Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25955 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25955 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CROTONE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/10/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo giudizio.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 24 ottobre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Milano ha respinto le richieste, avanzate da NOME COGNOME, di affidamento in prova al servizio sociale, di semilibertà o di detenzione domiciliare in relazione alla pena di cui al cumulo emesso dalla Procura generale presso la Corte di appello di Milano in data 08/11/2022, e di sospensione o revoca dell’ordinanza emessa in data 04 ottobre 2023 dallo stesso Tribunale di sorveglianza.
Il Tribunale ha dato atto che una delle richieste riguarda l’ordinanza con cui lo stesso Tribunale, in data 23 gennaio 2023, aveva concesso all’istante l’affidamento in prova al servizio sociale per scontare la pena di cui ad un provvedimento di esecuzione emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio: l’UEPE aveva comunicato che egli non si era mai presentato né si era reso reperibile, e pertanto il Tribunale di sorveglianza, con l’ordinanza emessa il 04 ottobre 2023, aveva revocato il provvedimento annmissivo. L’istante sosteneva di avere tentato vanamente di mettersi in contatto con l’UEPE e chiedeva la revoca della predetta ordinanza, ma il Tribunale ha ritenuto non credibile la giustificazione da lui addotta, e non smentito, comunque, che egli non si fosse reso reperibile.
La seconda richiesta, di concessione di una misura alternativa alla detenzione in relazione ad un diverso cumulo di pena, è stata respinta per la pericolosità del condannato, dimostrata dalla gravità dei reati da lui commessi, per la sua inaffidabilità, dedotta dalla condotta tenuta in relazione alla precedente ammissione ad un beneficio, e per il fatto che la pena espianda, per i due provvedimenti di esecuzione in questione, supera i quattro anni di reclusione.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di motivazione, con violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod.proc.pen., quanto alla mancata revoca dell’ordinanza emessa il 04 ottobre 2023.
La motivazione dell’ordinanza è errata, in quanto il Tribunale afferma che egli avrebbe contattato l’UEPE inviando una mail ad un indirizzo sbagliato, ed invece l’indirizzo da lui utilizzato è quello corretto, mentre quello indicato dal Tribunale come giusto è un indirizzo PEC. Con quella mail egli comunicava all’UEPE i recapiti a cui poteva essere rintracciato, e ciò dimostra che egli intendeva rendersi reperibile, mentre’ non è significativa l’affermazione dell’UEPE
di non essere riuscito a contattarlo. La revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale può essere disposta in presenza di comportamenti contrari alla legge o alle prescrizioni, mentre la condotta del ricorrente dimostra che egli ha fatto il possibile per contattare l’UEPE, il quale non per colpa del ricorrente non ha ricevuto la mail contenente i suoi recapiti.
2.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione, con violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod.proc.pen., quanto al diniego dell’affidamento in prova richiesto in relazione al cumulo di pena emesso in data 08/11/2022.
Il provvedimento è contraddittorio e illogico, in quanto non giustifica il giudizio di pericolosità, che non era stato formulato nel concedere l’affidamento in prova per il precedente cumulo, cioè il beneficio poi revocato, benché dal certificato penale emergessero le medesime condanne. La giurisprudenza di legittimità, poi, ha affermato che la gravità del reato e i precedenti penali non possono, da soli, giustificare il diniego del beneficio.
Il diniego si fonda anche sul giudizio di inaffidabilità derivante dall’omessa presa di contatto con l’UEPE per l’esecuzione dell’affidamento in prova precedentemente concesso, ma tale motivazione, oltre ad essere errata per le ragioni già indicate nel primo motivo di ricorso, è insufficiente, non potendo tale condotta, anche se provata, costituire l’unico metro di giudizio.
2.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, quanto all’entità della pena da espiare.
L’ordinanza ritiene assorbente, per negare la concessione del beneficio, il requisito dell’entità della pena da espiare, che calcola sommando al cumulo emesso in data 08/11/2022 la pena di cui al provvedimento emesso dalla Procura di Busto Arsizio. Tale calcolo è errato, perché il cumulo emesso in data 08/11/2022 deve essere ritenuto comprensivo della sentenza di cui all’altro provvedimento di esecuzione, stante la pena complessiva indicata. La pena da espiare, quindi, è solo quella indicata nel cumulo datato 08/11/2022, pari a tre anni, sei mesi e 27 giorni di reclusione.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per un nuovo giudizio.
