Affidamento in Prova Revocato: Quando la Fiducia del Giudice Viene Meno
L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta un’importante opportunità di risocializzazione per chi ha commesso un reato, ma è un beneficio concesso sulla base di un patto di fiducia tra il condannato e lo Stato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 8730/2024) ci ricorda quanto sia fragile questo patto e come la sua violazione possa portare alla revoca affidamento in prova, con il conseguente ritorno in un istituto di pena. Analizziamo insieme questo caso emblematico.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine dalla decisione del Tribunale di Sorveglianza di Milano di revocare la misura dell’affidamento in prova concessa a un individuo. La decisione non è scaturita da un singolo episodio, ma da un comportamento reiterato e gravemente contrario alle prescrizioni imposte. Nello specifico, il condannato non era stato trovato presso la sua abitazione durante la fascia oraria di permanenza obbligatoria in ben due occasioni.
Questa assenza non solo costituiva una violazione diretta delle regole, ma aveva anche reso impossibile la notifica di una formale diffida da parte del magistrato di sorveglianza. A peggiorare il quadro, le informazioni raccolte dai vicini di casa indicavano che l’uomo non veniva visto da mesi, suggerendo un totale disinteresse per il percorso di reinserimento.
La Decisione della Corte di Cassazione
Di fronte alla revoca, il condannato ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione, ma con scarso successo. I giudici supremi hanno dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo che le censure mosse non presentassero vizi di legittimità, ma mirassero a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte ha confermato la correttezza dell’operato del Tribunale di Sorveglianza, la cui decisione è stata giudicata ben motivata, logica e priva di vizi.
Le Motivazioni alla Base della Revoca Affidamento in Prova
Il fulcro della decisione risiede nella valutazione del comportamento del condannato. Le violazioni commesse, secondo i giudici, non erano semplici mancanze formali, ma erano sintomatiche dell’inadeguatezza della misura. Le ripetute assenze e la generale irreperibilità hanno dimostrato una totale inaffidabilità del soggetto, minando alla base gli obiettivi di risocializzazione che l’affidamento in prova si prefigge.
La Cassazione ha ribadito un principio giurisprudenziale consolidato: la revoca della misura alternativa è rimessa alla discrezionalità del tribunale di sorveglianza. Questo potere, tuttavia, non è arbitrario. Il giudice ha l’obbligo di giustificare la sua scelta con una motivazione logica, adeguata e non viziata, spiegando perché il comportamento del condannato è incompatibile con la prosecuzione del beneficio. In questo caso, il Tribunale di Milano aveva ampiamente soddisfatto tale obbligo, collegando le violazioni all’impossibilità di raggiungere gli scopi della misura.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un importante monito. L’affidamento in prova non è un diritto acquisito, ma una possibilità condizionata al rispetto di un preciso programma di trattamento. Comportamenti che dimostrano inaffidabilità e disprezzo per le regole, come la violazione dell’obbligo di permanenza domiciliare, possono essere interpretati dal giudice come un fallimento del percorso di risocializzazione. La conseguenza diretta è la revoca affidamento in prova e la ripresa dell’esecuzione della pena in regime detentivo. La decisione finale spetta alla valutazione discrezionale del Tribunale di Sorveglianza, il cui giudizio, se ben motivato, è difficilmente censurabile in sede di legittimità.
Quando può essere revocato l’affidamento in prova?
La revoca può essere disposta quando il comportamento del soggetto è contrario alle prescrizioni e, nel complesso, si dimostra sintomatico dell’inadeguatezza della misura a perseguire gli obiettivi di risocializzazione, a causa della sua accertata inaffidabilità.
La semplice assenza dal domicilio durante gli orari prescritti è sufficiente per la revoca affidamento in prova?
Sì. Secondo questa ordinanza, gravi e reiterate violazioni della prescrizione di permanenza domiciliare sono state considerate decisive per la revoca, in quanto hanno reso impossibile il controllo da parte delle autorità e hanno indicato l’inaffidabilità del condannato.
Cosa succede se il ricorso in Cassazione contro la revoca viene dichiarato inammissibile?
La decisione del Tribunale di Sorveglianza che ha disposto la revoca diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8730 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8730 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 02/10/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata.
Ritenuto che l’unico motivo posto da NOME COGNOME a sostengo dell’impugnazione non supera il vaglio di ammissibilità perché riproduce profili di censura adeguatamente vagliati dal giudice del merito e finisce per sollecitare apprezzamenti riservati al giudice del merito, senza l’indicazione di specifici vizi motivazionali del provvedimento impugnato.
Il Tribunale di sorveglianza, nel revocare l’affidamento in prova, ha ritenuto decisive le gravi e reiterate violazioni delle prescrizioni commesse dal condannato, il quale non era risultato presente nella sua abitazione nella fascia oraria prevista in due occasioni. Tale circostanza aveva reso impossibile la notifica della diffida del magistrato di sorveglianza alla luce delle informazioni fornite dai vicini, i quali avevano dichiarato di non averlo incontrato per mesi. Nel loro complesso, le violazioni e le informazioni acquisite sono state considerate sintomatiche dell’inadeguatezza della misura concessa a perseguire gli obiettivi di risocializzazione a causa dell’inaffidabilità del condannato
Si tratta di valutazione pienamente rispettosa del consolidato principio giurisprudenziale in forza del quale la revoca della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, anche di tipo terapeutico, pur in presenza di un comportamento del soggetto contrario alle prescrizioni, è rimessa alla discrezionalità del tribunale di sorveglianza, che ha l’obbligo di giustificare l’uso del potere conferitogli, con motivazione logica, adeguata e non viziata (Sez. 1, n. 27711 del 06/06/2013, De NOME, Rv. P_IVA – P_IVA).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 25 gennaio 2024.