Revoca Affidamento in Prova: la Cassazione Conferma la Linea Dura
L’affidamento in prova ai servizi sociali rappresenta una fondamentale misura alternativa alla detenzione, mirata al reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, questa opportunità è subordinata al rispetto di precise prescrizioni e a un comportamento che dimostri una reale volontà di cambiamento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della revoca dell’affidamento in prova, chiarendo quando la condotta del soggetto giustifichi il ritorno in carcere, anche con effetto retroattivo.
I fatti del caso: la seconda chance sprecata
Il caso esaminato riguarda un individuo che, durante il periodo di affidamento in prova, aveva già ricevuto una prima segnalazione per la commissione di una truffa. In quell’occasione, il Magistrato di Sorveglianza aveva deciso di non revocare la misura, limitandosi a modificare in senso più restrittivo le prescrizioni.
Nonostante questo primo avvertimento, il soggetto è stato successivamente coinvolto in un altro episodio criminoso, consistente in ricettazione e falso. Questo secondo fatto ha spinto il Tribunale di Sorveglianza a revocare definitivamente la misura alternativa, ritenendo il percorso di prova fallito.
La decisione sulla revoca dell’affidamento in prova
Il Tribunale di Sorveglianza ha basato la sua decisione su una valutazione complessiva del comportamento del condannato. La seconda violazione non è stata vista come un episodio isolato, ma come la prova di una persistente pericolosità e di una totale incapacità di aderire seriamente al programma di reinserimento. Secondo i giudici, la prosecuzione dell’affidamento sarebbe stata inutile, rendendo necessario un periodo di detenzione per favorire una maggiore consapevolezza.
Il ricorrente ha impugnato questa decisione, sostenendo due motivi principali:
1. L’illegittimità della revoca stessa, che sarebbe stata una misura sproporzionata.
2. L’errata retrodatazione della revoca alla data del secondo reato (11 giugno 2024).
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Le motivazioni fornite sono state chiare e rigorose.
Sulla logicità della revoca
I giudici di legittimità hanno stabilito che la decisione di revocare la misura non era né illogica né contraddittoria. Al contrario, era pienamente giustificata dal comportamento del condannato. L’aver commesso un nuovo reato dopo una prima segnalazione e un inasprimento delle regole dimostrava in modo inequivocabile:
* Mancanza di serietà nell’affrontare il percorso rieducativo.
* Pericolosità sociale ancora attuale.
* Incapacità di rispettare le prescrizioni imposte.
La Corte ha sottolineato che il Tribunale non si è limitato a constatare la violazione, ma ha compiuto un giudizio complessivo, concludendo per l’inutilità della prosecuzione della prova. L’opzione di una misura meno afflittiva era già stata tentata dopo la prima segnalazione, senza sortire l’effetto sperato.
Sulla legittimità della data di decorrenza
Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Cassazione ha confermato che la decorrenza della revoca deve essere stabilita tenendo conto della “condotta durante il periodo trascorso in affidamento”. La data in cui viene commessa la violazione che determina la revoca rappresenta un riferimento oggettivo. È quello il momento a partire dal quale il percorso di prova ha smesso di dare esito positivo e può considerarsi fallito. Pertanto, la retrodatazione della revoca a quella data è stata ritenuta corretta.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di esecuzione della pena: l’affidamento in prova non è un diritto incondizionato, ma un percorso che richiede impegno e serietà da parte del condannato. La commissione di nuovi reati, specialmente dopo un primo avvertimento, costituisce una prova evidente del fallimento del progetto rieducativo. La revoca dell’affidamento in prova diventa, in tali circostanze, una conseguenza logica e necessaria per tutelare la collettività e per imporre al condannato una riflessione più profonda sul proprio comportamento, che solo l’osservazione in un istituto penitenziario può garantire.
Quando può essere revocato l’affidamento in prova?
L’affidamento in prova può essere revocato quando il comportamento complessivo del condannato dimostra la mancanza di una risposta positiva al trattamento, la sua pericolosità e l’incapacità di rispettare le prescrizioni, rendendo di fatto inutile la prosecuzione della misura.
La commissione di un nuovo reato comporta automaticamente la revoca dell’affidamento in prova?
Non automaticamente, ma è un elemento decisivo. La decisione si basa su un giudizio complessivo. In questo caso, la commissione di un secondo reato, dopo una precedente segnalazione, è stata considerata la prova definitiva del fallimento del percorso di reinserimento e ha giustificato la revoca.
Da quale momento ha effetto la revoca dell’affidamento in prova?
La revoca può essere retrodatata e avere effetto a partire dalla data in cui è stata commessa la violazione che l’ha determinata. Questo perché tale data segna oggettivamente il momento in cui il percorso di prova ha smesso di avere un esito positivo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1624 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1624 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALMI il 01/10/1971
avverso l’ordinanza del 17/09/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che:
– gli argomenti dedotti nel primo motivo di ricorso, in cui si censura la revoca della mis alternativa dell’affidamento in prova, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, pe non individuano tratti di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione dell’ordin impugnata, atteso che, evidenziando che il condannato era già stato raggiunto da una precedente segnalazione per la commissione di un fatto costituente reato (una truffa) e che in quell’occasione il magistrato di sorveglianza si era limitato a modificare il regime prescritti senso sfavorevole senza però revocare la misura, e che l’ulteriore segnalazione pervenuta a suo carico di un ulteriore fatto astrattamente costituente reato (una ricettazione ed un falso) ri la mancanza di serietà del condannato nell’affrontare il percorso della misura alternativa, la s attuale pericolosità e la sua incapacità di rispettare le prescrizioni, l’ordinanza impugnata no è limitata a constatare la esistenza della violazione, ma ha effettuato proprio quel giudi complessivo sul comportamento del condannato durante il periodo di prova – dimostrante la mancanza di una risposta positiva al trattamento e la consequenziale inutilità della prosecuzion dell’affidamento – che la difesa del ricorrente ha chiesto con l’odierno ricorso; né emerge manifesta illogicità della motivazione asserita in ricorso dalla circostanza che non sia st valutata la possibilità di una misura più gradata, perchéslalla motivazione dell’ordinanza femerge che la misura più gradata era stata scelta in occasione della precedente segnalazione ma la stessa non ha sortito l’effetto desiderato, talchè non è illogica la conclusione del Tribunale s necessità di un periodo di osservazione intramuraria che faccia acquisire al condannato una maggiore consapevolezza del comportamento da tenere in espiazione pena; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
– gli argomenti dedotti nel secondo motivo di ricorso, in cui si censura la retrodatazione de revoca alla data dell’Il giugno 2024, in cui è avvenuto il fatto che ha determinato la revo neanche riescono ad individuare una manifesta illogicità della motivazione sul punto, atteso che, se, per stabilire la decorrenza della revoca, occorre tener conto della “condotta durante il peri trascorso in affidamento” (Sez. U, Sentenza n. 10530 del 27/02/2002, COGNOME, Rv. 220878), la data in cui è stata commessa una violazione delle prescrizioni della misura alternativa è – un volta effettuato il giudizio sul complessivo comportamento del condannato e sulla inutiltà del prosecuzione della prova – un riferimento oggettivo del momento a partire dal quale il percorso della prova non può ritenersi più utilmente compiuto e la data in esame può essere assunta come quella in cui il percorso di prova ha smesso di dare esito positivo (Sez. 1, n. 29576 14/06/2024, COGNOME, n.m.);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della
Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2024
Il consigliere estensore
COGNOMEIl presidente