Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35482 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35482 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato il Tribunale di sorveglianza di Catania ha dichiarato cessato e, comunque, revocato l’affidamento in prova ai servizi sociali concesso a NOME COGNOME, dichiarando validamente espiata la pena nel periodo trascorso in affidamento.
Ricorre COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi.
2.2. Con il primo deduce violazione di legge in relazione all’art. 47 Ord. pen. nonché vizio di motivazione.
Lamenta che il Tribunale non abbia preso in esame le deduzioni e le richieste esplicitate nella memoria difensiva depositata il 9 febbraio 2024 ed abbia erroneamente applicato il principio giurisprudenziale in forza del quale è legittima la revoca della misura alternativa, in caso di sopravvenuta applicazione di misura cautelare per fatti antecedenti alla decisione di concessione del beneficio, solo qualora il provvedimento che ha imposto tale misura contenga elementi di novità capaci di modificare il quadro delle conoscenze utilizzate al momento in cui è stata formulata la prognosi favorevole.
Il Tribunale di sorveglianza, in particolare, ha ignorato che il contributo del condannato alla consumazione del reato associativo per il quale è stata applicata la misura cautelare, così come si desume dall’ordinanza genetica e da quella emessa dal Tribunale del riesame (provvedimenti allegati al ricorso per la sua autosufficienza), è cessato con l’arresto in flagranza per il reato cui si riferisce la pena dell’affidamento revocato. Proprio valorizzando tale circostanza nonché l’assenza di ulteriori pendenze giudiziarie, i giudici del riesame hanno ritenuto fronteggiabili le residue esigenze cautelari con la misura degli arresti domiciliari
L’ordinanza impugnata ha illogicamente considerato i fatti oggetto della sopravvenuta ordinanza di custodia cautelare e le pendenze giudiziarie, pur risalenti nel tempo, sintomatici di un atteggiamento dell’affidato contrario al programma rieducativo nei termini indicati dal comma 11 dell’art. 47 Ord. pen. e comunque in grado di modificare in peius la prognosi favorevole all’applicazione della misura alternativa, nonostante l’affidato, in costanza di esecuzione e comunque nell’attualità, abbia tenuto una condotta ineccepibile, astenendosi dalla consumazione di reati e dalla violazione delle prescrizioni, così come riconosciuto nelle giustificazioni poste a sostegno della revoca ex nunc.
2.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla richiesta subordinata di applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare avanzata nella già citata memoria
Larichiesta non è stata presa in esame nonostante la misura invocata fosse compatibile con gli arresti domiciliari appiccati al prevenuto dal Tribunale del riesame in ragione della loro idoneità a prevenire il pericolo di recidivanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è privo di fondamento.
1.1. Il magistrato di sorveglianza, qualora il comportamento dell’affidato, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova indicate può, a mente dell’art. 47, comma 11, Ord. pen., richiamato dall’art. 94, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990, disporre la sospensione
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della prosecuzione della misura in corso. In questa ipotesi deve immediatamente investire il tribunale di sorveglianza ai fini delle determinazioni ad esso attribuite dall’art. 51-ter Ord. pen., da adottare, a pena di inefficacia di detta sospensione, entro trenta giorni dalla ricezione degli atti.