Il difensore ha depositato una memoria con cui, aggiornando la posizione del ricorrente, ha precisato che il pubblico ministero ha emesso un altro cumulo di pena, in cui ha esplicitato la presenza della condanna emessa dal Tribunale di Busto Arsizio ed ha calcolato una pena complessiva da espiare inferiore ai 4 anni di reclusione. In conseguenza di ciò, il pubblico ministero stesso ha disposto la scarcerazione del ricorrente. GLYPH Egli ha presentato una nuova istanza di
concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, sulla quale il Tribunale non ha ancora provveduto. Chiede ugualmente l’annullamento dell’ordinanza impugnata, essendo evidente la sua erroneità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, e deve essere accolto.
Preliminarmente deve ritenersi ancora sussistente l’interesse del ricorrente alla valutazione della correttezza o meno dell’ordinanza impugnata, nonostante i provvedimenti sopravvenuti e la presentazione di una nuova richiesta di ammissione in prova al servizio sociale, come da lui comunicato con la nota di aggiornamento depositata. L’affermazione della sua pericolosità, e le ragioni della revoca dell’affidamento in prova concessogli il 23 gennaio 2023, potrebbero riflettersi, infatti, sulle future decisioni in merito alla concedibilità di mis alternative alla detenzione, rendendo perciò sussistente l’interesse alla verifica della loro correttezza.
Il primo motivo di riCorso è fondato, quanto all’affermazione della correttezza dell’indirizzo mail dell’UEPE, al quale il ricorrente inviò i propri recapiti: esso risulta conforme, infatti, a quello riportato nell’apposito sito del Ministero della giustizia. GLYPH L’ordinanza impugnata, pertanto, è errata laddove sostiene che il ricorrente inviò la mail con i propri recapiti ad un indirizzo sbagliato, in quanto essa prende in esame non l’indirizzo nnail dell’UEPE, ma quello della sua posta certificata.
La conseguente affermazione del Tribunale, che l’UEPE ha vanamente cercato di contattare il ricorrente al fine di dare esecuzione all’ordinanza ammissiva del beneficio, è sicuramente corretta, ma non consente di trarne una valutazione negativa circa l’affidabilità e l’attendibilità del condannato. E’ infatt necessario, alla luce della correttezza dell’indirizzo attraverso il quale il COGNOME ha contattato l’UEPE ed ha comunicato i propri recapiti, verificare a quali indirizzi e numeri telefonici l’ufficio pubblico ha cercato di rintracciare l’affidato, non potendosi ritenere, qualora tali recapiti fossero diversi da quelli comunicati, che egli si sia volontariamente reso irreperibile.
Il Tribunale fonda l’affermazione di inaffidabilità del ricorrente anche sul fatto che egli avrebbe potuto facilmente contattare l’UEPE in altro modo, trattandosi di un ufficio pubblico, al quale egli avrebbe potuto accedere personalmente. L’omessa attivazione dell’interessato, oltre all’invio della mail contenente i propri recapiti, può essere valutata come una condotta negligente ma, stante la particolarità della vicenda, tale negligenza è insufficiente per trarne
una più generale affermazione di inaffidabilità, o di non meritevolezza del beneficio già concesso. Questa Corte, infatti, anche nel caso del condannato che, dopo aver sottoscritto il verbale contenente le prescrizioni disposte a suo carico, non si presenta mai al servizio sociale, rendendosi irreperibile, ha stabilito che tale comportamento «costituisce causa non di inefficacia ma di revoca della misura, se tale condotta è ritenuta sintomatica della inidoneità del soggetto ad essere risocializzato con il trattamento alternativo» (Sez. 1, n. 51879 del 13/09/2016, Rv. 268926), richiedendo quindi una specifica valutazione della rilevanza della condotta, senza procedere ad una revoca automatica del beneficio concesso.
