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Revoca affidamento terapeutico per spaccio: la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la revoca dell’affidamento terapeutico a un soggetto trovato in possesso di cocaina, un bilancino di precisione e sostanza da taglio. Secondo la Corte, tali elementi costituiscono una ‘grave infrazione’ che giustifica una prognosi negativa sulla prosecuzione della misura, rendendola incompatibile con le finalità di recupero. La decisione del Tribunale di Sorveglianza non è automatica ma si basa su un giudizio discrezionale ben motivato sulla gravità della condotta, che in questo caso indicava un’attività di spaccio e non di mero consumo personale.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revoca Affidamento Terapeutico: Quando la Detenzione di Droga Indica Spaccio

La concessione dell’affidamento in prova per finalità terapeutiche rappresenta un’importante opportunità di recupero per i condannati con problemi di tossicodipendenza. Tuttavia, questo percorso non è privo di ostacoli e una condotta incompatibile con il programma può portare alla sua interruzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito i presupposti per la revoca dell’affidamento terapeutico, specificando come la detenzione di stupefacenti, unita ad altri elementi, possa essere interpretata non come una semplice ricaduta, ma come una grave infrazione indicativa di un’attività di spaccio.

I Fatti del Caso: Dalla Prova Terapeutica alla Perquisizione

Il caso esaminato riguarda un individuo che stava espiando una pena di oltre diciassette anni in regime di affidamento in prova terapeutico. La misura alternativa era stata concessa da circa un anno quando, a seguito di una perquisizione, le forze dell’ordine lo hanno trovato in possesso di 4 grammi di cocaina. Una successiva perquisizione domiciliare ha portato alla luce ulteriori elementi compromettenti: un bilancino di precisione e oltre 93 grammi di mannite, una sostanza comunemente usata per ‘tagliare’ la droga.

Questi ritrovamenti hanno indotto il Magistrato di Sorveglianza a sospendere immediatamente la misura e, successivamente, il Tribunale di Sorveglianza di Milano a revocarla, ritenendo che il soggetto si fosse ‘nuovamente dedicato ad attività di detenzione di stupefacenti verosimilmente destinata allo spaccio’.

La Decisione del Tribunale di Sorveglianza e il Ricorso

La difesa del condannato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la decisione del Tribunale fosse basata su una presunzione di spaccio non provata. Secondo il ricorrente, la sostanza era per uso esclusivamente personale e la mannite era destinata a risolvere problemi di salute del proprio cane. La difesa ha inoltre lamentato che il Tribunale non avesse considerato il comportamento positivo tenuto per un anno, né avesse acquisito le relazioni dei servizi sociali (SERT e UEPE), ignorando che una ricaduta nell’uso di stupefacenti può essere un’ipotesi ‘fisiologica’ durante un percorso di recupero.

Le Motivazioni alla base della Revoca dell’Affidamento Terapeutico

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la legittimità della decisione del Tribunale di Sorveglianza. I giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale: la revoca dell’affidamento terapeutico non è una conseguenza automatica di una violazione di legge o delle prescrizioni, ma è rimessa al giudizio discrezionale del giudice. Questo giudizio, però, deve essere supportato da una motivazione logica e completa.

Nel caso specifico, la motivazione è stata ritenuta pienamente valida. Il Tribunale non si è limitato a constatare la detenzione della cocaina, ma ha valutato il quadro complessivo. La presenza simultanea di:

* Sostanza stupefacente (cocaina suddivisa in due involucri);
* Un bilancino di precisione;
* Un notevole quantitativo di sostanza da taglio (mannite).

ha costituito quello che la Corte definisce ‘l’armamentario tipico dello spacciatore’. Questi elementi, considerati insieme, hanno reso l’ipotesi dello spaccio non una mera presunzione, ma una conclusione logicamente fondata. Di conseguenza, la condotta del soggetto è stata qualificata come una ‘grave infrazione’, palesemente incompatibile con la finalità terapeutica e rieducativa della misura. Il Tribunale ha correttamente concluso che tale comportamento indicava il ‘fallimento della prognosi positiva’ che era alla base della concessione del beneficio.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza consolida l’orientamento secondo cui, ai fini della revoca di una misura alternativa, il giudice deve compiere una valutazione globale della condotta del condannato. Non è sufficiente una semplice violazione, ma occorre un ‘quid pluris’, ovvero un fatto talmente grave da minare alla base la fiducia nel percorso di reinserimento. La detenzione di droga, se accompagnata da prove circostanziali che ne suggeriscono la destinazione alla vendita (come bilancini e sostanze da taglio), cessa di essere una semplice ricaduta personale e si trasforma in una condotta criminale che tradisce le finalità della misura. Questa decisione sottolinea che la discrezionalità del Tribunale di Sorveglianza, se ben motivata, è sovrana nel valutare l’idoneità del condannato a proseguire nel percorso alternativo alla detenzione.

La semplice violazione delle prescrizioni comporta automaticamente la revoca dell’affidamento in prova terapeutico?
No, la revoca non è una conseguenza automatica. La legge richiede che il giudice di sorveglianza valuti se la violazione commessa sia, in concreto, un fatto incompatibile con la prosecuzione della misura alternativa.

Quali elementi possono trasformare una detenzione di droga da uso personale a un’ipotesi di spaccio agli occhi del Tribunale di Sorveglianza?
La presenza di elementi che costituiscono l’armamentario tipico dello spacciatore, come un bilancino di precisione e un notevole quantitativo di sostanza da taglio (nel caso di specie, mannite), unitamente alla sostanza stupefacente.

Il comportamento positivo tenuto per un lungo periodo durante l’affidamento è sufficiente a evitare la revoca in caso di grave infrazione?
Non necessariamente. La sentenza dimostra che una singola infrazione, se ritenuta particolarmente grave e indicativa del fallimento del progetto rieducativo (come l’attività di spaccio), può giustificare la revoca della misura, anche a fronte di un precedente periodo di comportamento corretto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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