Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21168 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21168 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a ARIENZO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CASAL DI PRINCIPE il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 07/02/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del complessivo atto di impugnazione;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe, reso il 7 febbraio 2023 e depositato in data 8 maggio 2023, la Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibili le istanze presentate da NOME COGNOME e NOME COGNOME di revocazione del decreto di confisca emesso nei loro confronti dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 23 settembre 2020, parzialmente riformato dal decreto della Corte di appello di Napoli del 16 dicembre 2021, irrevocabile il 5 settembre 2022.
La Corte di appello – premesso che con il suindicato decreto il Tribunale aveva applicato nei confronti di COGNOME e COGNOME la misura di prevenzione patrimoniale della confisca, con provvedimento che poi la Corte di appello aveva parzialmente riformato quanto alla individuazione dei beni ablati, e che i destinatari di tale misura avevano impugnato il decreto emesso in sede di appello innanzi alla Corte di cassazione, la quale (con sentenza n. 32616 del 2022 del 01/07/2022, depositata il 22/09/2022) aveva disatteso l’impugnazione – ha ritenuto che sia il ricorso per revocazione di NOME, sia quello di NOME COGNOME non superassero il vaglio di ammissibilità, in quanto i motivi dedotti non erano sussumibili in alcuna delle ipotesi di legge e afferivano a questioni già definite nel procedimento che aveva determinato la confisca.
Avverso questo provvedimento NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto unitario atto di impugnazione chiedendone l’annullamento e prospettando un unico motivo di impugnazione con cui si denuncia la violazione del disposto dell’art. 28 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.
2.1. In ordine alla posizione di COGNOME, si fa notare che, dopo l’emissione della sentenza di legittimità che aveva rigettato le loro impugnazione avverso il decreto ablativo, per quanto confermato dalla Corte di appello di Napoli, era stata depositata la motivazione della sentenza delle Sezioni Unite n. 26252 del 2022, che aveva chiarito l’applicabilità anche alla confisca per equivalente e al relativo sequestro dei limiti di pignorabilità fissati dall’art. 545 cod. proc. civ.
Tale dato – sostiene la difesa – non è stato considerato quanto alla posizione di COGNOMECOGNOME nonostante che fra i fatti sopravvenuti, legittimanti la richiesta d revocazione, dovessero essere comprese anche le sentenze penali e i principi di diritto in esse affermati, come era stato chiarito dall’elaborazione di legittimit avallata dalle medesime Sezioni Unite: ebbene, il deposito della motivazione delle Sezioni Unite, che avevano affermato l’applicabilità alla confisca dell’art. 545 cod. proc. civ., era avvenuto il 7 luglio 2022, mentre la sentenza di legittimità che aveva definito il procedimento di prevenzione era stata emessa in data antecedente, il 1° luglio 2022; e la sentenza che aveva affermato
l’applicabilità dell’art. 545 cit. alla confisca aveva ribaltato l’orientamento su cu giudici di legittimità si erano attestati per dichiarare l’inammissibilità dei rico avverso il provvedimento di prevenzione.
Pertanto, il novum implicato dal principio di diritto affermato dall’arresto regolatore non ancora emerso nel corso del procedimento di prevenzione avrebbe dovuto formare oggetto di concreta valutazione da parte della Corte di appello in sede di revocazione: fatto non avvenuto per l’erronea decisione di inammissibilità; se avesse riesaminato il punto alla stregua dell’innovativo principio di diritto sopravvenuto, la Corte di merito avrebbe dovuto prendere atto che fin dal sequestro del vitalizio a lui devoluto per la sua carica di consigliere regionale si era determinata una situazione di illegittimità genetica con conseguente assenza dei presupposti applicativi della misura.
Sul tema la difesa ha ritenuto rilevante puntualizzare che, nel giudizio penale, COGNOME era stato assolto dal reato di cui agli artt. 12 -quinquies e 12 sexies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, mentre in sede di prevenzione gli era stata applicata la confisca per la ritenuta sua pericolosità sociale: quindi, allo statuto della confisca d prevenzione, non a quello scaturente dalla condanna per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., la Corte di appello avrebbe dovuto fare riferimento.
