Revoca Affidamento in Prova: La Cassazione sul Nuovo Reato e l’Effetto Retroattivo
L’affidamento in prova ai servizi sociali rappresenta una fondamentale misura alternativa alla detenzione, mirata al reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la sua prosecuzione è condizionata al rispetto di precise prescrizioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 21690/2024) affronta un tema cruciale: le conseguenze della commissione di un nuovo, grave reato durante il periodo di prova, e in particolare la legittimità della revoca affidamento in prova con effetto retroattivo (ex tunc).
I Fatti del Caso
Il caso esaminato riguarda un individuo ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova. Durante l’esecuzione del programma di reinserimento, la stessa persona veniva sottoposta a fermo di indiziato di delitto per il reato di tentata rapina, aggravata dall’uso di un’arma da taglio.
In seguito a questo grave episodio, il Tribunale di Sorveglianza competente decideva di revocare l’affidamento in prova. La particolarità della decisione risiedeva nella sua efficacia: la revoca veniva disposta ex tunc, ovvero con effetto retroattivo, come se la misura non fosse mai stata concessa. Il Tribunale motivava tale scelta ritenendo che la commissione di un reato di tale gravità dimostrasse una mancata adesione, sin dall’inizio, al percorso di risocializzazione. L’interessato proponeva quindi ricorso per Cassazione contro tale ordinanza.
La Decisione della Corte sulla revoca affidamento in prova
La Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile e manifestamente infondato, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Secondo gli Ermellini, le doglianze del ricorrente si traducevano in una richiesta di nuova valutazione del merito dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità.
La Corte ha ribadito che il giudice di sorveglianza gode di ampi poteri discrezionali nel valutare la condotta del soggetto in prova. Tale valutazione può includere anche fatti che costituiscono ipotesi di reato, senza la necessità di attendere una sentenza di condanna definitiva, purché tali fatti siano pertinenti a dimostrare un’incompatibilità con il trattamento rieducativo.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Cassazione si articola su alcuni punti cardine che chiariscono i presupposti per una revoca affidamento in prova con efficacia retroattiva.
1. Sintomo di un Fallimento Totale: La Corte ha considerato la decisione del Tribunale di Sorveglianza come non manifestamente illogica. L’episodio della tentata rapina, per la sua intrinseca gravità e per le modalità di commissione, è stato ritenuto un indicatore inequivocabile del fatto che il soggetto non avesse mai interiorizzato i valori del percorso rieducativo. Non si è trattato di una semplice violazione delle prescrizioni, ma di un comportamento che ha rivelato un “fallimento totale della prova”.
2. Principio di Retroattività: La scelta di applicare l’effetto ex tunc alla revoca è stata giudicata in piena sintonia con i principi costituzionali e con la giurisprudenza consolidata. Quando la violazione è così grave da essere sintomatica di una mancata adesione originaria al programma, la revoca retroattiva è giustificata. In pratica, si accerta che le condizioni per il successo della misura non sono mai esistite, e di conseguenza il tempo trascorso in affidamento non può essere considerato come pena utilmente scontata.
3. Limiti del Giudizio di Legittimità: Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, nel contestare la motivazione, il ricorrente non si è confrontato con la reale giustificazione del provvedimento (la gravità del fatto come sintomo di fallimento), ma ha tentato di ottenere una riconsiderazione delle circostanze di fatto, estranea alle competenze della Corte di Cassazione.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in commento ribadisce un principio di notevole importanza pratica: la commissione di un nuovo reato durante l’affidamento in prova può avere conseguenze devastanti per il condannato. Se il nuovo crimine è ritenuto particolarmente grave e indicativo di una persistente pericolosità sociale, i giudici di sorveglianza hanno il potere non solo di interrompere la misura alternativa, ma di annullarla retroattivamente.
Questa decisione sottolinea che l’affidamento in prova non è un diritto acquisito, ma una possibilità condizionata a un’adesione seria e concreta al percorso di reinserimento. Un comportamento radicalmente antitetico a tale percorso può portare alla conclusione che la fiducia accordata dallo Stato era, fin dal principio, mal riposta, con la conseguente perdita di ogni beneficio derivante dalla misura.
La commissione di un nuovo reato durante l’affidamento in prova comporta sempre la sua revoca?
Non automaticamente, ma il Tribunale di Sorveglianza ha il potere discrezionale di valutare la gravità del nuovo fatto, anche prima di una condanna definitiva. Se il reato è ritenuto espressione di un atteggiamento incompatibile con il percorso rieducativo, il tribunale può disporre la revoca della misura.
In quali casi la revoca dell’affidamento in prova ha effetto retroattivo (ex tunc)?
La revoca ha effetto retroattivo quando la violazione commessa è talmente grave da essere considerata un sintomo del fallimento totale e originario del programma di risocializzazione. Ciò significa che il giudice ritiene che il condannato non abbia mai aderito sinceramente al percorso fin dall’inizio, e quindi il tempo trascorso in prova non viene conteggiato come pena scontata.
È possibile contestare la valutazione di merito del Tribunale di Sorveglianza ricorrendo in Cassazione?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti. Il ricorso in Cassazione è un giudizio di legittimità, limitato al controllo della violazione di legge o della manifesta illogicità della motivazione. Le valutazioni discrezionali del giudice di merito, se adeguatamente motivate, non sono sindacabili.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21690 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21690 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROSSANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata.
Rilevato che l’unico motivo proposto da NOME COGNOME, pur strutturato come denuncia del vizio di violazione di legge nonché di insufficienza della motivazione, sollecita, nella sostanza, apprezzamenti di merito estranei al giudizio di legittimità, ed è comunque manifestamente infondato.
Il Tribunale di sorveglianza – nell’esercizio dei poteri discrezional riconosciutigli dall’ordinamento e facendo buon governo del principio per cui nel procedimento di sorveglianza possono essere valutati anche fatti costituenti ipotesi di reato, senza la necessità di attendere la definizione del relativo procedimento penale, a condizione che il giudice ne valuti la pertinenza rispetto al trattamento rieducativo, in quanto espressione di un atteggiamento incompatibile con l’adesione allo stesso da parte del detenuto (Sez. 1, n. 33848 del 30/04/2019, COGNOME Bello, Rv. 276498 – 01), ha fondato la decisione di revocare l’affidamento in prova ai servizi sociali con decorrenza ex tunc sulla circostanza che l’affidato, nel corso dell’esecuzione, era stato sottoposto a fermo perché gravemente indiziato del reato di tentata rapina commesso con l’uso di un coltello a serramanico. Da tale episodio di indubbia gravità il Tribunale ha tratto la convinzione non manifestamente illogica che COGNOME, fin dall’inizio dell’esecuzione della misura, non aveva aderito al programma di risocializzazione.
Il ricorrente, nel contestare la motivazione a sostegno dell’efficacia retroattiva della revoca, non si confronta con la reale giustificazione del provvedimento impugnato che, in piena sintonia con i principi espressi dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 343 del 29 ottobre 1987 e da questa Corte di legittimità (Sez. 1, n. 490 del 03/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265859 – 01; Sez. 1, n. 36470 del 29/04/2021, COGNOME, Rv. 282007 – 01), ha valorizzato non solo la gravità delle violazioni, ritenuta sintomatica del fallimento totale della prova, ma anche la afflittività delle prescrizioni imposte con la misura alternativa.
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma
18 aprile 2024 Consigliere estensore COGNOME
Il
Presidente