Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11942 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11942 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 179/2025
EVA TOSCANI
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 06/12/1971
avverso l’ordinanza del 29/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata nel preambolo il Tribunale di sorveglianza di Roma ha revocato a partire dal 9 marzo 2024, data della prima violazione delle prescrizioni, la misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali, concessa a NOME COGNOME con provvedimento del 15 novembre 2023.
A ragione della decisione osserva che il condannato, in costanza di applicazione della misura, era stato diffidato due volte per avere violato le prescrizioni e, piø di recente, era stato denunciato per furto aggravato di energia elettrica.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore avv. NOME COGNOME ha articolato un unico motivo per vizio di motivazione, articolato in due diverse censure.
2.1. Con la prima lamenta che l’ordinanza impugnata ha attribuito rilevanza decisiva alla denunzia per furto; ha, invece, trascurato che la manomissione del contatore in dotazione alla sua abitazione, che ha determinato la consumazione del reato, Ł stata compiuta in epoca antecedente alla concessione del beneficio.
Pertanto, contrariamente a quanto osservato dal Tribunale, non può dirsi accertata l’inadeguatezza dell’intero processo rieducativo, presupposto indefettibile per disporre la revoca, anche in caso di violazioni della legge penale e delle prescrizioni, così come affermato dalla richiamata giurisprudenza di legittimità.
2.2. Con la seconda censura si duole che il Tribunale non ha fornito alcuna motivazione in ordine all’efficacia ex tunc della disposta revoca e, conseguentemente, in ordine al calcolo della pena detentiva residua. Non Ł pertinente il riferimento alle precedenti violazioni delle prescrizioni perchØ relative ad episodi non ricostruiti in termini di certezza e, comunque, ritenuti meritevoli solo di diffida.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La prima censura, relativa ai presupposti della revoca della misura alternativa, Ł priva di fondamento.
1.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la revoca della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, come correttamente ricordato dal ricorrente, non Ł rapportato dall’ordinamento alla pura e semplice violazione della legge penale o delle prescrizioni dettate dalla disciplina della misura stessa, ma all’ipotesi che il giudice, nel suo insindacabile apprezzamento di fatto, ritenga che la violazione commessa costituisca in concreto un fatto incompatibile con la prosecuzione della prova (tra le altre, Sez. 1, 13376 del 18/2/2019, COGNOME, Rv. 275239; Sez. 1, n. 27713 del 6/6/2013, COGNOME, Rv. 256367; Sez. 1, n. 27711 del 6/6/2013, COGNOME, Rv. 256479).
In tal modo, il giudizio sulla revoca, pur in presenza di un comportamento del soggetto contrario alle prescrizioni, Ł rimesso alla discrezionalità del Tribunale di sorveglianza, che ha solo l’obbligo di giustificare logicamente e adeguatamente l’uso del potere conferitogli. Tale principio Ł coerente con il testo della legge, e, in particolare, con la previsione dell’art. 47 Ord. Pen., comma 11, secondo cui l’affidamento Ł revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova, ed Ł anche correlato con l’affermazione, pure ricorrente nella giurisprudenza di questa Corte, che, nel procedimento di sorveglianza finalizzato alla revoca dell’affidamento, possono essere valutati fatti storici costituenti ipotesi di reato riferibili al condannato senza necessità di attendere la .definizione del relativo procedimento penale, ove se ne tragga la coerente e motivata conclusione di una interruzione del percorso di risocializzazione (tra le altre, Sez. 1, n. 33089 del 10/5/2011, Assisi, Rv. 250824, e, in genere, per la valutazione della meritevolezza dei benefici penitenziari, tra le altre, Sez. 1, n. 42571 del 19/4/2013, COGNOME, Rv. 256695; Sez. 1, n. 6989 del 9/12/1999, COGNOME A., Rv. 215125; Sez. 1, n. 2008 del 31/3/1995, COGNOME, Rv. 201368).
