Revoca Affidamento in Prova: La Discrezionalità del Giudice di Fronte a Violazioni Reiterate
L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta una fondamentale misura alternativa alla detenzione, ma cosa succede quando il condannato viola le prescrizioni imposte? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti della discrezionalità del giudice in caso di revoca affidamento in prova, sottolineando come una valutazione complessiva del comportamento, e non un mero automatismo, sia alla base di una decisione legittima.
I Fatti del Caso
Un soggetto, ammesso alla misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, si vedeva revocare il beneficio dal Tribunale di Sorveglianza. La decisione non scaturiva da un singolo episodio, ma da una serie di comportamenti contrari alle prescrizioni. Nello specifico, al soggetto venivano contestate gravi e reiterate violazioni, tra cui:
* Il deferimento all’autorità giudiziaria per guida in stato di ebbrezza.
* La permanenza fuori dal proprio domicilio in orario notturno senza alcuna autorizzazione.
* Una precedente diffida per il possesso di una modica quantità di sostanza stupefacente.
* L’esito positivo di controlli sul consumo di cannabinoidi in tre diverse occasioni.
Ritenendo ingiusta la revoca, il condannato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua condotta, sebbene illecita, fosse stata giustificata dalla necessità di aiutare un amico.
La Decisione della Corte sulla revoca affidamento in prova
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Secondo gli Ermellini, le censure mosse dal ricorrente erano essenzialmente una riproposizione di argomentazioni di fatto, già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice del merito. La Corte ha stabilito che la valutazione del Tribunale di Sorveglianza non era basata su alcun automatismo, ma su un’analisi ponderata e complessiva della condotta del soggetto, ritenuta sintomatica dell’inadeguatezza della misura alternativa.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si fonda su un principio giurisprudenziale consolidato: la revoca affidamento in prova, pur in presenza di comportamenti contrari alle prescrizioni, è rimessa alla discrezionalità del Tribunale di Sorveglianza. Tale potere discrezionale, tuttavia, non è arbitrario. Il giudice ha l’obbligo di giustificare la propria decisione con una motivazione che sia logica, adeguata e non viziata.
Nel caso specifico, il Tribunale ha correttamente ritenuto decisive le gravi e reiterate violazioni. Queste non sono state considerate isolatamente, ma come un insieme di comportamenti che dimostravano l’incapacità del programma rieducativo di raggiungere i suoi obiettivi e di prevenire la recidiva. Le violazioni, nel loro complesso, indicavano una condotta deviante e pericolosa non solo per il soggetto stesso, ma anche per la collettività.
La Corte ha inoltre specificato che la giustificazione addotta dal condannato (l’aiuto a un amico) era stata correttamente esclusa dal giudice di merito alla luce delle ammissioni dello stesso condannato. La decisione, quindi, è risultata pienamente rispettosa dei principi che regolano la materia, ancorata alle evidenze probatorie e supportata da una motivazione ineccepibile.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un concetto cruciale: l’affidamento in prova è un percorso di fiducia che richiede al condannato un’adesione seria e costante al programma rieducativo. La revoca affidamento in prova non è una sanzione automatica, ma il risultato di una valutazione discrezionale del giudice che, analizzando il comportamento complessivo del soggetto, conclude che la misura non è più idonea a perseguire le sue finalità. La decisione del Tribunale, se supportata da una motivazione logica e completa come nel caso di specie, è difficilmente censurabile in sede di legittimità. Per il condannato, ciò implica la necessità di comprendere che ogni singola violazione, anche se apparentemente di lieve entità, contribuisce a formare un quadro complessivo che può portare alla perdita del beneficio e al ritorno in regime detentivo.
La violazione delle prescrizioni comporta sempre la revoca dell’affidamento in prova?
No, la revoca non è automatica. È una decisione rimessa alla discrezionalità del Tribunale di Sorveglianza, che deve valutare la gravità e la reiterazione delle violazioni nel loro complesso e fornire una motivazione logica e adeguata per la sua scelta.
Quali tipi di violazioni sono stati considerati rilevanti in questo caso per la revoca?
Le violazioni considerate decisive sono state la guida in stato di ebbrezza, la violazione dell’obbligo di permanenza domiciliare notturna, il possesso di sostanze stupefacenti e il consumo di cannabinoidi accertato in tre distinte occasioni.
È possibile giustificare una violazione delle prescrizioni con la necessità di aiutare un amico?
Nel caso specifico esaminato, la Corte ha confermato che l’ordinanza impugnata ha escluso tale giustificazione, ritenendola non idonea a scusare una condotta che integrava un illecito penale e violava le regole dell’affidamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27561 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27561 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CREMONA il 13/07/1990
avverso l’ordinanza del 01/04/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata.
Ritenuto che le censure articolate da NOME COGNOME che possono essere esaminate congiuntamente per la connessione logica delle questioni poste, non superano il vaglio di ammissibilità perché, oltre ad essere versate in fatto, sono riproduttive di profili di censura adeguatamente vagliati dal giudice del merito.
Il Tribunale di sorveglianza, nel revocare l’affidamento in prova, concesso con ordinanza del 23 novembre 2021, con decorrenza dal 9 marzo 2025, non ha fatto ricorso ad alcun automatismo, ma ha ritenuto decisive le gravi e reiterate violazione delle prescrizioni: non solo il deferimento all’autorità giudiziaria pe guida in stato di ebbrezza, ma anche la contestuale permanenza fuori il domicilio in orario notturno in assenza di autorizzazione nonché la precedente diffida per il possesso di una modica quantità di sostanza stupefacente di tipo hashish e l’esito positivo dei controlli sul consumo di cannabinoidi in tre distinte occasioni.
Tali violazioni sono state valutate, nel loro complesso, sintomatiche dell’inadeguatezza della misura concessa sia a perseguire gli obiettivi del programma rieducativo sia a prevenire la recidiva da parte del condannato di condotte devianti pericolose anche per l’altrui incolumità.
Alla luce delle ammissioni del condannato, l’ordinanza impugnata ha, invece, escluso, che la condotta integrante l’illecito penale sia stata in qualche modo giustificata dalla necessità di venire incontro alle richieste di aiuto di un amico.
Si tratta di valutazioni, oltre che ancorate alle evidenze probatorie ampiamente richiamate, pienamente rispettose del consolidato principio giurisprudenziale in forza del quale la revoca della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale pur in presenza di un comportamento del soggetto contrario alle prescrizioni, è rimessa alla discrezionalità del tribunale di sorveglianza, che ha l’obbligo di giustificare l’uso del potere conferitogli, co motivazione logica, adeguata e non viziata (Sez. 1, n. 27711 del 06/06/2013, COGNOME, Rv. 256479 – 01).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, in Roma 10 luglio 2025
Il Consigliere estensore
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Il Presidente