Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33400 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33400 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 03/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
avverso l’ordinanza del 20/05/2025 del TRIBUNALE di SORVEGLIANZA di BRESCIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
uita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Brescia ha revocato – con effetto ex tunc – la misura provvisoria dell’affidamento in prova terapeutico, che era stata accordata dal medesimo Tribunale il 28/11/2024 a XXXXXXXXXXXXXXXX, soggetto in espiazione della pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, determinata mediante provvedimento di cumulo di pene concorrenti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia del 13/03/2024. Tale misura era stata già sospesa per il termine di trenta giorni, in forza di provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Brescia del 16/04/2025.
Ricorre per cassazione XXXXXXXXXXXXXXXX, a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo violazione degli artt. 94 del d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309 e 47 comma 11 legge 26 luglio 1975, n. 354, oltre che dolendosi di una motivazione carente, insufficiente, irragionevole e incongruente.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Giova premettere come – in tema di affidamento in prova al servizio sociale, richiesto per ragioni terapeutiche a norma dell’art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990 – i requisiti postulati dalla norma, in vista dell’applicazione dell’istituto, rivestano una duplice natura:
uno Ł di carattere soggettivo, essendo rappresentato dal fatto che il soggetto detenuto versi in uno stato di tossicodipendenza, ovvero di alcolismo; tale requisito Ł richiesto – a pena di inammissibilità della domanda – e deve essere certificato da una struttura sanitaria pubblica;
l’altro requisito, di natura oggettiva, Ł costituito dai limiti edittali massimi della sanzione complessivamente inflitta al soggetto, ovvero del residuo di maggiore pena da
scontare e dalla mancata, pregressa concessione – per piø di due volte – dell’affidamento stesso.
Al ricorrere di queste pre-condizioni, l’Autorità giudiziaria deve svolgere una complessa valutazione, relativa al probabile conseguimento delle finalità del programma, concordato dal soggetto interessato con una unità sanitaria locale o con uno degli enti previsti l’art. 115 d.P.R. n. 309 del 1990, oppure con organismi privati, tenuto conto della pericolosità del condannato e dell’attitudine del trattamento a realizzare un suo effettivo reinserimento sociale (Sez. 1, n. 16905 del 20/12/2017 dep. 2018, COGNOME, Rv. 273293; Sez. 1, n. 53761 del 22/09/2014, Palena, Rv. 261982; Sez. 1, n. 11575 del 05/02/2013, Sansonna, Rv. 255158; Sez. 1, n. 33343 del 4/4/2001, COGNOME, Rv. 220029).
2.1. Questa Corte ha poi precisato come l’invocato affidamento in prova per fini terapeutici sia volto, comunque, anche a garantire la prevenzione dei reati, cosa che ne impedisce la concessione al condannato tossicodipendente che sia ritenuto attualmente pericoloso; l’attuazione del prescritto programma terapeutico, infatti, postula la collaborazione del soggetto interessato, che deve reputarsi in radice inesistente, laddove il soggetto venga reputato pericoloso (si veda Sez. 1, n. 48041 del 09/10/2018, COGNOME, Rv. 274665 – 01; nello stesso senso si sono espresse Sez. 1, n. 43863 del 23/10/2024, COGNOME, Rv. 287151 – 01, la quale ha chiarito come sia necessario che – attraverso gli esiti dell’osservazione della personalità del condannato – emerga che un processo critico, volto alla resipiscenza, sia stato almeno avviato; Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278174 – 01, a mente della quale: ‹‹Ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui Ł stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, Ł tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva›› e, infine, Sez. 1, n. 44992 del 17/09/2018, S., Rv. 273985 – 01, che ha specificamente posto l’accento sulla valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, ritenendo rilevanti l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva di risocializzazione).
2.2. Quanto ai presupposti della revoca, infine, giova richiamare il principio di diritto fissato da Sez. 1, n. 27711 del 06/06/2013, COGNOME, Rv. 256479 – 01, a mente della quale: ‹‹La revoca della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur in presenza di un comportamento del soggetto contrario alle prescrizioni, Ł rimessa alla discrezionalità del tribunale di sorveglianza, che ha l’obbligo di giustificare l’uso del potere conferitogli, con motivazione logica, adeguata e non viziata››; nello stesso senso si era già espressa Sez. 1, n. 2566 del 07/05/1998, Lupoli, Rv. 210789, la quale aveva sganciato la revoca della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale dal mero dato oggettivo, rappresentato dalla violazione della legge penale o delle prescrizioni che corredano la medesima misura stessa, ancorandola invece al convincimento del giudice circa la concreta inconciliabilità, fra la trasgressione posta in essere e la prosecuzione della prova; trattasi di apprezzamento di fatto, ovviamente rimesso alla discrezionalità del Tribunale di sorveglianza, che ha però l’obbligo di chiarire le ragioni poste a fondamento dell’uso del potere conferitogli, adottando una struttura motivazionale logica, adeguata e non
contraddittoria (Sez. 1, n. 36470 del 29/04/2021, COGNOME Rv. 282007 – 01).
Nella concreta fattispecie – come già sintetizzato in parte espositiva – il ricorrente si trova in espiazione della pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, riportata in relazione ai reati di rifiuto dell’accertamento dello stato di ebbrezza, nonchØ maltrattamenti in famiglia, atti persecutori, violazione degli obblighi di assistenza familiare e violazione di domicilio, posti in essere negli anni 2013 e 2014.
Trattasi di soggetto gravato, peraltro, da ulteriori precedenti relativi ai reati di violazione di domicilio, lesioni personali, resistenza, minaccia e lesioni a pubblico ufficiale, guida in stato di ebbrezza, omesso versamento di ritenute e bancarotta fraudolenta, commessi fra il 2003 e il 2021. Con riferimento ad alcune di tali condanne, il condannato era già stato ammesso all’affidamento in prova in casi particolari, ma tale misura era stata dichiarata cessata il 26/03/2024, a causa di una sopravvenuta inidoneità del domicilio; ciò in quanto la moglie dell’affidato aveva segnalato di esser stata vittima di maltrattamenti psicologici, ad opera di quest’ultimo e aveva aggiunto di aver constatato il possesso – da parte dello stesso – di sostanza stupefacente del tipo cocaina.
3.1. Il 28/11/2024, il ricorrente ha nuovamente beneficiato della medesima misura, rendendosi però poi protagonista di ulteriori trasgressioni, rispetto alle prescrizioni ad essa connesse. La decisione di revoca, infatti, Ł fondata sulla sussistenza di quattro episodi, dettagliatamente descritti all’interno del provvedimento, ossia:
fatti verificatisi il 21/02/2025, allorquando il condannato si accompagnava a pregiudicati per reati contro il patrimonio, contro la famiglia e legati allo spaccio di sostanze stupefacenti, i quali nell’occasione, non presente il XXXXXXXX, malmenavano un certo soggetto;
fatti verificatisi il 22/03/2025, allorquando il condannato inveiva contro i Carabinieri, che si erano recati, per un controllo dell’Ispettorato del lavoro, presso l’esercizio commerciale gestito dalla di lui compagna;
fatti verificatisi il 05/04/2025, allorquando il condannato veniva controllato dai Carabinieri, mentre si trovava alla guida di un’autovettura, sebbene gli fosse stata revocata la patente di guida;
fatti del 14/04/2025, allorquando XXXXXXXX, alla guida di un’autovettura, non ottemperava all’alt intimatogli dai Carabinieri e veniva nuovamente sorpreso in compagnia di un soggetto pregiudicato.
Da tali condotte hanno tratto scaturigine dapprima la revoca provvisoria della misura, ad opera del Magistrato di sorveglianza e, infine, l’ordinanza di revoca ora impugnata.
3.2. Il provvedimento ora al vaglio di questo Collegio – in ipotesi difensiva – avrebbe fatto ricorso a mere clausole di stile, mancando di considerare adeguatamente l’effettiva gravità delle riscontrate violazioni, nonchØ il positivo comportamento serbato dall’affidato, durante l’esecuzione della misura alternativa. Lungi dal limitarsi all’elencazione delle violazioni – peraltro circoscritte nel tempo – il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto valutare concretamente anche il periodo in cui il soggetto si era, in maniera scrupolosa, attenuto alle prescrizioni a lui imposte. Tutto ciò, conclude la difesa, sarebbe stato invece trascurato, essendosi limitato il Tribunale di sorveglianza a disporre la revoca della misura con effetto retroattivo.
3.3. Va evidenziato come le censure difensive si sviluppino interamente sul piano del fatto, essendo volte a sovrapporre una nuova interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita nell’impugnato provvedimento – piø che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati dall’art. 606 cod. proc. pen. Tale operazione, con tutta
evidenza, fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso al giudice di legittimità.
Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, infatti, l’epilogo decisorio non può essere invalidato sulla base di prospettazioni alternative, che sostanzialmente si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e differenti canoni ricostruttivi e valutativi dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perchØ illustrati come maggiormente plausibili, o perchØ assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si Ł in concreto realizzata (Sez. 6, n. 5465del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507).
3.4. D’altronde, nessun vizio logico o argomentativo Ł ravvisabile nella motivazione che sorregge l’avversata decisione, che Ł, al contrario, lineare e congruente, oltre che priva del pur minimo spunto di contraddittorietà, quindi meritevole di rimanere al riparo da qualsivoglia stigma, in sede di legittimità.
3.5. Con riferimento, infine, all’efficacia ex tunc attribuita alla revoca dell’affidamento, tale decisione origina dalla natura reiterata delle ravvicinate violazioni commesse e, correlativamente, dalla palese incapacità del condannato di comprendere la portata trasgressiva dei propri atti.
¨ utile sottolineare, sul punto specifico, come l’intera filiera di accadimenti sopra descritta si sia dipanata entro un brevissimo arco di tempo; la nuova concessione della misura, come detto, risale infatti al 28/11/2024, mentre la prima violazione ritenuta rilevante, in vista della revoca, si colloca già al 21/02/2025, venendo poi seguita dalle ulteriori violazioni sopra descritte. Può allora ritenersi sussistente – quanto allo specifico profilo – una motivazione di carattere implicito, che Ł contenuta già nella valutazione complessiva dei fatti e della condotta manifestata dal soggetto e che emerge palese anche dalla considerazione della brevità del lasso di tempo intercorso, fra il ripristino della misura e la prima trasgressione.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, non Ł censurabile – nel giudizio di legittimità – la sentenza che non motivi espressamente su una specifica deduzione difensiva, allorquando le ragioni poste a fondamento della decisione assunta risultino adeguatamente esplicitate, all’interno dell’apparato motivazionale complessivamente considerato (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, COGNOME, Rv. 284096; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500; Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, COGNOME, Rv. 256340).
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Ricorrendone le condizioni, infine, deve essere disposta l’annotazione di cui all’art. 52, comma 1, del decreto legislativo 20 giugno 2003, n. 196, recante il ‘codice in materia di protezione dei dati personali’.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 03/10/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.