1.2. PoichØ il tratto distintivo della revoca Ł costituito dalla natura sanzionatoria e dagli effetti impeditivi dell’ulteriore svolgimento dell’esperimento della prova alla luce della condotta tenuta dal condannato nel corso della misura, nel giudizio sulla sussistenza dei presupposti il Tribunale Ł chiamato a valutare la gravità di singoli, specifici, episodi per verificare se essi siano incompatibili con la prosecuzione della prova, laddove per stabilirne l’esito deve procedere a una valutazione globale dell’intero periodo per decidere se sia o no avvenuto il recupero 3 sociale del condannato (tra le altre, Sez. 1, n. 30525 del 30/6/2010, COGNOME, Rv. 248376 – 01; Sez. 1, n. 1180 del 17/2/2000, COGNOME, Rv. 215706 – 01).
1.3. E’ pacifico anche l’indirizzo ermeneutico secondo cui nel procedimento di sorveglianza possono essere valutati anche fatti costituenti mere ipotesi di reato, senza la necessità di attendere la definizione del relativo procedimento penale, rilevando la sola valutazione della condotta del condannato, al fine di stabilire se lo stesso, a prescindere dall’accertamento giudiziale sulla sua responsabilità penale, sia meritevole dei benefici penitenziari richiesti (Sez. 1, n. 42571 del 19 3 aprile 2013, COGNOME, n.m.; Sez. 1, n. 33089 del 10/05/2011, Assisi, Rv. 250824; Sez. 1, n. 37345 del 27/09/2007, COGNOME, Rv. 237509).
1.4. Ciò posto, rileva il Collegio che, nel caso specifico, il Tribunale di sorveglianza ha, con argomenti non manifestamente illogici, disposto la revoca della misura alternativa, apprezzando, in modo logico, la natura dell’ultima e piø grave violazione delle prescrizioni (furto di energia elettrica o, comunque, godimento, gratuito ed illecito, dell’energia elettrica ottenuto attraverso la manomissione del contatore di cui Ł intestatario per tutto il tempo di durata della misura), ritenendola del tutto incompatibile con la prosecuzione dell’affidamento in prova, alla luce della condotta tenuta in precedenza, non esente da problematiche che avevano reso necessario due diffide, per avere il condannato consentito l’accesso nella sua abitazione a terze persone, abusato di alcolici e tenuto un comportamento offensivo ni confronti dei miliari deputati ai controlli.
A tali argomentazioni la difesa del ricorrente nulla di concreto ha opposto, limitandosi a sollecitare un diverso apprezzamento dei medesimi elementi fattuali già considerati recessivi e prospettandone una lettura alternativa indicata come piø plausibile.
La seconda censura, incentrata sulla decorrenza della revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale, Ł parimenti infondata.
2.1. La Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 343 del 1987, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale del decimo comma dell’art. 47 Ord. pen. nella parte in cui, in caso di revoca del provvedimento di ammissione all’affidamento in prova per comportamento incompatibile con la prosecuzione della prova, non stabilisce gli effetti conseguenti, ha affermato che il Tribunale di Sorveglianza, una volta disposta la revoca della misura alternativa, deve procedere a determinare la residua pena detentiva ancora da espiare sulla scorta di una valutazione discrezionale, da condurre in considerazione della durata delle limitazioni patite dal condannato e del comportamento tenuto durante l’intero corso dell’esperimento.
La Consulta, effettuata la ricognizione dei contrapposti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali sulle conseguenze della revoca della misura, ha rilevato l’incongruenza delle posizioni sino ad allora affermatesi: – quella maggioritaria che, assegnando all’affidamento in prova una funzione essenzialmente rieducativa, riteneva che la revoca per il fallimento dell’esperimento avesse effetto retroattivo e determinasse il ripristino dell’originario rapporto punitivo, non tenendo conto del contenuto sanzionatorio delle prescrizioni inerenti la misura, limitative della libertà personali e quindi necessariamente oggetto di valutazione in sede di revoca per stabilire quanto dovesse ancora essere espiato, per cui il non tenerne conto si sarebbe posto in contrasto col disposto dell’art. 13 Cost.; – quella minoritaria che, basata sulla equiparazione dell’affidamento in prova all’espiazione della pena, di cui costituirebbe una modalità esecutiva, nel ritenere che il periodo scontato andasse in ogni caso scomputato per intero dalla pena residua, avrebbe introdotto ingiustificate parificazioni di trattamento tra la diversa situazione di coloro hanno violato le leggi o le regole imposte sin dall’inizio e quanti vi erano incorsi nel periodo conclusivo dell’esperimento e avrebbe finito per eliminare la natura sanzionatoria e la funzione preventiva della revoca con la conseguente disincentivazione alla regolarità della condotta dell’affidato, in contrasto con la funzione rieducativa della misura.
