Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7698 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7698 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/02/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, in persona di NOME COGNOME, che ha chiesto una dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento sopra indicato, il Tribunale di sorveglianza di Catania revocava l’affidamento terapeutico di cui all’art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990, per il mancato rispetto delle prescrizioni imposte e per la rilevata l’assenza di volontà di “affrancarsi dalle problematiche tossicomaniche”, a NOME COGNOME, con effetto dal 15 maggio 2021 (data in cui il COGNOME era stato denunciato per il reato di cui all’art. 337 cod. pen., non essendosi fermato a un posto di blocco).
La misura alternativa alla detenzione era già stata sospesa dal Magistrato di sorveglianza con ordinanza del 23/01/2023 perché il COGNOME veniva arrestato in flagranza di reato per spaccio di stupefacenti in data 12 gennaio 2023 a seguito di perquisizione domiciliare all’esito della quale erano stati trovati e sequestrati 59 gr. di cocaina, un bilancino di precisione e materiale per il confezionamento delle dosi. Lo stesso Magistrato di sorveglianza aveva già chiesto la revoca della misura alternativa alla detenzione in data 30 giugno 2021 perché il condannato non aveva comunicato l’avvenuto cambio di domicilio.
Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione l’interessato, con rituale ministero difensivo, affidandosi ad un unico motivo con cui denuncia la violazione di legge in relazione agli artt. 125, comma 3, 192, 179, 666, 678 cod. proc. pen., 94 d.P.R. n. 309 del 1990 e 51 -ter I. n. 354 del 1975, assumendo la mancanza di motivazione del provvedimento impugnato, violazione del principio del ne bis in idem in relazione alla ritenuta violazione delle prescrizioni in relazione all’episodio del 15 maggio 2021 per la quale il tribunale di sorveglianza non aveva ritenuto di revocare la misura alternativa di cui all’art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990 come avvenuto anche per il cambio di domicilio la cui omessa comunicazione è contestata.
Il Procuratore generale ha concluso per una dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso è manifestamente infondato, quindi, meritevole di una dichiarazione d’inammissibilità.
È orientamento consolidato di questa Corte (Sez. 1, n. 13376 del 18/2/2019, COGNOME, Rv. 275239; Sez. 1, n. 27713 del 6/6/2013, COGNOME, Rv. 256367; Sez. 1, n. 2566 del 7/5/1998, COGNOME, Rv. 210789), la revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale non è legislativamente collegatq alle sole violazioni della legge penale o delle prescrizioni dettate dalla disciplina della
misura stessa, ma alle ipotesi che il giudice, con il suo insindacabile apprezzamento di merito, ritenga che tali violazioni costituiscano in concreto un fatto incompatibile con la prosecuzione della misura alternativa alla detenzione a cui il condannato ha già avuto accesso; il relativo giudizio è rimesso alla discrezionalità del Tribunale di sorveglianza, che ha solo l’obbligo di giustificare l’uso del potere conferitogli, con motivazione logica ed esauriente.
Con specifico riferimento alla decorrenza del provvedimento, in linea con i principi di proporzionalità e adeguatezza della pena indicati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 343 del 1987, il giudice può disporre la revoca della misura con effetto ex tunc quando il comportamento del condannato sia stato così negativo da rivelare l’inesistenza ab initio di un’adesione al processo rieducativo (Sez. 1, n. 23943 del 13/6/2001, Modaffari, Rv. 219477).
L’ordinanza impugnata si rivela immune da vizi logici o giuridici, avendo evidenziato sia pure in sintesi: a) le condotte trasgressive dell’affidato rispetto alle prescrizioni connesse alla misura; b) la pluralità e l’entità di esse; c) la così acclarata incompatibilità delle violazioni accertate e non contestate con il proseguimento della misura. Il provvedimento censurato ha così dato conto, anche in punto di decorrenza della revoca, dell’esercizio della discrezionalità che la legge fornisce al giudice di sorveglianza, al cui logico ragionamento il ricorrente oppone rilievi generici e assertivi sul difetto di motivazione senza confrontarsi con essa, richiamando in modo improprio il divieto di un secondo giudizio di cui all’art. 649 cod. proc. pen. – che si riferisce espressamente a sentenze o decreti di condanna divenuti irrevocabili – e contestando del tutto genericamente anche la circostanza del cambio di domicilio non comunicato.
Per le esposte considerazioni, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, e il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M. GLYPH
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dellfz , ar –spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell .r. , ‘ ammende.
Così deciso il 31/10/2023
Il Consigliere estensore
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Il Pr idente