Revoca Affidamento in Prova: Quando la Misura Alternativa Fallisce
L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta una delle più importanti misure alternative alla detenzione, finalizzata alla rieducazione del condannato e al suo reinserimento sociale. Tuttavia, questo percorso è subordinato al rispetto di precise prescrizioni e a una condotta che dimostri un reale cambiamento. Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i presupposti che possono portare alla revoca affidamento in prova, anche con effetti retroattivi. Il caso in esame riguarda un soggetto il cui percorso è stato interrotto a seguito del ritrovamento di elementi inequivocabilmente legati ad attività illecite.
I Fatti del Caso: La Scoperta Durante la Misura
Un uomo, ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova, è stato oggetto di un controllo presso la sua abitazione. Durante tale ispezione, sono stati rinvenuti un quantitativo di sostanza stupefacente, bilancini di precisione e una consistente somma di denaro in banconote di piccolo taglio. Questi elementi, considerati nel loro complesso, sono stati ritenuti dal Tribunale di Sorveglianza un chiaro segnale della prosecuzione di un’attività illecita e, di conseguenza, dell’inidoneità della misura a raggiungere i suoi scopi rieducativi e di prevenzione della recidiva.
La Decisione del Tribunale di Sorveglianza e il Ricorso
Il Tribunale di Sorveglianza, valutati gli elementi emersi, ha disposto la revoca dell’affidamento in prova. La decisione si fondava sul giudizio complessivo di inadeguatezza della misura a fronte di un comportamento che contraddiceva palesemente le finalità del percorso di reinserimento. Contro tale ordinanza, il condannato ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due questioni principali: una relativa alla valutazione dei fatti che hanno portato alla revoca e l’altra riguardante la decorrenza retroattiva (ex tunc) della stessa, che avrebbe annullato anche il beneficio della liberazione anticipata già concessogli.
Le Motivazioni della revoca affidamento in prova secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per vizio di specificità dei motivi. In altre parole, il ricorrente non ha adeguatamente contestato le argomentazioni centrali dell’ordinanza impugnata. La Corte ha sottolineato come i motivi del ricorso non abbiano preso una posizione concreta sull’argomento chiave: la rilevanza probatoria del quantitativo di stupefacente, dei bilancini e del denaro come indicatori del fallimento del progetto rieducativo. Il giudizio del Tribunale, secondo la Cassazione, è stato coerente con la giurisprudenza di legittimità, che considera tali fatti incompatibili con la prosecuzione della prova.
La Revocabilità dei Benefici Accessori
Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda la richiesta di non applicare la revoca in modo retroattivo. Il ricorrente sosteneva che la liberazione anticipata, concessa per un semestre precedente, non dovesse essere travolta dalla revoca. La Cassazione ha respinto anche questa argomentazione, richiamando un principio generale secondo cui i provvedimenti emessi dalla magistratura di sorveglianza sono sempre revocabili. Tale revocabilità sussiste anche in assenza di una specifica previsione normativa, qualora muti la situazione di fatto che ne aveva giustificato l’adozione. La condotta del soggetto ha rappresentato un mutamento negativo tale da giustificare l’annullamento con effetto ex tunc di tutti i benefici connessi alla misura.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Suprema Corte si fonda su due pilastri. Il primo è il principio di specificità dei motivi di ricorso: non è sufficiente lamentare genericamente l’ingiustizia di un provvedimento, ma è necessario contestare punto per punto le argomentazioni logico-giuridiche su cui si basa. Nel caso di specie, il ricorrente non ha saputo offrire una lettura alternativa e plausibile dei gravi indizi a suo carico (droga, bilancini, denaro).
Il secondo pilastro è il principio di revocabilità dei provvedimenti della magistratura di sorveglianza. Le misure alternative non sono diritti acquisiti, ma opportunità concesse sulla base di una prognosi favorevole di reinserimento. Se i fatti dimostrano che tale prognosi era errata o che la situazione è peggiorata, il giudice ha il potere e il dovere di revocare la misura e i benefici ad essa collegati, ristabilendo la detenzione in carcere. La revoca affidamento in prova non è quindi una sanzione accessoria, ma la naturale conseguenza del venir meno dei suoi presupposti fondamentali.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale nell’esecuzione penale: l’accesso e il mantenimento delle misure alternative sono strettamente condizionati a una condotta irreprensibile e coerente con gli obiettivi di rieducazione. La presenza di elementi che indicano la persistenza in attività criminali, come il possesso di droga e strumenti per lo spaccio, costituisce una prova sufficiente per determinare l’incompatibilità con la misura. Inoltre, la pronuncia conferma che la revoca ha un effetto ‘a cascata’, annullando retroattivamente anche altri benefici ottenuti durante il periodo di prova, come la liberazione anticipata. Questo serve a riaffermare che la fiducia concessa dallo Stato al condannato deve essere costantemente meritata attraverso un comportamento concreto e verificabile.
Per quali motivi è stato dichiarato inammissibile il ricorso contro la revoca dell’affidamento in prova?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per vizio di specificità, in quanto non ha contestato efficacemente le argomentazioni dell’ordinanza impugnata, in particolare la rilevanza del ritrovamento di stupefacenti, bilancini e denaro ai fini del giudizio sull’inidoneità della misura.
Il ritrovamento di stupefacenti e bilancini di precisione nell’abitazione dell’affidato giustifica la revoca della misura?
Sì, secondo la Corte questi elementi sono incompatibili con la prosecuzione della prova perché dimostrano il fallimento del percorso rieducativo e la persistenza del pericolo di recidiva, giustificando pienamente la revoca.
La revoca dell’affidamento in prova comporta automaticamente la revoca di altri benefici, come la liberazione anticipata?
Sì, la Corte ha stabilito che la revoca dell’affidamento opera retroattivamente (ex tunc) e travolge anche i benefici concessi in precedenza, come la liberazione anticipata, in base al principio generale di revocabilità dei provvedimenti della magistratura di sorveglianza quando muta la situazione di fatto che li aveva giustificati.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10515 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10515 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
•
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che i motivi di ricorso siano affetti dal vizio di specificità dei motivi di impugn atteso che:
quanto all’an della revoca dell’affidamento, non prendono posizione sull’argomento esposto nella motivazione della ordinanza impugnata della rilevanza del quantitativo d stupefacente, dei bilancini di precisione, e della consistente somma in banconote di piccolo tagl rinvenuti nell’abitazione dell’affidato, ai fini del giudizio complessivo sulla in dell’affidamento a consentire la rieducazione del condanNOME e la prevenzione del pericolo d recidiva, giudizio condotto dal Tribunale in modo coerente con le indicazioni della giurispruden di legittimità sulla incompatibilità del fatto documentato con la prosecuzione della prova (Sez Sentenza n. 13376 del 18/02/2019, Castelluzzo, Rv. 275239);
quanto alla decorrenza ex tunc della revoca, il ricorso introduce un argomento non in grado di viziare la decisione, perché la liberazione anticipata concessa al condanNOME per un semestre, prima della decisione oggetto di impugnazione, è revocabile dal Tribunale di sorveglianza in forz del principio generale di “revocabilità dei provvedimenti emessi dalla magistratura sorveglianza, anche in mancanza di una espressa previsione normativa, in caso di mutamento della situazione di fatto che li aveva giustificati” (Sez. 1 , Sentenza n. 46630 del 25/10/ Allia, Rv. 277236);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna de ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 febbraio 2024.