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Revoca affidamento terapeutico: valutazione completa

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Tribunale di Sorveglianza relativa alla revoca di un affidamento terapeutico. La decisione è stata motivata dalla valutazione incompleta e contraddittoria del giudice di merito, che aveva ignorato la conclusione positiva del percorso terapeutico del condannato, concentrandosi solo sugli aspetti negativi. La Suprema Corte ha ribadito che, in caso di revoca affidamento terapeutico, è necessaria un’analisi onnicomprensiva del comportamento tenuto durante l’esecuzione della misura, comparando le prescrizioni rispettate e quelle violate.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revoca affidamento terapeutico: la Cassazione richiede una valutazione completa e non parziale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11978 del 2024, è intervenuta su un caso di revoca affidamento terapeutico, stabilendo un principio fondamentale: la valutazione del percorso del condannato non può essere parziale o contraddittoria. Il giudice deve considerare tutti gli elementi, sia positivi che negativi, prima di decidere la data da cui far decorrere la revoca del beneficio.

I fatti del caso: un percorso riabilitativo interrotto

Un uomo, ammesso alla misura alternativa dell’affidamento terapeutico, veniva arrestato in flagranza di reato per possesso di sostanze stupefacenti. A seguito di ciò, il Tribunale di Sorveglianza disponeva la revoca del beneficio. Tuttavia, la questione più complessa riguardava la data di decorrenza di tale revoca.

Inizialmente, il Tribunale aveva retrodatato la revoca all’inizio del percorso, ma questa decisione era stata annullata una prima volta dalla Cassazione. Nel nuovo giudizio, il Tribunale aveva nuovamente retrodatato la revoca, facendola partire dal momento in cui l’uomo aveva lasciato la comunità terapeutica, vanificando di fatto due anni di esecuzione della pena. Questa decisione si basava su una relazione che descriveva la frequentazione del servizio ambulatoriale come caratterizzata da “saltuari incontri”.

La questione cruciale nella revoca affidamento terapeutico

Il nucleo del problema, sollevato dalla difesa e accolto dalla Cassazione, risiedeva nella metodologia di valutazione del Tribunale di Sorveglianza. Il giudice di merito aveva isolato un singolo aspetto negativo (la frequenza degli incontri) ignorando completamente un altro documento, proveniente dallo stesso servizio, che attestava la “positiva conclusione del programma” terapeutico da parte del condannato. Questa omissione creava una palese contraddizione nella motivazione del provvedimento, rendendolo viziato.

La difesa sosteneva che il Tribunale avrebbe dovuto effettuare un giudizio comparativo, ponderando le inosservanze con le prescrizioni correttamente adempiute, come la conclusione positiva del percorso, per valutare se vi fosse stata almeno una parziale risocializzazione.

La decisione della Corte di Cassazione: il vizio di motivazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, ravvisando un evidente vizio di motivazione nell’ordinanza impugnata. La motivazione del Tribunale di Sorveglianza è stata giudicata contraddittoria perché ha basato la sua decisione su un frammento di relazione, senza considerare la documentazione che attestava il buon esito del percorso terapeutico.

La Cassazione ha annullato nuovamente il provvedimento, rinviando la causa al Tribunale di Sorveglianza per un nuovo esame. Quest’ultimo dovrà ora procedere a una valutazione completa e coerente, tenendo conto di tutti gli elementi a disposizione.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sul principio che il giudizio sulla revoca di una misura alternativa, e in particolare sulla sua decorrenza, non può basarsi su una visione parziale e selettiva della condotta del condannato. È illegittimo isolare unicamente gli elementi negativi, tralasciando quelli positivi che potrebbero indicare un progresso nel percorso di risocializzazione. Il giudice ha il dovere di compiere quel “giudizio comparativo” tra prescrizioni rispettate e inosservate per formulare una decisione equa e pienamente motivata, come richiesto dalla funzione rieducativa della pena sancita dall’articolo 27 della Costituzione.

Le conclusioni

Questa sentenza rafforza un importante principio di garanzia nell’esecuzione penale. La revoca affidamento terapeutico e la determinazione della sua decorrenza non possono essere il frutto di una valutazione sommaria. I giudici di sorveglianza sono tenuti a un’analisi approfondita dell’intero percorso del condannato, considerando successi e fallimenti, per giungere a una decisione che sia non solo giuridicamente corretta, ma anche coerente con l’obiettivo rieducativo della pena. Ignorare la conclusione positiva di un programma terapeutico costituisce un vizio di motivazione che invalida il provvedimento.

Perché la Cassazione ha annullato la decisione sulla revoca dell’affidamento terapeutico?
La Corte di Cassazione ha annullato la decisione perché la motivazione del Tribunale di Sorveglianza era contraddittoria e incompleta. Il Tribunale aveva basato la sua valutazione solo su un aspetto negativo (incontri saltuari), ignorando un documento dello stesso servizio che attestava la conclusione positiva del percorso terapeutico.

Può un giudice ignorare un certificato di conclusione positiva di un programma terapeutico?
No. Secondo questa sentenza, un giudice non può ignorare elementi positivi come la conclusione positiva di un programma. Omettere di considerare tale documentazione, concentrandosi solo sugli aspetti negativi, costituisce un vizio di motivazione che rende illegittima la decisione.

Cosa deve valutare il Tribunale di Sorveglianza nel decidere la decorrenza della revoca di una misura alternativa?
Il Tribunale deve compiere una valutazione completa e comparativa dell’intera condotta del soggetto durante l’esecuzione della misura. Deve ponderare sia le prescrizioni violate sia quelle rispettate, considerando l’esito complessivo del programma e ogni elemento utile a valutare il percorso di risocializzazione, per poi decidere in modo logico e coerente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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