Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21941 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21941 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a Siderno il DATA_NASCITA
avverso il decreto emesso dalla Corte di appello di Reggio Calabria il 17/06/2022;
visti gli atti ed esaminato il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, AVV_NOTAIO.AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato il decreto del Tribunale con cui è stata rigettata la richiesta di revoca della confisca di prevenzione disposta nei riguardi di un fabbricato appartenente al proposto COGNOME NOME, ma formalmente intestato ai di lui suoceri, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge.
Premesso che la disciplina di riferimento al fine di valutare la richiesta di revoca dell confisca sarebbe nella specie quella prevista dall’art. 7 della I. 27 dicembre 1956, n.
1423, si assume che il decreto impugnato sarebbe viziato quanto alla nozione di prova nuova.
La Corte di appello avrebbe fatto erroneamente riferimento al principio affermato dalle Sezioni unite con la sentenza n. 43668 del 2022 in relazione all’istituto revocatorio di cui all’art. 28 d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, secondo cui prova nuova sarebbe solo quella sopravvenuta ovvero preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo, mentre non lo sarebbe quella non deAVV_NOTAIOa ma deducibile.
L’art. 28, si argomenta, avrebbe imposto limiti alla revoca in precedenza non previsti e non esigibili; la giurisprudenza, in relazione all’art. 7 della legge 1423 del 1956, ci sarebbe stata invece consolidata – facendo riferimento alla revisione – nel ritenere che prova nuova sia anche quella preesistente e non valutata, “anche in disparte la colpa circa la mancata deduzione” (così il ricorso, che richiama la sentenza “Pisano” delle Sezioni unite, in tema di revisione).
Sotto altro profilo, sarebbe errato, secondo il ricorrente, l’assunto secondo cui la prova deAVV_NOTAIOa non solo non sarebbe nuova, ma nemmeno decisiva; la Corte, sul punto, avrebbe omesso di motivare, limitandosi a richiamare il decreto del Tribunale.
Sotto ulteriore profilo, il decreto sarebbe viziato quanto alla ritenuta pericolosi sociale del proposto al momento della costruzione dell’immobile confiscato.
Il dies a quo della pericolosità sarebbe stato individuato dal Tribunale nel 1992, mentre invece l’immobile sarebbe stato edificato nel 1982 ed ultimato nel 1985, quando NOME non era pericoloso, aveva un’attività lavorativa, così come i suoi famigliari.
Nel caso di specie, la prova nuova sarebbe costituita da alcune missive e, soprattutto, da aerofotogrammi del 1983, relativi alla edificazione – già nel 1982 – dell’immobile; il tema sarebbe quello della incidenza di detta prova rispetto al requisito della ragionevolezza temporale della pericolosità sociale rispetto al momento dell’acquisto del bene.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per più ragioni.
2. È utile premettere che, nel caso di specie, non è in contestazione che, ai fini della richiesta di revoca della decisione definitiva della confisca di prevenzione, debba farsi riferimento alla disciplina transitoria di cui all’art. 117 del D.Igs. 6 settembre 2011 159, che esclude l’applicabilità delle nuove disposizioni in tema di misure di prevenzione personali e patrimoniali – tra cui l’art. 28 del medesimo corpus – ai procedimenti nei quali, come quello in esame, alla data di entrata in vigore del decreto, sia già stata formulata proposta di applicazione della misura di prevenzione, con ultrattività, quindi, – in tali casi – della previgente disciplina.
Dunque, nel caso di specie, la disciplina è quella precedente alla entrata in vigore del d. I.gs. n. 159 del 2011.
3. Ciò detto, assume rilievo la sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione n. 57 del 19/12/2006 (dep. 2007), Auddino, Rv 234955, con la quale si è rifedefinito l’ambito applicativo dell’istituto della revoca delle misure di prevenzione di cui all’art. comma secondo, L. 27 dicembre 1956 n. 1423, in origine prevista solo per quelle personali e resa, per via interpretativa, applicabile, in funzione di revisione, anche a 2 quelle patrimoniali, onde riparare la lesione al diritto di proprietà, quale ben costituzionalmente protetto.
Con la sentenza in questione la Corte di cassazione ha chiarito che la ragione giustificativa della revoca “ex tunc” della misura di prevenzione patrimoniale è quella di porre rimedio ad un possibile errore giudiziario in ragione di una invalidità genetica del provvedimento.
Le Sezioni unite hanno ritenuto utilizzabile l’art. 7, comma secondo, della legge indicata anche in relazione alla misura prevista dall’art. 2 ter, terzo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, identificandosi nella revoca in esame un generale mezzo predisposto dal legislatore per adempiere all’obbligo riparatorio prefigurato dall’ultimo comma dell’art. 24 della Costituzione.
La richiesta di rimozione del provvedimento definitivo in tema di misure di prevenzione, hanno osservato le Sezioni unite, deve avere un ambito applicativo conforme al solco dei limiti di rivedibilità del giudicato di cui agli artt. 630 e ss. proc. pen., con postulazione, dunque, di prove nuove sopravvenute alla conclusione del procedimento, escludendo dal relativo novero “gli elementi già considerati nel procedimento di prevenzione o in esso deducibili” e giudicando esplicitamente prove nuove anche “quelle non valutate nemmeno implicitamente”, secondo un approdo ormai raggiunto, in tema di elaborazione delle condizioni per la revisione in generale, da Sez. U., 26 settembre 2001, Pisano).
Gli elementi deAVV_NOTAIOi devono cioè essere diretti, nella utilizzazione dell’art. 7, dimostrare l’insussistenza di uno o più dei presupposti del provvedimento reale e, pertanto, in primo luogo la pericolosità del proposto, ma anche, unitamente o separatamente, la disponibilità diretta o indiretta del bene in capo a questi.
Dunque, una prova sopravvenuta ovvero una prova preesistente e non deducibile nel senso che la parte non aveva potuto a suo tempo portarla alla cognizione del giudice per causa di forza maggiore o per fatto del terzo o perché materialmente “scoperta” successivamente – « indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante, tale profilo, solo ai fini del diritto
riparazione dell’errore giudiziario»”, ovvero, ancora, una prova deAVV_NOTAIOa ma nemmeno implicitamente valutata.
Sotto altro profilo, ai fini della revoca della misura di prevenzione, la prova, oltre essere “nuova” deve possedere il necessario requisito della “dimostratività” ai fini dell’accertamento dell’errore di giudizio da rescindere.
Il “novum” posto a base di tale giudizio deve, cioè, presentarsi, nel quadro di un ponderato scrutinio che tenga conto anche delle prove a suo tempo acquisite, come un fattore che determini una decisiva incrinatura del corredo fattuale sulla cui base si è pervenuti al giudicato oggetto di revisione, dal momento che, ove così non fosse, qualsiasi elemento in ipotesi favorevole potrebbe essere evocato a fondamento di un istituto che, da rimedio straordinario, si trasformerebbe ineluttabilmente in una non consentita impugnazione tardiva,
In tema di revisione, la valutazione sull’ammissibilità della richiesta, proposta sull base dell’asserita esistenza di una prova nuova, deve avere ad oggetto, oltre che l’affidabilità, anche la persuasività e la congruenza della stessa nel contesto già acquisito in sede di cognizione e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione, tra l prova nuova e quelle esaminate, ancorata alla realtà processuale svolta. (Sez. 1, n. 34928 del 27/06/2012, Conti Mica, Rv. 253437).
Tale affermazione assume valenza ulteriore ove si considerino le peculiarità che caratterizzano il procedimento di prevenzione rispetto al processo penale “ordinario”, proprio sul versante dei profili “dimostrativi” e delle particolari regole di giudizio det in tema di apprezzamento del materiale probatorio, che, evidentemente, influiscono (accrescendolo) sul quantum necessario per asseverare l’errore” del giudizio di prevenzione da revocare.
Si tratta di principi in parte rivisti in relazione alla definizione di prova nuova rile ai fini dell’istituto della revocazione della misura ablatoria ai sensi dell’art. 28 del d 6 settembre 2001, n. 159, individuata sia in quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, sia quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva- mentre non lo è quella deducibile e non deAVV_NOTAIOa nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore (Sez. U, n. 43668 del 26/05/2022, COGNOME, Rv. 283707).
Nel caso di specie, sia che si voglia fare correttamente riferimento al sistema previgente alla entrata in vigore dell’istituto della revocazione della confisca ai sens dell’art. 28 d. Igs n. 159 del 2011, sia che, invece, si voglia ritenere applicabile l’art cit., nondimeno il motivo di ricorso è inammissibile.
Sotto un primo profilo, la richiesta di revoca è sostanzialmente basata su aerofotogrammi del 1983, cioè su foto preesistenti da anni: non si tratta, dunque, né
di una prova sopravvenuta, né di una prova preesistente e non deducibile – nel senso che la parte non aveva potuto a suo tempo portarla alla cognizione del giudice per causa di forza maggiore- e neppure è stata fornita la prova che si tratti di una prova “scoperta”, ancorchè per negligenza, solo in seguito.
Sotto altro profilo, i Giudici di merito hanno spiegato in modo puntuale come, pur volendo fare riferimento a quelle foto, nondimeno la supposta prova “nuova” non sarebbe decisiva, per essere stata la parte prevalente dell’immobile realizzata successivamente agli anni 1983- 1985; in tal senso sono state valorizzate le risultanze di una perizia (perizia COGNOME) nemmeno contestate dalla difesa (cfr., pag. 2 decreto impugnato.
Sul punto il ricorso è del tutto silente.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2024.