In quest’ambito assume senz’altro rilievo l’eventuale sopraggiungere nei confronti dell’affidato di una nuova misura cautelare. Siffatto evento impone al magistrato di sorveglianza, nell’adozione del provvedimento provvisorio, e al Tribunale di sorveglianza investito ex art 51-ter Ord. pen. di esprimere, soprattutto se i fatti per i quali è stata applicata la misura cautelare sono antecedenti a quelli per cui è stata irrogata la pena in esecuzione, una valutazione sulla meritevolezza della misura alternativa alla luce del provvedimento cautelare. In particolare, deve essere valutato se tale provvedimento sopravvenuto introduca nuovi elementi rispetto a quelli valutati in occasione della concessione della misura, capaci di modificare il quadro delle conoscenze utilizzabili per formulare la prognosi favorevole alla sua concessione. Infatti, l’incompatibilità della misura cautelare della custodia in carcere con la prosecuzione della misura alternativa della detenzione domiciliare non è automatica, ma è subordinata alla valutazione del tribunale di sorveglianza di incidenza che il fatto contestato al condannato può avere sulla perdurante idoneità del beneficio concesso a perseguire i fini rieducativi e preventivi ad esso connessi (Sez. 1, n. 35781 del 27/11/2020, COGNOME, Rv. 280095 – 01; Sez. 1, n. 42579 del 17/09/2013, COGNOME, Rv. 256701 – 01 ; Sez. 1, n. 14827 del 21/03/2012, COGNOME, Rv. 252273 – 01; Sez. 1, n. 16441 del 10/02/2010, COGNOME, Rv. 247234 – 01; Sez. 1, n. 38453 del 01/10/2008, Imperatori, Rv. 241308 – 01, Rv 273614)
1.2. Tanto posto, l’ordinanza impugnata ha giustificato, con argomentazioni sintetiche ma esaurienti e immuni da illogicità manifesta, nonché aderenti ai principi di diritto indicati, la disposta revoca, con la valutazione dei fatti nuov oggetto dell’ordinanza custodiale sopravvenuta apprezzati come sintomatici, a prescindere dalla durata della condotta partecipativa e della sua cessazione in epoca precedente al reato di cui all’art. 73 TU Stup in esecuzione, di un più ampio e ben più allarmante contesto illecito di criminalità organizzata in cui l’affidato era rimasto inserito fino ad epoca recente, contesto che non era stato tenuto presente al momento della concessione della misura alternativa poiché di tale specifico addebito non vi era traccia neanche ne certificato dei carichi pendenti.
Il secondo motivo, relativo alla richiesta subordinata dell’accesso alla detenzione domiciliare, è, invece, fondato.
2.1. E pacifico approdo della giurisprudenza di questa Corte che la richiesta di detenzione domiciliare è ammissibile anche se proposta in subordine a quella di
affidamento in prova nel corso del procedimento in cui si discute della proposta di revoca di quest’ultima misura (Sez. 1, n. 16822 del 20/12/2022, dep. 20/04/2023, COGNOME, Rv. 284500; Sez. 1, n. 16442 del 10/2/2010, COGNOME, Rv. 247235; Sez. 1, n. 21274 del 9/4/2002, COGNOME, Rv. 222453).
D’altra parte, il tema dedotto non è estraneo alla verifica relativa alla sussistenza delle condizioni di legge e non comporta un autonomo accertamento, attenendo, comunque, alla formulazione della prognosi comune alle due misure. In questo senso depone il chiaro testo dell’art. 51-ter Ord. pen. a mente del quale “se la persona sottoposta a misura alternativa pone in essere comportamenti suscettibili di determinarne la revoca, il magistrato di sorveglianza, nella cui giurisdizione la misura è in esecuzione, ne dà immediata comunicazione al tribunale di sorveglianza affinché decida in ordine alla prosecuzione, sostituzione o revoca della misura”.
Nel giudizio sulla sospensione cautelativa della misura alternativa in corso di esecuzione previsto dall’art. 51-ter Ord. pen. e sulla revoca dell’affidamento in prova prevista dall’art. 47, comma 11, Ord. pen., il Magistrato di sorveglianza ed il Tribunale di sorveglianza sono chiamati a valutare la sussistenza di comportamenti dell’affidato al fine di verificare se la misura in corso di esecuzione, applicata rebus sic stantibus, mantenga ancora la sua idoneità a conseguire il recupero sociale e sia ancora adeguata a fronteggiare il pericolo di recidivanza. Il legislatore, al fine evidente di favorire il rapido adattamento del beneficio concesso alle mutate condizioni, ha attribuito al giudice procedente un ampio potere discrezionale di scelta, consentendogli di adottare provvedimenti che statuiscano non solo la prosecuzione o la revoca della misura ma anche la sua sostituzione con altre, più restrittive.
2.2. Il Tribunale avrebbe dovuto, pertanto, prendere in esame la richiesta di detenzione domiciliare avanzata in via subordinata dalla difesa.
Né è sostenibile che tale esame sia implicitamente avvenuto non potendosi desumere dal contenuto del provvedimento impugnato le ragioni giustificative del rigetto della richiesta nei termini avanzati dalla difesa. E’, infatti, rimasto privo esaustiva risposta il principale rilievo difensivo fondato sulla valutazione favorevole espressa dal Tribunale del riesame circa l’idoneità della sovrapponibile misura degli arresti domiciliari a fronteggiare adeguatamente il pericolo di recidivanza, unico elemento posto a fondamento della disposta revoca dell’affidamento e del ripristino della detenzione carceraria.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente alla misura della detenzione domiciliare, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catania. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso, in Roma 2 luglio 2024.