Revoca Affidamento in Prova: la Cassazione Nega la Semilibertà
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nell’ambito dell’esecuzione della pena: la revoca affidamento in prova e le sue conseguenze sulla possibilità di accedere ad altre misure alternative. La decisione chiarisce che la condotta negativa del condannato, tale da giustificare la revoca della misura, preclude implicitamente anche l’accesso alla semilibertà, la quale richiede presupposti di progresso e affidabilità del tutto assenti in tali circostanze. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso di un uomo avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che aveva disposto la revoca della misura dell’affidamento in prova ai servizi sociali. Tale decisione era stata motivata dalle ripetute violazioni delle prescrizioni da parte del condannato. L’episodio culminante, che ha evidenziato l’inadeguatezza del percorso rieducativo intrapreso, è stata un’aggressione fisica nei confronti della convivente, colpita con un calcio al torace.
Di fronte alla revoca, la difesa del condannato sosteneva che il Tribunale avrebbe dovuto valutare la concessione di una misura alternativa diversa, come la semilibertà. Il ricorso per cassazione si fondava, dunque, su questo unico motivo: la presunta mancata valutazione di un percorso alternativo meno afflittivo rispetto al ritorno in carcere.
La Decisione della Corte sulla revoca affidamento in prova
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato. Secondo i giudici, il ragionamento del Tribunale di Sorveglianza era immune da vizi. La revoca della misura dell’affidamento in prova, fondata su un comportamento che dimostra l’incapacità del soggetto di aderire al programma di trattamento e di rispettarne le regole, contiene in sé un giudizio di inidoneità che si estende anche ad altre misure, come la semilibertà.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’articolo 50, comma 4, dell’Ordinamento Penitenziario. Questa norma stabilisce che la semilibertà può essere disposta ‘in relazione ai progressi compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società’.
La Corte sottolinea come tali presupposti fossero del tutto assenti nel caso di specie. Il condannato non solo non aveva compiuto alcun progresso, ma aveva manifestato un comportamento regressivo e violento, dimostrando di non aver compreso il significato e le regole della misura alternativa concessagli. Di conseguenza, le condizioni per un ‘graduale reinserimento’ non esistevano. La decisione di revoca, basata sulla valutazione negativa del percorso del condannato, implica necessariamente che lo stesso non sia meritevole neppure della semilibertà, la quale si fonda su un giudizio prognostico positivo che i fatti avevano palesemente smentito.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: le misure alternative alla detenzione non sono un diritto incondizionato, ma un’opportunità legata a un percorso di rieducazione e responsabilità. La revoca affidamento in prova non è una mera sanzione, ma la constatazione del fallimento di un progetto di recupero. Quando questo fallimento è causato da gravi violazioni che indicano un’assenza di progressione nel trattamento, è logico e corretto che il giudice escluda anche la possibilità di concedere altre misure che, come la semilibertà, si basano sulla stessa fiducia e sugli stessi progressi che il condannato ha dimostrato di non meritare. La decisione, pertanto, rafforza l’idea che l’accesso ai benefici penitenziari è strettamente condizionato a un effettivo e dimostrabile cambiamento da parte del condannato.
Perché è stata disposta la revoca dell’affidamento in prova nel caso esaminato?
La misura è stata revocata a causa delle violazioni commesse dal condannato, tra cui un grave episodio di violenza fisica contro la convivente. Questo comportamento ha dimostrato la sua incapacità di rispettare le regole del programma di trattamento e l’assenza di progressi nel percorso rieducativo.
Se l’affidamento in prova viene revocato, si ha diritto alla semilibertà?
No, non automaticamente. La Corte ha chiarito che se la revoca è dovuta a un comportamento negativo e alla mancanza di progressi, ciò implica un giudizio di inidoneità anche per la semilibertà. Questa misura, infatti, richiede che il condannato abbia già compiuto progressi nel suo percorso di reinserimento.
Quali sono i presupposti per la concessione della semilibertà secondo questa ordinanza?
La semilibertà può essere concessa solo quando si registrano concreti ‘progressi compiuti nel corso del trattamento’ e quando sussistono le condizioni per un ‘graduale reinserimento del soggetto nella società’. In assenza di tali progressi, come nel caso di specie, la misura non può essere applicata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24159 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24159 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME NOME NOME DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che nell’unico motivo il ricorso deduca un argomento manifestamente infondato, in quanto la revoca dell’affidamento in prova a causa delle violazioni commesse dal condanNOME (da ultimo, ha colpito con un calcio al torace la convivente), contenendo il giudizio del Tribunal circa la inadeguatezza della misura alternativa a sostenere il progetto di recupero, comporta anche l’implicita valutazione di inidoneità della semilibertà, misura che ex art. 50, comma 4, ord pen. può essere disposta soltanto “in relazione ai progressi compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società”, condizioni che nel caso in esame l’ordinanza evidenzia non esservi, perché il condanNOME non ha effettuato progressi nel corso del trattamento, ma anzi è incorso in violazioni che hanno fatto ritenere a Tribunale che lo stesso non avesse compreso le regole della misura alternativa;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 18 aprile 2024.