2.2. Quanto alla posizione di COGNOME, circa la confisca della villa ubicata in Arienzo, si prospetta come del tutto infondato l’assunto della Corte di appello nel senso dell’estraneità della questione proposta al perimetro stabilito dalla legge per la revocazione, atteso che l’illegittimità della confisca derivava, non dal fatto che fossero illeciti i redditi utilizzati per l’acquisto dell’immobile, ma d realizzazione della ristrutturazione dell’immobile, il cui onere, in relazione all scarsa capacità reddituale della proprietaria, era stato imputato alla sfera di COGNOME, per le indennità da lui percepite fra il 2005 e il 2010 in virtù della caric di consigliere regionale: e, siccome la corrispondente somma di euro 815.000,00 non era stata rinvenuta, essendo stata utilizzata per ristrutturare il suddetto immobile, i giudici della revocazione avrebbero dovuto concludere che la confisca dell’immobile null’altro aveva determinato che la confisca per equivalente degli emolumenti percepiti da COGNOME per l’espletamento del mandato politico, confisca da ritenersi vietata.
Il Procuratore generale ha concluso per la declaratoria di inammissibilità della complessiva impugnazione, giacché, in primo luogo, la posizione di NOME era estranea alla vicenda del vitalizio percepito da NOME, e, quanto alla posizione di quest’ultimo, il dedotto mutamento di giurisprudenza non avrebbe potuto integrare il fatto nuovo idoneo per la chiesta revocazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi si rivelano infondati e vanno, pertanto, rigettati.
È opportuno premettere che nel provvedimento impugnato è stato osservato che il ricorso per revocazione, unitariamente presentato il 13 gennaio 2023, ossia pochi mesi dopo il conseguimento dell’irrevocabilità da parte del decreto di confisca, non aveva specificato a quale ipotesi fra quelle previste dalla legge gli istanti avessero inteso riferirsi per richiedere, COGNOME, la restituzione del villa meglio indicata in atti e, COGNOME, gli emolumenti, compreso il vitalizio percepiti in veste di ex consigliere della Regione Campania, per la violazione degli artt. 24 e 25 d.lgs. n. 159 del 2011, e 36 della legge 17 ottobre 2017, n. 161.
Posto ciò, secondo la Corte di appello, le richieste erano inammissibili anzitutto perché i motivi dedotti non erano sussumibili in alcuna delle ipotesi di legge.
2.1. Quanto alle deduzioni di COGNOME, i giudici della revocazione hanno aggiunto che, in ogni caso, egli non contestava l’accertamento che aveva ritenuto mafioso lo svolgimento del suo mandato di consigliere regionale ma deduceva la non confiscabilità della somma eccedente il quinto del vitalizio percepito: tuttavia, la questione era stata già dedotta nel procedimento conclusosi con la confisca, anche in sede di legittimità, e i giudici del procedimento già definito avevano concluso per la confiscabilità dell’intero importo, evidenziando che si trattava di emolumenti già percepiti dal prevenuto e, quindi, ormai confusi con il restante patrimonio, accresciutosi grazie al sodalizio mafioso.
Pertanto, l’oggetto della prospettazione si era risolto nella riproposizione di una questione già esaminata e risolta, senza la deduzione di elementi nuovi o comunque non considerati in precedenza.
2.2. Per ciò che riguardava la posizione di NOME COGNOME, l’unico motivo dedotto, inerente alla legittimità delle risorse dalla medesima utilizzate per acquistare la villa, esulava completamente dal perimetro dei presupposti necessari per la revocazione ai sensi dell’art. 28 d.lgs. cit., presupposti già trattati in modo approfondito nel procedimento genetico.
Anche in tale ambito, secondo la Corte di appello, il complesso delle richiamate deduzioni, oltre alla sua infondatezza e genericità, non era pertinente all’impugnazione straordinaria proposta, non afferendo né alla scoperta di prove nuove, né alla presenza di giudicati contrastanti, né alla falsità degli elementi in
base ai quali era stata disposta la confisca.
La critica svolta da COGNOME non riesce a superare i rilievi opposti dalla Corte della revocazione nel decreto impugnato.
