Revoca Affidamento in Prova: La Cassazione Conferma la Linea Dura
L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta una fondamentale opportunità di reinserimento per chi ha commesso un reato. Tuttavia, questa fiducia concessa dallo Stato non è incondizionata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i presupposti che giustificano una revoca affidamento in prova, anche con effetto retroattivo, quando il comportamento del condannato tradisce le finalità rieducative della misura. Analizziamo insieme la vicenda.
I Fatti del Caso
Un soggetto, già condannato per reati di ricettazione e riciclaggio, stava scontando la sua pena in affidamento in prova al servizio sociale. Durante questo periodo, anziché dimostrare un’effettiva partecipazione al percorso di rieducazione, è stato coinvolto in un nuovo procedimento penale per furto aggravato e ancora riciclaggio. Le nuove attività illecite, svolte tra maggio e novembre 2023, hanno portato all’applicazione di una misura cautelare (l’obbligo di dimora).
La Decisione del Tribunale di Sorveglianza e il Ricorso
Il Tribunale di Sorveglianza di Venezia, valutando la situazione, ha deciso di revocare l’affidamento in prova. La motivazione era chiara: il nuovo coinvolgimento in attività criminali, peraltro nello stesso ambito di quelle per cui era stato condannato e con un ruolo di primo piano, dimostrava una pericolosità sociale ancora presente e una totale assenza di ravvedimento. Contro questa decisione, il difensore del condannato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione sia sulla revoca sia sulla sua efficacia retroattiva (ex tunc).
Le Motivazioni della Cassazione sulla revoca affidamento in prova
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile e manifestamente infondato. I giudici supremi hanno pienamente condiviso l’analisi del Tribunale di Sorveglianza. La Corte ha sottolineato come il comportamento del condannato fosse indicativo di una “perdurante attività illecita”. Nonostante avesse un lavoro e fosse sottoposto a una misura alternativa, egli ha continuato a operare nel “mercato illecito con indubbia professionalità”, dimostrando una spiccata pericolosità specifica.
La condotta, secondo la Corte, è la prova che l’individuo non si è mai allontanato dalle “logiche delinquenziali”, vanificando completamente lo scopo dell’affidamento. Di fronte a un quadro così negativo, la revoca affidamento in prova non solo è legittima, ma necessaria. Anche la retroattività (ex tunc) della revoca è stata ritenuta corretta, giustificata dalla gravità dei nuovi fatti e dal breve tempo trascorso in misura alternativa, un periodo evidentemente non sfruttato per un reale cambiamento.
Le Conclusioni: Quando la Fiducia Viene Meno
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale nell’esecuzione della pena: le misure alternative alla detenzione si basano su un patto di fiducia tra lo Stato e il condannato. Quando questo patto viene violato con la commissione di nuovi reati, che dimostrano la persistenza nel crimine, la risposta dell’ordinamento è severa. La revoca affidamento in prova diventa l’inevitabile conseguenza del fallimento del percorso rieducativo, con la conseguenza che il tempo trascorso in prova non viene conteggiato e il condannato dovrà scontare la pena residua in detenzione.
Perché è stata disposta la revoca dell’affidamento in prova?
La revoca è stata disposta perché il condannato, durante il periodo di prova, è stato coinvolto in un nuovo procedimento penale per gravi reati (furto aggravato e riciclaggio). Questo ha dimostrato la sua persistente attività illecita e il fallimento del percorso rieducativo.
Cosa significa che la revoca ha effetto “ex tunc”?
Significa che la revoca è retroattiva. Il periodo che il condannato ha trascorso in affidamento in prova viene annullato e non viene considerato come pena scontata, come se la misura non fosse mai stata concessa.
Quali elementi ha considerato la Corte per ritenere il ricorso inammissibile?
La Corte ha considerato il ricorso inammissibile perché le censure erano manifestamente infondate e ripetitive di argomenti già esaminati. Inoltre, ha ritenuto che la motivazione del Tribunale di Sorveglianza fosse logica e completa, evidenziando come la nuova condotta criminale del soggetto dimostrasse in modo inequivocabile la sua pericolosità e l’assenza di adesione al programma rieducativo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2534 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2534 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VICENZA il 25/05/1974
avverso l’ordinanza del 12/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Rilevato che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME nel quale il difensore si duole del vizio di motivazione in relazione alla revoca dell’ordinanza di ammissione all’affidamento, nonché alla decorrenza ex tunc della stessa, sono manifestamente infondate, oltre che reiterative di profili già affrontati nell’ordinanz impugnata.
Invero, il Tribunale di sorveglianza di Venezia, confrontandosi con tutti i riliev difensivi svolti in quella sede, osserva che: – il condannato, sottoposto ad affidamento in prova al servizio sociale in relazione a pena comminata per reati di ricettazione e riciclaggio accertati il 2.11.15, non ha dato prova di una fattiva partecipazione all’opera di rieducazione, tenuto conto del suo coinvolgimento in un recente procedimento della Procura presso il Tribunale di Padova in ordine a reati di furto aggravato e riciclaggio, commessi dal maggio 2023 sino al novembre 2023, esitato con applicazione nei suoi confronti della misura cautelare dell’obbligo di dimora; tale coinvolgimento è indicativo della perdurante attività illecita svolta, peraltro co ruolo apicale e proprio nel medesimo contesto che lo aveva già visto condannato per i fatti in espiazione; – nonostante lo svolgimento di attività lavorativa e la misu alternativa in corso, COGNOME ha continuato ad operare con indubbia professionalità nel mercato illecito, a riprova della sua spiccata pericolosità specifica; – la condott tenuta è dimostrativa del fatto che il condannato non si è mai allontanato da determinate logiche delinquenziali, dando così vita al rischio concreto di reiterazione di condotte illecite del medesimo tipo; – le ragioni della revoca e il breve periodo trascorso in misura alternativa alla detenzione giustificano la revoca ex tunc della stessa. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Osservato, pertanto, che il ricorso – che genericamente contesta dette argomentazioni – deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.