Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12226 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12226 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BOLOGNA il 30/04/1974
avverso l’ordinanza del 30/05/2024 del TRIBUNALE DI RAGIONE_SOCIALE di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Bologna revocava l’affidamento in prova al servizio sociale concesso a NOME COGNOME con provvedimento del 16 settembre 2023 (depositato il 16 ottobre 2023), rigettando altresì l’istanza proposta, nel procedimento instaurato ai fini della revoca, con memoria del 26 aprile 2024 dal difensore del condannato e tendente ad ottenere il mantenimento della medesima misura, con fissazione di altro domicilio.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, denunziando, con motivo unico, erronea applicazione degli artt. 47 Ord. pen. e 97, comma 2, d.P. R. 30 giugno 2020, n. 230, nonché vizi della motivazione, con riguardo alla revoca della misura, con contestuale diniego di concederla, con la modifica delle prescrizioni indicate con memoria difensiva.
Espone che non risulta individuato alcuno dei comportamenti richiesti dall’art. 47, comma 11, Ord. pen., posto che si è asserito solamente che il condannato, dopo l’ammissione alla misura alternativa, si rendeva irreperibile, sottraendosi volontariamente alla notifica del relativo provvedimento, di modo che non si è considerato che non potevano ricorrere violazioni delle prescrizioni della misura, non essendo stato sottoscritto il verbale di cui al comma 5 dello stesso articolo.
In realtà, COGNOME ai fini della notifica del provvedimento di ammissione all misura, era stato contattato per telefono dalla Questura di Lecce e nella circostanza aveva riferito che si trovava al momento a Dubaì per ragioni di lavoro.
La notifica del provvedimento era così potuta intervenire il 17 aprile 2024.
Con la memoria depositata il 26 aprile 2024 si era rappresentato che il condannato intendeva trasferirsi a Poggio Renatico nell’abitazione della madre per sopraggiunte esigenze derivanti da un nuovo incarico di consulente finanziario, così confermando COGNOME la sua volontà di adesione al programma rieducativo.
Tale richiesta non è stata accolta nonostante fossero stati documentati tutti i presupposti che rendevano ugualmente idonea la sperimentazione della prova.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito illustrate.
Quanto alla ricostruzione in fatto, va rilevato che la motivazione del provvedimento impugnato rappresenta, sulla base del ragionato e complessivo apprezzamento dei dati informativi che puntualmente richiama, che il condannato aveva richiesto e ottenuto l’ammissione alla misura alternativa con domicilio a
Lecce, ove, secondo quando dallo stesso rappresentato e documentato, avrebbe potuto continuare a svolgere la sua attività di broker finanziario, aveva condotto in locazione un’abitazione e frequentava la scuola una delle sue figlie. Tuttavia, in seguito COGNOME per diversi mesi non si rendeva semplicemente irreperibile in modo da non consentire la notifica del provvedimento, ma di fatto volontariamente si sottraeva all’inizio dell’esecuzione della misura. Egli, secondo quanto comunicato alla Questura di Lecce, che aveva cercato di rintracciarlo ai fine della notifica del provvedimento esecutivo di ammissione, si era spostato in Svizzera, era poi intenzionato a recarsi a Dubai e, dunque, a non rientrare in Italia. A seguito di tale comportamento, consapevolmente idoneo a cagionare l’impraticabilità dell’avvio della misura richiesta, veniva dichiarato lo stato di irreperibilità de condannato, di talché anche la notifica del decreto del provvedimento presidenziale del 26 aprile 2024, ai fini della revoca, era eseguita presso i difensori.
I rilievi mossi nel ricorso a tale ricostruzione di merito risultano privi del confronto con l’intero iter motivazionale e, comunque, solo assertivi o rivalutativi.
Consentire l’inizio della misura alternativa alla detenzione, a seguito del provvedimento esecutivo che la dispone, costituisce il primo obbligo al quale deve sottostare il condannato al fine di dare corso al programma rieducativo concordato.
Lo stesso, rendendo consapevolmente impossibile l’inizio della misura, come si è rilevato nel caso di specie, ne strumentalizza l’ammissione in modo da sottrarsi all’esecuzione, che deve svolgersi secondo un programma rieducativo in ragionevole continuità temporale con le indagini e le valutazioni che lo giustificano.
La giurisprudenza di questa Corte ha configurato, in tema di concessione dell’affidamento in prova (Sez. 1, n. 22442 del 17/01/2019, COGNOME, Rv. 276191; Sez. 1, n. 52789, Kouwate, non massimata; Sez. 1, n. 12411 del 20/12/2000, dep. 2001, Sow, Rv. 218455) e di revoca di tale misura ex art. 47, Ord. pen. (Sez. 1, n. 51879 del 13/09/2016, COGNOME, Rv. 268926 – 01), un obbligo generale del condannato di tenere un comportamento di diligente collaborazione, costituito anzitutto dal suo rendersi reperibile per tutte le incombenze funzionali alla misura.
Tale obbligo non può ritenersi circoscritto all’ambito della prova già in corso, potendo risultare violato da comportamenti idonei ad impedire l’inizio stesso di tale corso, che presuppone le notifiche fino a quella della fissazione del termine di presentazione ex art. 97, comma 1, d.P.R. 230 dl 2000, per la sottoscrizione del verbale che, ai sensi del successivo comma 3, conferisce effetti alle singole prescrizioni. Del resto, il ritardo al riguardo, addebitabile al condannato, alla stregua di quanto previso dal comma 2, costituisce in sé causa della revoca della misura, a nulla rilevando dunque che non sia stato sottoscritto il predetto verbale.
Il testo dell’art. 47, nel prevedere la revoca della misura in ragione delle violazioni, non indica come presupposto la sottoscrizione del verbale di cui sopra. E se la violazione del dovere di diligente collaborazione non consente neppure tale sottoscrizione, a fortiori si pone in rapporto di incompatibilità con il corso della prova, in modo da determinare i presupposti della revoca dell’ammissione, per avere il condannato, come raffigurato nella specie sulla base di un ragionevole iter motivazionale, mostrato disinteresse all’avvio del percorso rieducativo richiesto.
Tale manifestazione di inaffidabilità, associata alla motivata constatazione dell’assenza di una chiara progettualità familiare &lavorativa dotata di una qualche stabilità nel territorio italiano, ha altresì appropriatamente giustificato il rige della nuova istanza sopraggiunta solo dopo l’avvio del procedimento di revoca.
Le ulteriori doglianze articolate nel ricorso su tutti questi temi, oltre a configurare ricostruzioni giuridiche diverse da quelle correttamente seguite dal Tribunale, introducono ancora una volta altre letture in fatto, solo assertive o al più rivalutative, che non si rapportano con l’intero apparato giustificativo del provvedimento, avuto riguardo all’apprezzamento dell’inaffidabilità mostrata dal condannato in ragione dei tempi, dei modi e degli effetti dei suoi comportamenti.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va dunque rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 08/01/2025.