Nel caso di specie, peraltro, il ricorrente non risulta avere mai proceduto neppure alla firma e alla ricezione del verbale previsto dall’art. 47, comma 5, Ord.pen., contenente le prescrizioni della misura, e dal quale decorre l’esecuzione della pena in tale regime alternativo, per cui la revoca dell’ordinanza ammissiva è stata pronunciata non ai sensi dell’art. 47, comma 11, Ord.pen, cioè per un comportamento del condannato contrario alla legge o alle prescrizioni, ma come conseguenza della inefficacia del provvedimento stesso.
Le ragioni giustificative della revoca pronunciata con l’ordinanza emessa in data 04 ottobre 2023, pertanto, avrebbero dovuto essere rivalutate, previa l’esatta ricostruzione del comportamento del condannato e delle sue motivazioni.
3. Anche il secondo motivo del ricorso è fondato.
Il Tribunale ha respinto la richiesta di concessione dell’affidamento in prova in relazione al cumulo di pena emesso dalla Procura generale presso la Corte di appello di Milano in data 08/11/2022 affermando la pericolosità sociale dell’istante, dedotta esclusivamente dai gravi delitti in esecuzione.
Questa motivazione è insufficiente e illogica.
In primo luogo il condannato risulta avere richiesto, in via subordinata, anche le misure alternative della detenzione domiciliare e della semilibertà, sulla cui concedibilità l’ordinanza non esprime alcuna valutazione. Quanto alla concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, l’art. 47 Ord.pen. consente di applicare tale misura alternativa «nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento stesso … contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione dal pericolo che egli commetta altri reati», ma non menziona, tra i requisiti, la necessità di una particolare natura dei reati per i quali il soggetto è stato condannato.
Questa Corte ha affermato che «Ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di
partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, Rv. 278174). Il Tribunale non ha effettuato tale più completa valutazione, nonostante la risalenza nel tempo di alcuni dei reati per i quali l’istante è stato condannato, ed ha espresso, senza motivarlo, un giudizio contraddittorio rispetto all’ordinanza con cui, in data 23 gennaio 2023, lo aveva ammesso al beneficio in questione, pur avendo egli già riportato le medesime condanne definitive.
4. E’ fondato, infine, il terzo motivo di ricorso.
L’ordinanza impugnata, pur motivando il diniego della concessione del beneficio anche con l’asserita pericolosità sociale dell’istante, dichiara assorbente, ai fini della sua non concedibilità, il calcolo della complessiva pena espianda, che il Tribunale stesso effettua sommando, alla residua pena posta in esecuzione con il provvedimento emesso dalla Procura generale presso la Corte di appello di Milano in data 08/11/2022, quella posta in esecuzione con il provvedimento emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio.
Il ricorrente sostiene che tale calcolo è errato, perché il provvedimento di cumulo emesso dalla Procura generale di Milano in data 08/11/2022 contiene già la pena di cui al provvedimento di esecuzione emesso dalla Procura di Busto Arsizio, pur non esplicitando quest’ultimo nell’elenco delle condanne poste in esecuzione. L’affermazione è dubbia, dal momento che la mancata indicazione di tale condanna non dà la certezza che essa sia stata richiamata in quel provvedimento e che non permanga, quindi, una separata sentenza ancora da eseguire. E’ vero, però, che il calcolo della pena complessiva, relativa alle sentenza elencate nel cumulo emesso in data 08/11/2022, è palesemente errato per eccesso. Il Tribunale, pertanto, avrebbe dovuto previamente verificare la correttezza di tale provvedimento, non potendo ricavarne la certezza di una pena espianda complessivamente superiore ai quattro anni di reclusione, soprattutto alla luce della severità del provvedimento assunto a seguito dell’asserita entità di tale pena complessiva, peraltro calcolata, dallo stesso Tribunale, in modo presuntivo.
L’emissione di un nuovo provvedimento di cumulo da parte della Procura generale presso la Corte di appello di Milano, a cui il difensore del ricorrente ha
6 GLYPH
o’
fatto cenno nella memoria successivamente depositata, consentirà di verificar con esattezzà l’entità della pena da espiare, sicuramente rilevante ai fini concedibilità della misura alternativa richiesta.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve, pertant essere accolto in tutti i suoi motivi, e l’ordinanza impugnata deve ess annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Milano per un nuovo giudizio da svolgersi con piena libertà valutativa, ma nel rispetto dei principi s puntualizzati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Milano
Così deciso il 17 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente