Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11213 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11213 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/08/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO che ha c:hiesto dichiararsi l’inammissibilità
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata nel preambolo il Tribunale di sorveglianza di Milano – investito dal Magistrato di sorveglianza della revoca dell’affidamento terapeutico concesso in via provvisoria a NOME COGNOME con provvedimento del 22 maggio 2023 – ha dichiarato cessata la misura ed ha rigettato tutte le istanze di benefici proposte dal condannato, a cominciare da quella di concessione in via definitiva dell’affidamento terapeutico nelle more sospeso dal Magistrato di ‘ sorveglianza, con provvedimento in data 25 luglio 2023.
A ragione osserva che, a seguito dell’esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere, il condannato risulta attinto da gravi indizi di colpevolezza per il reato di furto commesso nel novembre 2022 e che, essendo preclusa la valutazione del quadro indiziario come delineato dal giudice della cautela, deve essere disposta la cessazione dell’affidamento terapeutico sia pure per fatto incolpevole dell’affidato e rigettata la domanda di concessione della medesima misura in via definitiva. Rileva, infatti, sia che il reato oggetto del titolo cautela costituisce una violazione commessa in epoca precedente all’ammissione al beneficio sospeso sia che l’affidato, in costanza di applicazione della misura, ha tenuto una condotta positiva.
NOME COGNOME ricorre per cassazione – a mezzo del difensore di fiducia AVV_NOTAIO – articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge in relazione agli artt. 47 Ord. pen. e 94 d.P.R. n. 309 del 1990
Lamenta che l’ordinanza impugnata non solo ha giustificato la cessazione della misura sulla base di condotte commesse in epoca precedente rispetto alla concessione della misura alternativa in corso di esecuzione e senza valutare se il provvedimento cautelare abbia introdotto elementi nuovi rispetto a quelli presi in esame nel momento in cui è stato disposto l’affidamento ma non ha, per di più, attribuito adeguata rilevanza alla regolarità della condotta tenuta dall’affidato in costanza di applicazione della misura. In ogni caso, il Tribunale di sorveglianza non ha specificato se la cessazione della misura è intervenuta per la sopravventa incompatibilità della condotta dell’affidato o perché la sua prosecuzione era divenuta oggettivamente incompatibile con il sopravvenuto regime carcerario imposto dall’ordinanza cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Il magistrato di sorveglianza, qualora il comportamento dell’affidato, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova indicate può, a mente dell’art. 47, comma 11, Ord. pen., richiamato dall’art. 94, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990, disporre la sospensione della prosecuzione della misura in corso. In questa ipotesi deve immediatamente investire il tribunale di sorveglianza ai fini delle determinazioni ad esso attribuite dall’art. 51-ter Ord. pen., da adottare, a pena di inefficacia di detta sospensione, entro trenta giorni dalla ricezione degli atti.
In quest’ambito assume rilievo l’eventuale sopraggiungere nei confronti dell’affidato di una nuova misura cautelare. Siffatto evento impone al magistrato di sorveglianza, nell’adozione del provvedimento provvisorio, e al Tribunale di sorveglianza investito ex art 51-ter Ord. pen. di esprimere, soprattutto se i fatti per i quali è stata applicata la misura cautelare sono antecedenti a quelli per cui è stata irrogata la pena in esecuzione, una valutazione sulla meritevolezza della misura alternativa alla luce del provvedimento cautelare. In particolare, deve essere valutato se tale provvedimento sopravvenuto introduca nuovi elementi rispetto a quelli valutati in occasione della concessione della misura, capaci di modificare il quadro delle conoscenze utilizzabili per formulare la prognosi favorevole alla sua concessione. Infatti, l’incompatibilità della misura cautelare della custodia in carcere con la prosecuzione della misura alternativa della detenzione domiciliare non è automatica, ma è subordinata alla valutazione del tribunale di sorveglianza di incidenza che il fatto contestato al condannato può avere sulla perdurante idoneità del beneficio concesso a perseguire i fini rieducativi e preventivi ad esso connessi (Sez. 1, n. 35781 del 27/11/2020, COGNOME, Rv. 280095 – 01; Sez. 1, n. 42579 del 17/09/2013, COGNOME, Rv. 256701 – 01 ; Sez. 1, n. 14827 del 21/03/2012, COGNOME, Rv. 252273 – 01; Sez. 1, n. 16441 del 10/02/2010, COGNOME, Rv. 247234 – 01; Sez. 1, n. 38453 del 01/10/2008, COGNOME, Rv. 241308 – 01, Rv 273614)
L’ordinanza impugnata non si è uniformata alle disposizioni normative e alle coordinate interpretative sopra rappresentate.
Il Tribunale di sorveglianza, pur muovendo dalla corretta premessa che l’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare non determina, in disparte dell’incompatibilità in concreto dei due regimi custodiali, l’automatica revoca della misura alternativa in corso di esecuzione, ha comunque disposto la cessazione degli effetti della misura provvisoriamente applicata ed ha rigettato in via definitiva la domanda del medesimo beneficio. Per adottare entrambe le decisioni avrebbe, però, dovuto procedere alla necessaria rivalutazione del giudizio di adeguatezza della misura inizialmente concessa e provvisoriamente sospesa alla luce dell’elemento di novità costituito dalla consumazione di un fatto reato potenzialmente in grado di modificare l’originaria prognosi positiva sulle prospettive risocializzanti e terapeutiche dell’affidamento, oltre che sulla sua concreta idoneità a prevenire il rischio di recidivanza del condannato.
Più in radice, il Tribunale si ha ritenuto di non essere competente ad esaminare la questione della fondatezza del giudizio indiziarlo di colpevolezza di NOME COGNOME in ordine ai reati oggetto della sopravvenuta misura cautelare, per quanto decisiva ai fini della decisione finale, Trattasi, invece di questione
incidentalmente risolvibile, ai sensi dell’art. 2, comma 1, cod. proc. pen. D’altra parte, è pacifico che nel procedimento di sorveglianza possono essere valutati anche fatti costituenti ipotesi di reato, senza la necessità di attendere la definizione del relativo procedimento penale, a condizione che il giudice ne valuti la pertinenza rispetto al trattamento rieducativo, in quanto espressione di un atteggiamento incompatibile con l’adesione allo stesso da parte del detenuto (Sez. 1, n. 29863 del 24/03/2023, COGNOME, Rv. 284997 – 01 Sez. 1, n. 33848 del 30/04/2019, COGNOME, Rv. 276498 – 01).
In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio all’ufficio del giudice a quo che in piena libertà cognitiva, ma nel rispetto dei principi richiamati, dovrà riesaminare il caso, colmando le lacune argomentative segnalate.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Milano.