Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22951 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22951 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/08/2023 del TRIB.SORV.MILITARE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sent4c le conclusioni del PG
Il Procuratore generale militare, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 3 marzo 2023 del Tribunale militare di sorveglianza di Roma, che ha revocato la misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova precedentemente concessa con ordinanza del 10 luglio 2023 relativamente alla pena di anno uno e mesi due di reclusione militare di cui alla sentenza del Tribunale militare di Verona del 13 novembre 2017, definitiva il 6 febbraio 2018.
Il ricorrente articola tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, denuncia vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale di sorveglianza avrebbe revocato la misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova senza alcuna valida ragione e in maniera del tutto automatica.
Dalla lettura del fascicolo, infatti, si evincerebbe che il mancato rispetto delle prescrizioni imposte erano state precedute da un’istanza con la quale lo stesso COGNOME aveva comunicato al Magistrato di sorveglianza i suoi spostamenti territoriali: le violazioni, pertanto, erano state la risultante di un’interpretazio superficiale, frettolosa e, in ogni caso, di natura colposa del condannato, tanto da non giustificare un provvedimento di revoca della misura.
Secondo il ricorrente, infatti, il Tribunale di sorveglianza avrebbe – per esempio – potuto valutare la concessione di una diversa e più contenitiva misura alternativa alla detenzione.
Il Tribunale di sorveglianza, poi, non avrebbe tenuto conto del fatto che, all’udienza del 3 agosto 2023, era stata depositata documentazione dalla quale si evinceva che il condannato, nell’unico giorno nel quale aveva violato le prescrizioni, aveva svolto attività lavorativa e di volontariato.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 613, comma 1, cod. proc. pen., perché il Tribunale di sorveglianza avrebbe erroneamente riqualificato come memorie difensive i due ricorsi presentati personalmente dal condannato avverso l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza.
Nel ricorso si evidenzia, infatti, che i suddetti ricorsi – in ordine ai quali, ogni caso, la parte aveva depositato rinuncia – erano inammissibili, in quanto depositati dalla parte personalmente, e, quindi, inutilizzabili. P
2.3. Con il terzo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale di sorveglianza non si sarebbe espresso in ordine all’istanza subordinata con la quale la difesa, all’udienza camerale, aveva chiesto l’applicazione della gradata misura alternativa della detenzione domiciliare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti che seguono.
1.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Osserva preliminarmente il Collegio che il motivo di ricorso in esame non individua singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, ma tende a provocare la rivalutazione dei presupposti per la revoca del beneficio penitenziario dell’affidamento in prova al servizio sociale, che risultano vagliati dal Tribunale di sorveglianza in conformità delle risultanze processuali e delle informazioni acquisite.
Ai sensi dell’art. art. 47, comma 11, Ord. pen., la misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova è revocata qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova.
È la stessa conformazione normativa dell’istituto a richiedere, dunque, la costante verifica della effettività del percorso di risocializzazione, in rapporto al quale le condotte illecite o violatrici delle prescrizioni – compiute dal soggetto ammesso – possono comportare la revoca della misura, essenzialmente in rapporto alla rivalutazione della prognosi favorevole originariamente formulata.
Va, infatti, ricordato che l’affidamento in prova al servizio sociale implica la formulazione di una prognosi favorevole in tema di prevenzione dal pericolo di commissione di ulteriori reati e di esito positivo del percorso di risocializzazione (Sez. 1, n. 1088 del 14/02/1997, Cordelli, Rv. 207214).
Nel caso di specie, nel ricorso non ci si confronta con il provvedimento impugnato, nella parte in cui il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che COGNOME il 14 luglio 2023 non era stato rinvenuto presso il suo domicilio, essendosi lo stesso recato presso altra località al di fuori della Regione.
Dalla relazione comportamentale, inoltre, era emerso che il condannato era in parte inconsapevole della gravità delle proprie azioni, da lui giustificate da un’asserita incomprensione delle prescrizioni ricevute.
Secondo il Tribunale di sorveglianza, quindi, COGNOMECOGNOME COGNOME aver depositato un’istanza con la quale, tra le altre, aveva chiesto l’autorizzazione ad allontanarsi dal proprio domicilio, senza attendere le indicazioni del Magistrato di sorve lianza
e senza avvisare i Carabinieri deputati al controllo della corretta esecuzione della misura, si era autonomamente allontanato dal domicilio per recarsi in un immobile al di fuori della regione.
Così facendo, il condannato aveva dimostrato un atteggiamento di insofferenza verso gli obblighi imposti dall’Autorità.
1.2. La doglianza di cui al secondo motivo di ricorso è del tutto generica e come tale è inammissibile: essa lamenta l’erronea riqualificazione degli scritti redatti di pugno da COGNOME, senza indicare con chiarezza in che modo la loro mancata valutazione avrebbe potuto scardinare il tessuto logico del provvedimento impugnato.
1.3. Il terzo motivo di ricorso è fondato, atteso che appare inadeguata la motivazione sulla richiesta subordinata di sostituzione della misura dell’affidamento con quella della detenzione domiciliare.
Il mero riferimento nella parte finale di pag. 5 del provvedimento impugnato al disposto dell’art. 58 -quater, commi 2 e 3, Ord. pen., infatti, non esonera il giudice dal valutare le ragioni di merito esposte dall’istante sulla base della copiosa documentazione depositata dalla difesa in data 3.8.2023 con la quale si ritiene dimostrato che l’unico giorno della violazione delle prescrizioni da parte del COGNOME egli si sarebbe dedicato allo svolgimento di attività lavorativa e di volontariato e che in base agli elementi in parte positivi esposti nella relazione dell’UEPE del 31.7.2023 potevano essere tenuti in considerazione agli effetti dell’accoglimento della richiesta subordinata, atteso che la revoca dell’affidamento in prova non pone secondo il Collegio una immediata inconciliabilità assoluta con la detenzione domiciliare, per il prevalere dei criteri di adeguatezza e proporzione nella concessione delle misure alternative alla detenzione, che deve operare anche in caso di revoca.
Il divieto di cui agli artt. 58 -quater commi 1, 2 e 3 Ord. pen. è scevro da automatismi, alla luce dei principi costituzionali e delle argomentazioni esposte dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 187 del 18 luglio 2019, che ne ha parzialmente dichiarato l’illegittimità costituzionale in caso di revoca dell’affidamento in prova ai servizi sociali, sicché è sempre necessaria una valutazione del giudice di merito prendendo in esame le esigenze del condannato e del nucleo familiare nel quale lo stesso è positivamente inserito, per come indicato nelle relazioni dell’Uepe sul comportamento tenuto dal COGNOME 20.12.2017 al 20.7.2023 ed in particolare nella relazione redatta dal Capo Nucleo Osservazione Detenuti del 31 luglio 2023, per una eventuale diversa modulazione delle misure alternative alla detenzione, sulla base del giudizio prognostico che può essere formulato dal giudice con tutti gli elementi a disposizione; in questo
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stesso ordine di idee è l’attuale orientamento della giurisprudenza di legittimità, come Sez. 1, n. 16822 del 20/12/2022, Pattaro, Rv. 284500.
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte annulla con rinvio l’ordinanza impugnata, limitatamente alla richiesta subordinata con la quale COGNOME aveva chiesto l’applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla detenzione domiciliare con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale militare di sorveglianza. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 31/01/2024