioè, non attiene alla struttura della ablazione.
Né, sotto altro profilo, è chiaro sulla base di quale norma l’art. 28 cit., richiamato ricorrente, prevederebbe la sopravvenuta decadenza o inefficacia della confisca in mancanza di un provvedimento di trascrizione entro dieci anni
Su tali decisivi rilievi il ricorso è del tutto silente.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 1’8 novembre 2023.