Revoca Affidamento in Prova: Quando le Nuove Denunce Fanno Crollare il Percorso di Recupero?
L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta un’importante opportunità di reinserimento per chi ha commesso un reato. Tuttavia, questa fiducia concessa dallo Stato non è incondizionata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi che regolano la revoca affidamento in prova, chiarendo come nuove condotte illecite, anche se non ancora accertate con sentenza definitiva, possano essere sufficienti a dimostrare il fallimento del percorso rieducativo.
Il caso esaminato riguarda un soggetto al quale era stata revocata la misura alternativa a causa di nuove denunce per truffa e frode informatica. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti di Causa
Un individuo, ammesso alla misura dell’affidamento in prova, si è visto revocare il beneficio dal Tribunale di Sorveglianza. La decisione si basava su una serie di nuove denunce a suo carico per reati come truffa e frode informatica. Secondo il Tribunale, queste nuove accuse indicavano una “recrudescenza della devianza”, dimostrando che il processo di recupero e rieducazione era di fatto fallito.
L’interessato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la decisione fosse illegittima. La sua difesa si basava su due punti principali:
1. Le nuove contestazioni erano ancora in una fase embrionale e non vi era alcuna condanna definitiva.
2. Aveva sporto denuncia per lo smarrimento della propria carta d’identità, suggerendo di essere estraneo ai fatti e, anzi, una vittima di un uso illecito del suo documento.
In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Suprema Corte di riconsiderare gli elementi a suo carico, offrendo una lettura alternativa dei fatti che avrebbe dovuto portare a una conclusione diversa.
La Decisione della Corte di Cassazione e la revoca affidamento in prova
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Gli Ermellini hanno ritenuto la doglianza del ricorrente “manifestamente infondata”, spiegando perché la valutazione operata dal giudice di merito fosse corretta sia nel metodo che nella sostanza.
La Corte ha stabilito che il tentativo del ricorrente di sollecitare una “diversa e alternativa lettura degli elementi acquisiti” non è ammissibile in sede di legittimità. Il ruolo della Cassazione, infatti, non è quello di riesaminare i fatti come un terzo grado di giudizio, ma di controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione del provvedimento impugnato.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si fonda su principi consolidati in materia di esecuzione della pena. Il giudice della sorveglianza ha il compito di monitorare costantemente l’andamento del percorso rieducativo. In questo contesto, ha il potere e il dovere di valutare qualsiasi elemento che possa indicare un’incompatibilità tra il comportamento del soggetto e le finalità della misura.
Nel caso specifico, il Tribunale di Sorveglianza aveva analiticamente considerato tutte le informazioni disponibili: le informative delle forze dell’ordine, i certificati e persino un decreto di archiviazione per particolare tenuità del fatto relativo a un altro episodio. Sulla base di questi elementi, ha concluso, con una motivazione logica e coerente, che il percorso di recupero era fallito.
La Corte ha inoltre specificato che anche la giustificazione fornita dalla difesa (lo smarrimento della carta d’identità) era stata presa in esame, ma ritenuta, allo stato attuale, non sufficiente a scardinare il quadro indiziario complessivo. Infine, è stata considerata legittima la decisione di far decorrere la revoca affidamento in prova sin dall’inizio dell’esecuzione, poiché il primo dei nuovi fatti contestati risaliva proprio a quel periodo, dimostrando che la predisposizione a delinquere non era mai venuta meno.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione sulle condizioni e sui limiti delle misure alternative alla detenzione. Le conclusioni principali che possiamo trarre sono:
1. Valutazione Globale del Comportamento: Il giudice di sorveglianza non è vincolato all’esistenza di una condanna definitiva per valutare la condotta del soggetto. Anche nuove denunce o segnalazioni possono essere elementi validi per ritenere interrotto il patto fiduciario alla base dell’affidamento.
2. L’Affidamento è un’Opportunità, non un Diritto Acquisito: La misura è subordinata al rispetto di un programma e a un comportamento coerente con le finalità di reinserimento. Qualsiasi violazione o comportamento negativo può portare alla sua revoca.
3. Limiti del Ricorso in Cassazione: Non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per ottenere una nuova valutazione dei fatti. I motivi di ricorso devono riguardare violazioni di legge o vizi logici della motivazione, non una diversa interpretazione delle prove.
Una nuova denuncia, non ancora sfociata in condanna, può causare la revoca dell’affidamento in prova?
Sì. Il giudice di sorveglianza può valutare nuove denunce e altri elementi negativi per ritenere fallito il percorso di recupero e disporre la revoca della misura, anche se non c’è ancora una condanna definitiva per i nuovi fatti.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti del caso?
No. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o fornire una diversa interpretazione delle prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della decisione impugnata. Tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti porta all’inammissibilità del ricorso.
In caso di revoca dell’affidamento, da quando decorrono gli effetti?
La Corte ha ritenuto legittima la decisione di far decorrere la revoca dall’inizio dell’esecuzione della misura alternativa, basandosi sulla data in cui è stato commesso il primo dei nuovi fatti che hanno dimostrato il fallimento del percorso rieducativo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5416 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5416 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a FROSINONE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha revocato l’affidamento in prova al servizio sociale applicato a COGNOME NOME a far data dall’inizio dell’esecuzione;
Rilevato che con il ricorso si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta recrudescenza della devianza, fondata sulla notizia in atti di alcune denunce per truffa e frode informatica, senza considerare che tali contestazioni solo in una fase embrionale e che dalla denuncia di smarrimento della carta di identità presentata dal ricorrente risulterebbe l’estraneità dello stesso dalle condotte contestate, ciò anche quanto ai fatti oggetto del procedimento archiviato ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen.;
Rilevato la doglianza è manifestamente infondata in quanto il giudice della sorveglianza, con il riferimento alle violazioni accertate, analiticamente indicate e coerentemente valutate e considerate (cfr. le informative pervenute, i certificati e il decreto di archiviazione per i fatti accaduti a Soresina), ha dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto che il processo di recupero rieducativo avviato con l’ammissione alla misura dovesse ritenersi fallito e, considerata la data del primo fatto, del motivo per cui ha la revoca è stata disposta a far data dall’inizio dell’esecuzione della misura alternativa, ciò anche dando conto delle giustificazioni fornite dalla difesa e delle ragioni per le quali allo stato (denuncia di smarrimento della carta d’identità successiva alla commissione dei fatti) queste non consentono di addivenire a diverse conclusioni;
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile in quanto le censure ora esposte dalla difesa sono tese a sollecitare una diversa e alternativa lettura degli elementi acquisiti che non è consentita in questa sede;
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna deliricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ./ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25/1/2024