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Revoca affidamento in prova: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo contro la revoca dell’affidamento in prova, disposta a seguito di un’aggressione alla moglie. L’ordinanza sottolinea che, ai fini della valutazione sulla pericolosità sociale, sono rilevanti anche comportamenti non ancora accertati con una sentenza definitiva, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. La revoca affidamento in prova è stata quindi ritenuta legittima.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revoca affidamento in prova per violenza: basta il comportamento, non serve la condanna

L’ordinanza n. 4110/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nell’ambito dell’esecuzione penale: la revoca dell’affidamento in prova. La Suprema Corte chiarisce che comportamenti di rilevanza penale, anche se non ancora accertati con una sentenza definitiva, possono legittimamente portare alla revoca di una misura alternativa, se dimostrano una persistente pericolosità sociale del soggetto.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguarda un uomo ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali. Il Tribunale di Sorveglianza di Bari aveva disposto la revoca di tale misura a seguito di un grave episodio di violenza. L’uomo aveva minacciato la moglie con un’ascia e l’aveva colpita con un pugno. L’aggressione era avvenuta sulla pubblica via ed era stata talmente grave da indurre un passante a chiamare il numero di emergenza 113. Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la revoca affidamento in prova

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi presentati manifestamente infondati. La decisione si allinea con un orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui nel procedimento di sorveglianza possono essere presi in considerazione anche comportamenti non ancora accertati da una sentenza passata in giudicato.

La valutazione del Tribunale di Sorveglianza, che ha portato alla revoca dell’affidamento in prova, è stata giudicata esente da vizi logici. La Corte ha confermato che il comportamento tenuto dall’uomo durante il periodo di espiazione della pena era sufficiente a giustificare la revoca della misura alternativa.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri principali. In primo luogo, viene ribadito il principio secondo cui la finalità del procedimento di sorveglianza è quella di valutare l’attualità della pericolosità sociale del condannato e l’adeguatezza della misura alternativa in corso. A tal fine, il giudice può e deve considerare ogni elemento utile, inclusi fatti-reato non ancora giudicati in via definitiva. Citando precedenti sentenze (Cass. n. 33848/2019 e n. 42571/2013), la Corte sottolinea che l’affidamento in prova si basa su un patto di fiducia tra lo Stato e il condannato, che viene meno quando quest’ultimo tiene una condotta che contraddice il percorso di risocializzazione.

In secondo luogo, la Corte ha ritenuto logica e corretta la valutazione del Tribunale di Sorveglianza. L’episodio di violenza non è stato considerato una semplice reazione, seppur forte, a eventuali provocazioni, ma un indicatore di una “scarsa capacità di contenimento sintomatica di una ancora elevata pericolosità sociale”. La gravità e la platealità del gesto hanno dimostrato che il percorso di reinserimento non stava avendo successo, rendendo necessaria la revoca della misura.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un importante principio in materia di esecuzione penale: la valutazione sulla prosecuzione di una misura alternativa come l’affidamento in prova si basa su un giudizio complessivo sulla condotta del soggetto. Un singolo, grave episodio, anche se non ancora oggetto di una condanna penale, può essere sufficiente per dimostrare che il condannato non è meritevole di proseguire il percorso in libertà. La decisione tutela la collettività, assicurando che le misure alternative siano riservate solo a chi dimostra un effettivo impegno nel percorso di reinserimento sociale, senza rappresentare un pericolo per gli altri.

Un comportamento violento non ancora giudicato può causare la revoca dell’affidamento in prova?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che, nel procedimento di sorveglianza, sono rilevanti anche comportamenti di rilievo penale non ancora accertati con una sentenza definitiva per valutare la pericolosità sociale e giustificare la revoca della misura.

Quali elementi sono stati considerati per determinare l’elevata pericolosità sociale del soggetto?
La Corte ha ritenuto significative la gravità delle azioni commesse (minacce con un’ascia e percosse con un pugno contro la moglie), il fatto che l’aggressione sia avvenuta in un luogo pubblico e la denuncia da parte di un passante. Questi elementi, nel loro insieme, hanno dimostrato una scarsa capacità di autocontrollo e una persistente pericolosità.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione sul ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, in quanto manifestamente infondato e in contrasto con la giurisprudenza consolidata. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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