LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Revoca affidamento: no divieto per reati precedenti

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che dichiarava inammissibile una nuova richiesta di affidamento in prova. La Corte ha stabilito che la revoca affidamento, se motivata da una condanna per un reato commesso prima dell’inizio della misura, non fa scattare il divieto triennale di riproporre l’istanza previsto dall’art. 58-quater Ord. Pen. Tale divieto si applica solo in caso di revoca per comportamenti incompatibili tenuti durante la prova.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revoca Affidamento in Prova: Quando Non Scatta il Divieto Triennale

La revoca affidamento in prova al servizio sociale è un evento che può avere conseguenze significative per il percorso di reinserimento di un condannato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sui limiti del divieto triennale di riproporre l’istanza, specificando che tale preclusione non opera automaticamente in ogni caso di revoca. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un condannato a cui era stato concesso l’affidamento in prova. Successivamente, la misura era stata revocata a causa del passaggio in giudicato di un’altra sentenza di condanna per un reato commesso in data anteriore alla concessione dell’affidamento stesso. Quando l’interessato ha presentato una nuova istanza per accedere alla misura, il Tribunale di Sorveglianza l’ha dichiarata inammissibile, applicando l’articolo 58-quater dell’Ordinamento Penitenziario. Questa norma prevede un divieto di concessione di misure alternative per un periodo di tre anni in seguito a una revoca. Il difensore ha impugnato tale decisione, sostenendo che la preclusione si applica solo a specifiche ipotesi di revoca, non a quella avvenuta nel caso di specie.

La Decisione della Cassazione sulla Revoca Affidamento

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando gli atti al Tribunale di Sorveglianza per un nuovo esame. I giudici supremi hanno ritenuto errata l’interpretazione del Tribunale, che aveva applicato in modo automatico e acritico il divieto triennale. La Corte ha sottolineato la necessità di distinguere attentamente le ragioni che portano alla revoca della misura, poiché solo alcune di esse giustificano l’applicazione della preclusione.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’art. 58-quater dell’Ordinamento Penitenziario. Questa norma stabilisce che il divieto triennale scatta in due soli casi:

1. Se il condannato è stato riconosciuto colpevole del reato di evasione (art. 385 c.p.).
2. Se la misura è stata revocata ai sensi dell’art. 47, comma 11, Ord. Pen.

Quest’ultimo articolo prevede la revoca quando il comportamento del soggetto, successivo alla concessione della misura, si rivela contrario alla legge o alle prescrizioni imposte, al punto da rendere incompatibile la prosecuzione della prova. Si tratta, quindi, di una revoca legata a una condotta negativa e sintomatica di inaffidabilità dimostrata durante l’esecuzione della misura stessa.

Nel caso esaminato, la revoca non era dipesa da un comportamento del condannato durante l’affidamento, bensì dalla sopravvenienza di un titolo esecutivo per un fatto commesso in precedenza. Questa circostanza, secondo la Corte, non rientra nell’ipotesi sanzionatoria dell’art. 47, comma 11, ma è piuttosto riconducibile a una diversa fattispecie, come quella disciplinata dall’art. 51-bis Ord. Pen. Di conseguenza, l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza è stata giudicata illegittima perché fondata su un presupposto errato e motivata in modo incongruo, limitandosi a un generico richiamo alla ‘revoca’ senza specificarne la base giuridica.

Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di diritto cruciale: non ogni revoca affidamento in prova comporta l’automatica preclusione triennale alla riproposizione dell’istanza. È indispensabile che il giudice valuti la causa specifica della revoca. Solo se questa è dovuta a una violazione delle prescrizioni o a comportamenti contrari alla legge posti in essere dal condannato durante il periodo di prova, si potrà applicare il divieto. Al contrario, se la revoca è una conseguenza tecnica, come la scoperta di una condanna per un reato precedente, il condannato conserva il diritto di presentare una nuova istanza di affidamento, che dovrà essere valutata nel merito dal Tribunale di Sorveglianza.

La revoca dell’affidamento in prova impedisce sempre di richiederlo per i successivi tre anni?
No. Secondo la Cassazione, il divieto triennale previsto dall’art. 58-quater Ord. Pen. si applica solo se la revoca è dovuta a comportamenti del condannato contrari alla legge o alle prescrizioni tenuti durante la misura (ex art. 47, c. 11, Ord. Pen.), non per altre ragioni come la sopravvenienza di una condanna per un reato commesso in precedenza.

Qual è la differenza tra una revoca per comportamento incompatibile e una per un reato precedente?
La revoca per comportamento incompatibile sanziona l’inaffidabilità dimostrata dal soggetto durante l’esecuzione della misura, violando le regole della prova. La revoca a causa di una condanna per un reato precedente è invece una conseguenza tecnica legata alla gestione della pena, non direttamente connessa alla condotta tenuta durante l’affidamento. Solo la prima tipologia di revoca comporta la preclusione triennale.

Cosa succede se il Tribunale di Sorveglianza dichiara inammissibile un’istanza senza motivare adeguatamente la ragione della revoca precedente?
L’ordinanza è illegittima e può essere annullata dalla Corte di Cassazione. Come stabilito in questa sentenza, un riferimento generico alla ‘revoca’, senza specificare se rientri nelle ipotesi che giustificano il divieto triennale, costituisce un vizio di motivazione che impone un nuovo giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati