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Revoca affidamento terapeutico: non è automatica

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che disponeva la cessazione di un affidamento terapeutico a seguito di una nuova misura cautelare per un reato commesso in precedenza. La Suprema Corte ha stabilito che la revoca dell’affidamento terapeutico non è mai automatica, ma richiede una nuova e approfondita valutazione da parte del Tribunale di Sorveglianza circa l’impatto dei nuovi elementi sulla prognosi rieducativa e sulla pericolosità sociale del condannato.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revoca affidamento terapeutico: Non è un automatismo

La concessione di una misura alternativa alla detenzione, come l’affidamento terapeutico, rappresenta un punto cruciale nel percorso di recupero di un condannato. Ma cosa accade se, durante questo percorso, emerge una nuova accusa per un reato commesso in passato? Questo evento comporta automaticamente la revoca dell’affidamento terapeutico? Con la sentenza n. 11213 del 2024, la Corte di Cassazione fornisce una risposta chiara e garantista, sottolineando l’assenza di automatismi e il dovere del giudice di effettuare una valutazione approfondita e individualizzata.

Il caso in esame

Un soggetto, ammesso in via provvisoria alla misura dell’affidamento terapeutico, si vedeva raggiungere da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per un reato di furto commesso in epoca antecedente all’inizio della misura stessa. Il Tribunale di Sorveglianza, investito della questione, dichiarava cessata la misura alternativa, ritenendola incompatibile con il nuovo stato detentivo e rigettando la richiesta di concessione in via definitiva. La decisione si fondava sulla preclusione a valutare il quadro indiziario del nuovo reato, considerando la semplice esistenza del titolo cautelare come un ostacolo insuperabile alla prosecuzione del percorso rieducativo, nonostante la condotta del soggetto fosse stata positiva durante il periodo di prova.

Il principio di diritto sulla revoca affidamento terapeutico

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del condannato, annullando con rinvio l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. Il punto centrale della decisione è che il sopraggiungere di una misura cautelare, specialmente se relativa a fatti antecedenti alla concessione della misura alternativa, non può determinare un’automatica revoca dell’affidamento terapeutico. L’incompatibilità tra i due regimi (la misura alternativa e la custodia in carcere) non è assoluta né presunta.

Il dovere di rivalutazione del giudice di sorveglianza

La Suprema Corte ha chiarito che il Tribunale di Sorveglianza ha il potere e il dovere di compiere una nuova e completa valutazione della “meritevolezza” della misura. Deve analizzare se il provvedimento cautelare sopravvenuto introduce elementi di novità tali da modificare la prognosi favorevole precedentemente formulata. Questo significa che il giudice deve esaminare, seppur incidentalmente, i fatti alla base della nuova accusa per capire quale impatto possano avere sulla perdurante idoneità del beneficio a perseguire i fini rieducativi e a prevenire il rischio di recidiva. Non può, come erroneamente fatto nel caso di specie, ritenersi incompetente a valutare la fondatezza del giudizio indiziario espresso dal giudice della cautela.

Le motivazioni

Le motivazioni della Cassazione si fondano sul principio che la valutazione del Tribunale di Sorveglianza deve essere sempre concreta e non astratta. La Corte ha ribadito che, nel procedimento di sorveglianza, possono essere valutati anche fatti che costituiscono ipotesi di reato, senza dover attendere la sentenza definitiva, a condizione che se ne valuti la pertinenza rispetto al trattamento rieducativo. Il Tribunale ha errato nel non procedere a questa necessaria rivalutazione del giudizio di adeguatezza della misura, omettendo di considerare come il nuovo elemento (la presunta commissione di un reato in passato) incidesse sull’originaria prognosi positiva. Ha, di fatto, abdicato al proprio ruolo valutativo, limitandosi a prendere atto di un’incompatibilità puramente formale tra i due regimi, senza scendere nel merito della situazione personale e del percorso riabilitativo del condannato.

Le conclusioni

Questa sentenza rafforza un importante principio di garanzia nel diritto dell’esecuzione penale. Impedisce che un soggetto in percorso rieducativo veda la sua opportunità di reinserimento vanificata automaticamente da eventi passati che riemergono. Obbliga la magistratura di sorveglianza a un esame approfondito e sostanziale, che tenga conto di tutti gli elementi, inclusa la condotta positiva mantenuta durante la misura. La decisione sottolinea che l’obiettivo primario rimane il recupero del condannato, un obiettivo che non può essere sacrificato sull’altare di automatismi procedurali, ma deve essere perseguito attraverso valutazioni ponderate e individualizzate.

Una nuova misura di custodia cautelare comporta automaticamente la revoca dell’affidamento terapeutico?
No, la revoca non è automatica. Il sopraggiungere di una misura cautelare impone al Tribunale di Sorveglianza di effettuare una nuova e completa valutazione sulla meritevolezza della prosecuzione della misura alternativa.

Il Tribunale di Sorveglianza deve valutare i fatti che hanno portato alla nuova misura cautelare?
Sì, il Tribunale deve valutare se i fatti alla base della nuova misura cautelare, anche se precedenti all’inizio dell’affidamento, introducono nuovi elementi capaci di modificare in senso negativo la prognosi sulla rieducazione e sul rischio di recidiva del condannato.

La condotta positiva tenuta durante l’affidamento è rilevante in caso di sopravvenuta misura cautelare?
Sì, la regolarità della condotta tenuta durante l’applicazione della misura è un elemento che il Tribunale di Sorveglianza deve considerare nella sua valutazione complessiva, poiché contribuisce a delineare il percorso rieducativo del soggetto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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