Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 17487 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 17487 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANIA il 09/05/1978
avverso l’ordinanza del 15/01/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di ANCONA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di sorveglianza di Ancona ha revocato la misura dell’affidamento in prova ai servizi sociali concessa, con provvedimento del 22 ottobre 2024, a NOME COGNOME in relazione alla condanna alla pena di anni 3, mesi 6 e giorni 20 di reclusione inflittale per il delitto di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R n. 309 del 1990, commesso il 7 febbraio 2024.
La revoca è stata disposta perché la condannata, in costanza di esecuzione della misura, precisamente in data 2 dicembre 2024, era stata tratta in arresto per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla violazione della disciplina degli stupefacenti, con conseguente sospensione, ad opera del Magistrato di sorveglianza ai sensi dell’art. 51-ter ord. pen., délla misura. Osserva al riguardo il
Tribunale che tale fatto sopravvenuto ha travolto il giudizio prognostico in tema di pericolosità sociale posto a base del provvedimento concessivo dell’affidamento in prova, rendendo necessaria la revoca della misura ex tunc, a decorrere dalla data di ammissione alla misura.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME che ha articolato tre motivi con i quali denuncia erronea applicazione della legge penale nonché vizio di motivazione in relazione all’insussistenza dei presupposti della revoca del beneficio dell’affidamento in prova ai servizi sociali, alla sussistenza di condotte antecedenti alla concessione del beneficio differenti da quelle valutate e alla mancata valutazione di un provvedimento di sospensione e non di revoca del beneficio.
Lamenta la ricorrente che il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto viziato il giudizio formulato in occasione della concessione del beneficio soltanto sulla base dell’ordinanza applicativa della misura / nonostante tale provvedimento non comprovi condotte della condannata di gravità tali da giustificare la revoca della misura con l’efficacia ex tunc. Il Tribunale di sorveglianza, discostandosi dal principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la sopravvenienza di un’ordinanza custodiale non determina l’automatica revoca dell’affidamento in prova ma soltanto la sospensione della sua esecuzione, non ha adeguatamente esaminato i fatti posti a fondamento del provvedimento coercitivo, non riuscendo nemmeno ad indicare gli elementi di novità idonei a modificare il quadro delle conoscenze utilizzate per formulare la prognosi favorevole all’applicazione del beneficio, che, pertanto, è stato ingiustificatamente revocato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Come correttamente ricordato dal ricorrente, la giurisprudenza di legittimità, con orientamento consolidato, ha chiarito che l’affidamento in prova al servizio sociale, al pari del resto di altre misure alternative alla detenzione intramuraria, può essere revocato per il caso in cui sopravvenga l’emissione di una misura cautelare per fatti commessi prima della concessione del beneficio penitenziario, a condizione che attraverso la valutazione del provvedimento cautelare siano introdotti nuovi elementi rispetto a quelli presi in esame al momento in cui l’affidamento è stato disposto (Sez. 1, n. 42579 del 17/09/2013, COGNOME, Rv. 25670; v. anche, Sez. 1, n. 38453 del 01/10/2008, COGNOME, Rv. 241308 e Sez. 1, n. 23190 del 10/05/2002, COGNOME, Rv. 221640).
Non v’è dunque alcun automatismo tra revoca della misura ed emissione del provvedimento cautelare. Occorre che il giudice della sorveglianza provveda a
verificare, con un adeguato esame della sopravvenienza cautelare e delle sue ragioni, se rilevino elementi di novità capaci di modificare il quadro delle conoscenze utilizzate al momento in cui fu formulata la prognosi favorevole con l’applicazione del beneficio (Sez. 1, n. 35781 del 27/11/2020, Russo, Rv. 280095 – 01).
Il Tribunale di sorveglianza ha provveduto a questa necessaria verifica, approfondendo adeguatamente la valutazione dei fatti che non erano stati valutati al momento della decisione sull’affidamento in prova in quanto oggetto della sopravvenuta decisione cautelare.
Al riguardo ha evidenziato, attraverso la disamina dell’ordinanza e delle evidenze investigative in essa richiamate, che la condannata, nell’ambito dell’associazione dedita al narcotraffico, a conduzione familiare ma attiva a anche su scala internazionale, oggetto del titolo cautelare non si era limitata a svolgere l’attività illecita sovrapponibile, per collocazione temporale e struttura del fatto, al reato – art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 – che aveva condotto anni addietro al suo arresto in flagranza e poi alla condanna, divenuta titolo esecutivo rispetto al quale è stato poi applicato l’affidamento in prova.
Al contrario, secondo quanto accertato sia pure a livello di gravità indiziaria, aveva fornito un contributo diversificato, occupandosi stabilmente della riscossione dei proventi delle forniture, dell’occultamento dello stupefacente e dell’introduzione della sostanza all’interno del carcere di Viterbo, oltre che essere addetta in via continuativa alla gestione della contabilità.
Gli addebiti cautelari, così ricostruiti, sono stati considerati idonei a modificare la piattaforma informativa originariamente posta a base della prognosi favorevole sulla sussistenza dei presupposti per la concessione del beneficio perché avevano messo in luce una più spiccata pericolosità sociale della condannata, oltre che un suo diverso livello di propensione alla risocializzazione.
Il Tribunale, legittimamente riesercitando il potere discrezionale attribuitogli dall’ordinamento e dandone congrua giustificazione, ha formulato, sulla scorta degli elementi sopravvenuti, un nuovo giudizio conclusosi per la non meritevolezza originaria del beneficio, con conseguente revoca ex tunc della misura concessa.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma 8 aprile 2025.