3.1. Il tema introdotto come fatto nuovo legittimante la revocazione è stato, invero, trattato dalla Corte di appello, nel provvedimento impugnato, richiamando l’articolata ratio decidendi con cui i giudici della prevenzione avevano ritenuto, invece, confiscabile l’intero importo del vitalizio già ricevuto dal prevenuto.
In particolare, la sentenza della Corte di cassazione n. 32616 del 01/07/2022, nel dichiarare inammissibili i ricorsi, aveva anche preso in considerazione il tema dell’impignorabilità del vitalizio dedotto dalla difesa (alle pagine 12 e 13): in primo luogo, si era dato atto dei contrapposti orientamenti sulla suscettibilità di confisca – piena oppure limitata alle somme non eccedenti i limiti fissati dagli artt. 545 e 546 cod. proc. civ. – dei compensi e delle indennit oggetto di erogazione da parte della Regione Campania al medesimo, quale consigliere, e, in secondo luogo, si era ritenuto che la scelta fra i due orientamenti non fosse decisiva, in quanto essa rilevava soltanto quando le somme non erano state ancora versate all’avente diritto, laddove, nel caso di specie, le somme oggetto di controversia erano state già versate all’avente diritto e si erano confuse con il suo patrimonio mobiliare.
Tale connotazione del fatto era stata considerata nel suddetto esito decisorio preclusiva di ogni possibilità di restituzione in dipendenza della confusione delle somme percepite nel patrimonio del percettore.
3.2. Posto ciò, è vero che anche questa seconda distinzione è stata destrutturata dall’esito regolatore susseguente costituito dalla pronuncia di Sez. U, n. 26252 n. del 24/02/2022 (dep. 07/07/2022), COGNOME, Rv. 283245 – 01 (che ha affermato il principio secondo cui i limiti di impignorabilità delle somme spettanti a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a titolo di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengano luogo di pensione o di assegno di quiescenza, previsti dall’art. 545 cod. proc. civ., si applicano anche alla confisca per equivalente e al sequestro ad essa finalizzato), come la sua motivazione rende chiaro.
Deve, quindi, ora ritenersi – se si condivide, come qui si condivide, il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite – che, con riferimento alla confisca per equivalente e al correlativo sequestro preventivo, anche le somme già percepite, in relazione alla lettura del complessivo art. 545 cod. proc. civ., sono assoggettate allo stesso limite di pignorabilità e, quindi, di sequestrabilità.
Questa precisazione, però, non consente di avallare la tesi secondo cui il novum costituito dall’arresto delle Sezioni Unite – pur a voler dare per assodata l’estensione del relativo principio al sequestro e alla confisca di prevenzione possa integrare una causa di revocazione ex art. 28 d.lgs. n. 159 del 2011.
3.3. Su tale versante, non pare giuridicamente praticabile l’adesione alla tesi propugnata dal ricorrente che, nella sostanza, propone di applicare al giudicato di prevenzione la medesima, in certa misura cedevole, connotazione propria della preclusione processuale operante in sede esecutiva (il riferimento è al principio fissato da Sez. U, n. 18288 del 21/01/2010, COGNOME, Rv. 246651 – 01, in virtù del quale il mutamento di giurisprudenza, intervenuto con decisione delle Sezioni unite della Corte di cassazione, integrando un nuovo elemento di diritto, rende ammissibile la riproposizione, in sede esecutiva, della richiesta di applicazione dell’indulto in precedenza rigettata).
Rileva, piuttosto, la ricognizione delle ragioni della decisione delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 43668 del 26/05/2022, COGNOME, Rv. 283707 – 01) nell’analisi compiuta per pervenire a puntualizzare il concetto di prova nuova nell’attuale procedimento di prevenzione (affermando il principio secondo cui, in tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revocazione della misura ai sensi dell’art. 28 d.lgs. cit., è sia quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, sia quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, mentre non lo è quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore): essa, secondo il Collegio, impone di accedere a un’interpretazione sorvegliata del concetto di novum rilevante ai presenti fini.
Si muove dall’ineludibile dato normativo, costituito dall’art. 28 d.lgs. n. 159 del 2011, secondo cui la revocazione della decisione definitiva sulla confisca di prevenzione può essere richiesta, nelle forme previste dagli artt. 630 e ss. cod. proc. pen., in quanto compatibili: a) in caso di scoperta di prove nuove decisive, sopravvenute alla conclusione del procedimento; b) quando i fatti accertati con sentenze penali definitive, sopravvenute o conosciute in epoca successiva alla conclusione del procedimento di prevenzione, escludano in modo assoluto l’esistenza dei presupposti di applicazione della confisca; c) quando la decisione sulla confisca sia stata motivata, unicamente o in modo determinante, sulla base di atti riconosciuti falsi, di falsità nel giudizio ovvero di un fatto previsto legge come reato; ciò, con la rilevante specificazione di chiusura per la quale, in ogni caso, la revocazione può essere richiesta solo al fine di dimostrare il difetto originario dei presupposti per l’applicazione della misura.
A parte i pure rilevati elementi di assonanza della disposizione con l’istituto della revocazione che opera nella procedura civile (agli artt. 395 e ss. cod. proc. civ.), si è approfondita la riconducibilità, avallata dal collegamento testuale operato dalla norma, della revocazione al modello storico della revisione della condanna penale, nella comune prospettiva entro cui gli istituti si collocano, costituendo altrettanti mezzi di impugnazione idonei a rimuovere provvedimenti la cui adozione si rivela il risultato di un errore giudiziario.
Ma, anche nella verifica della sfera di sovrapponibilità delle connotazioni dei due istituti, si sono evidenziate – con il conseguente limite di compatibilità – l divergenze obiettive fra gli stessi, emergenti, non soltanto dal raffronto fra gli elementi testuali del quadro normativo, ma anche dalla complessiva disamina dei presupposti sostanziali delle materie regolate, dei criteri di giudizio e della natura degli interessi rispettivamente tutelati.
Rimandando alla condivisa analisi compiuta nel citato arresto regolatore (a sua volta coordinato con i principi già enunciati da Sez. U, n. 3513 del 16/12/2021, dep. 2022, Fiorentino, Rv. 282474 – 01), si prende atto che il relativo esito si è attestato sulla conclusione più restrittiva – rispetto all’amb ammesso per la revisione – dell’individuazione delle prove nuove legittimanti il positivo esperimento dell’azione per revocazione della confisca di prevenzione di cui all’art. 28 cit., non essendosi considerata automaticamente trasponibile nell’area della prevenzione patrimoniale il concetto di prova nuova affermato per l’istituto della revisione ex art. 630 cod. proc. pen., rilevando in senso contrario i dato testuale della norma (con precipuo riferimento al momento della “scoperta” delle prove nuove e al connotato che le qualifica come “sopravvenute alla conclusione del procedimento”) ed essendosi valorizzata la funzione dell’istituto introdotto dall’art. 28 cit., volta a svincolare il relativo ambito dalla sfera di operatività della revoca dei provvedimenti applicativi delle misure di prevenzione personali, intrinsecamente qualificata da maggiore instabilità del giudicato e, quindi, ad assicurare al provvedimento reale ablatorio un connotato di maggiore definitività, irreversibilità e stabilità, anche in relazione alla diversità della re di giudizio, per le peculiari connotazioni dello statuto probatorio del procedimento di prevenzione, che presenta rilevanti chiari tratti di autonomia rispetto al giudizio penale.
3.4. Posta questa base valutativa del giudicato esitato dalla confisca di prevenzione, non può non considerarsi che, anche nel regime previgente, si era raggiunta la conclusione che, in tema di confisca di prevenzione, il diverso indirizzo giurisprudenziale consolidatosi successivamente al provvedimento definitivo, anche se sancito dalle Sezioni Unite, non costituisce un fatto nuovo rilevante ai fini della revoca ex tunc della misura, ai sensi dell’art. 7 della legge
27 dicembre 1956, n. 1423, non traducendosi nella modifica delle disposizioni di legge che regolano la specifica materia (Sez. 1, n. 35756 del 30/05/2019, Arona, Rv. 278481 – 01)
Per altro verso, non è superfluo ricordare che, anche nella struttura della revisione, istituto che, come si è visto, richiama presupposti analoghi (e, anzi, come si è accennato, meno restrittivi) rispetto a quelli inerenti alla revocazione ex art. 28 d.lgs. cit., il mutamento di orientamento giurisprudenziale non rileva per innescare la domanda di revisione.
Per tale ragione, si è, in particolare, affermato che non può essere fatta valere come ipotesi di revisione l’inutilizzabilità sopravvenuta delle intercettazioni poste a fondamento della decisione derivante dal mutamento giurisprudenziale di cui alle Sezioni Unite Cavallo del 2019, successivo all’irrevocabilità della sentenza, trattandosi del risultato di un’evoluzione esegetica, conducente a una rivalutazione delle prove già assunte, evoluzione esegetica che non è da ritenere idonea a travolgere il giudicato (Sez. 6, n. 19429 del 03/05/2022, COGNOME, Rv. 283265 – 01; v. anche Sez. 5, n. 19586 del 31/03/2010. COGNOME, Rv. 247513 – 01).
In definitiva, sia il pregresso assetto ermeneutico in tema di revoca della confisca di prevenzione, sia l’attuale assetto in tema di revisione, sia – e soprattutto – il disposto di cui all’art. 28 cit., per come interpretato, orientano modo univoco nel senso di escludere dal novero delle ipotesi di revocazione il mutamento giurisprudenziale, comunque determinatosi.
3.5. Sulla base di queste osservazioni è, quindi, conseguente affermare il principio secondo cui l’art. 28 d.lgs. n. 159 del 2011 non annovera fra i casi in cui si legittima l’istanza di revocazione del decreto di confisca il mutamento di giurisprudenza, anche se determinato da una pronuncia delle Sezioni Unite, incidente su un punto dell’iter logico-giuridico che aveva condotto il giudice della prevenzione a emanare il provvedimento ablativo, con l’effetto che il giudicato di prevenzione resta insensibile al suddetto mutamento, indipendentemente dalla verifica dell’effettività e della misura della dedotta incidenza.
Pertanto, non può ritenersi censurabile il provvedimento impugnato nella parte in cui non ha avallato la prospettazione formulata da NOME COGNOME, volta a far riconsiderare la suscettibilità di sottoposizione a confisca di una parte dei beni oggetto del provvedimento ablativo divenuto definitivo e, in particolare, a far affermare la non confiscabilità delle somme eccedenti il quinto del vitalizio percepito quale consigliere della Regione Campania, somme dedotte come ricomprese fra quelle assoggettate al precedente decreto di confisca di prevenzione.
La necessità di disattendere le ragioni dedotte da COGNOME impone di respingere anche le deduzioni svolte da NOME COGNOME.
A ragione la Corte di appello ha ritenuto le deduzioni articolate nell’interesse della ricorrente esulanti dall’ambito applicativo segnato dall’art. 28 d.lgs. n. 159 del 2011.
In effetti, ella ha prospettato la sopravvenuta emersione della natura illegittima dell’apprensione con la confisca avente ad oggetto il fabbricato a lei intestato e sito in Arienzo, costituito da una villa resa man mano più importante fino ad assumere la lussuosa consistenza rilevata all’atto dell’abiezione, siccome il suo progressivo incremento di valore sarebbe stato determinato dalla ristrutturazione avvenuta con le risorse provenienti da COGNOME e, in ragione della contestuale domanda proposta da quest’ultimo, insuscettibili di essere confiscate, perché impignorabili, quindi da restituire al prevenuto: per rifrazione – ha, nella sostanza, argomentato la difesa – la restituzione avrebbe dovuto riguardare il bene con quegli importi ristrutturato.
Ciò posto, a parte la problematica suscettibilità di prospettazione di questa tesi in sede di revocazione, anche perché essa dà per assodata l’identificazione fra l’indennità dedotta come impignorabile percepita da COGNOME e le risorse impiegate per l’incremento di valore di quel cespite, dirimente è il rilievo che il presupposto della richiamata prospettazione non si è affatto realizzato: la reiezione dell’istanza di revocazione formulata da COGNOME determina, in ogni caso, per la stessa rifrazione dedotta dalla ricorrente, l’assenza di titolo alla revocazione da quest’ultima richiesta.
Corollario delle considerazioni svolte è il rigetto di entrambi i ricorsi.
Al rigetto fa seguito, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna delle parti ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 6 febbraio 2024
Il Consig *ere e tensore
Il Presidente