Il Giudice delle leggi ha, quindi, omesso di prendere posizione in favore di una o piuttosto che dell’altra delle opinioni, ma ha posto l’accento sulla variabilità delle situazioni individuali di trasgressione delle norme di legge o delle prescrizioni inerenti la misura, per cui, nell’assenza di una definizione normativa di “comportamento incompatibile con la prosecuzione della prova”, secondo la dizione letterale dell’art. 47 Ord. pen., causa di revoca, il relativo provvedimento richiede un diversificato apprezzamento del comportamento e della violazione in relazione all’incisività delle regole imposte ed infrante.
La consapevolezza dell’esistenza di una “zona grigia”, ossia intermedia tra la condotta trasgressiva sin dall’inizio della sottoposizione alla misura e quella diligentemente rispettosa sino a
quasi la conclusione del periodo di espiazione, cui soltanto all’ultimo segua una violazione comportante la revoca, nonchØ il richiamo kr.N2 ai principi di proporzionalità ed individualizzazione della pena ha giustificato la soluzione prescelta di affidare al giudizio del Tribunale di Sorveglianza il compito di stabilire, caso per caso, la durata della residua pena detentiva da scontare in ragione “sia del periodo di prova trascorso dal condannato nell’osservanza delle prescrizioni imposte e del concreto carico di queste, sia della gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato luogo alla revoca” (Corte Costituzionale, sentenza n. 343 del 29/10/1987).
2.2. La giurisprudenza di legittimità, in sintonia con le coordinate fissate dalla Corte costituzionale, ha fissato il principio per cui, ai fini della determinazione del residuo periodo di pena da espiare, il Tribunale di sorveglianza deve espressamente motivare, prendendo in esame non solo la gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato ad essa luogo, ma anche la condotta complessivamente tenuta dal condannato durante il periodo di prova trascorso e 3 la concreta incidenza delle prescrizioni imposte a suo carico (Sez. 1, n. 19398 del 14/12/2016, dep. 2017, COGNOME; Sez. 1, n. 490 del 03/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265859-01; Sez. 1, n. 9314 del 19/02/2014, COGNOME, Rv. 259474- 01).
Conseguentemente la revoca, con effetto retroattivo (o parzialmente tale), nell’esercizio di un ampio potere discrezionale, potrà essere disposta quando il comportamento del condannato riveli, da data antecedente la decisione, l’inesistente adesione al processo rieducativo (v. Sez. 1, n. 34565 del 12/04/2007, Frau).
2.3. Il provvedimento impugnato ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati, seguendo un iter motivazionale che non presta il fianco alle proposte censure.
Il Tribunale ha, infatti, fatto decorrere l’efficacia retroattiva della revoca dalla prima violazione, quella del 9 marzo 2024, che aveva reso necessaria la diffida, plausibilmente ritenendo che, quanto meno, a partire da quel momento, tenuto conto della condotta inosservante delle regole tenuta successivamente nonchØ della protrazione nel tempo di quella piø grave (lo sfruttamento della manomissione del contatore, a dire della difesa, sarebbe iniziato in coincidenza con l’esecuzione della misura), il condannato non aveva piø aderito al progetto di risocializzazione della misura sia dell’incontestato ridotto carattere afflittivo che aveva caratterizzato il regime di affidamento.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 27/02/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME