Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2081 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2081 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a FRANCOFORTE (GERMANIA) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/01/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di TARANTO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23/3/2023, il Tribunale di Sorveglianza di Taranto ha revocato l’affidamento in prova al quale era stato ammesso NOME COGNOME, con decorrenza dall’inizio della sua esecuzione (in data 5/4/2022).
1.1. Il Tribunale di sorveglianza ha motivato detta revoca a causa della fuga all’estero del sottoposto, il quale era risultato assente ai controlli effettua in data 31 ottobre e nei primi giorni di novembre 2022, in quanto – come aveva riferito il padre convivente – era riparato in Germania, dalla moglie ivi residente. La madre del condannato aveva riferito ai Carabinieri che il figlio non sarebbe più rientrato in Italia.
1.2. L’efficacia ex tunc della revoca è stata motivata dalla inaudita gravità della violazione, ritenuta incompatibile con la prosecuzione della misura alternativa, così da determinare il venir meno della fiducia nella correttezza comportamentale dell’COGNOME e da costituire indice del totale fallimento della misura.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del condannato, AVV_NOTAIO, deducendo i seguenti motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge perché il Tribunale di sorveglianza non ha emesso il decreto di irreperibilità a tenore dell’art. 159 cod. proc. pen., onde consentire le notifiche presso il difensore. Si illustra che COGNOME aveva inviato una missiva – priva di firma – in cui nominava due avvocati (un italiano ed un tedesco), considerata irrilevante nell’impugnato provvedimento. Se ne ricava che l’interessato fosse privo di difensore di fiducia, trattandosi di una procedura nuova rispetto alle precedenti, situazione che avrebbe richiesto l’emissione del decreto di irreperibilità con indicazione del difensore legittimato alla ricezione dell notifiche.
2.2. Nel secondo motivo si censura la decorrenza ex tunc della revoca della misura alternativa, ritenendosi che la motivazione della retroattività totale sia insufficiente, poiché ha soltanto richiamato la gravità del comportamento dell’Indini, ed invece ha omesso di considerare la condotta complessivamente serbata dal ricorrente durante tutta la prova trascorsa e la concreta incidenza delle prescrizioni impostegli. L’impugnata ordinanza ha dunque violato i canoni esegetici per decretare la revoca della misura alternativa con efficacia ex tunc, senza considerare che la revoca per fallimento dell’esperimento non determina un automatico ripristino dell’originario rapporto punitivo, ma richiede una valutazione del periodo di prova trascorso dal condannato nell’osservanza delle prescrizioni imposte e del concreto carico di esse, come ha affermato la nota sentenza n. 343 del 1987 della Corte costituzionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
In ordine al primo motivo di natura processuale, osserva questa Corte che la procedura di revoca è stata regolarmente introdotta con notifiche inviate al difensore di fiducia e al condannato presso il suo domicilio. Peraltro, la stessa ordinanza ha richiamato la missiva priva di firma con nomina di due avvocati, ma per l’appunto l’assenza di sottoscrizione non consente di riferire il testo all’Indini.
Non vi era necessità di emettere alcun decreto di irreperibilità, atteso che la misura alternativa aveva avuto parziale esecuzione presso il domicilio dichiarato, e che la sottrazione totale ad essa integra una sostanziale evasione ed è stata con ragione considerata di “inaudita gravità”, tale da refluire sull’intero periodo di affidamento già trascorso, con ciò evidenziandosi la radicale infondatezza anche del secondo motivo.
In tali casi, risulta legittima la revoca retroattiva della misura alternativa rivelatasi manifestamente inidonea a favorire il recupero sociale del condannato: invero, «In tema di affidamento in prova al servizio sociale, qualora il comportamento del condannato sia stato così negativo da rivelare l’inesistenza sin dall’inizio di alcuna adesione al programma di risocializzazione, legittimamente – alla luce dei principi di proporzionalità ed adeguatezza della pena indicati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 343 del 1987 – il Tribunale di sorveglianza può disporre la revoca della misura con effetto ex tunc e, conseguentemente, determinare la pena ancora da espiare in misura corrispondente a quella originariamente inflitta» (Sez. 1, n. 4687 del 27/11/2019, dep. 2020, Camusso, Rv. 278178: fattispecie relativa a revoca con effetto ex tunc in considerazione, tra l’altro, della contiguità dell’inizio della condotta trasgressiva rispetto a sottoscrizione delle prescrizioni connesse alla misura alternativa nonché della pluralità ed entità delle trasgressioni).
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della congrua somma indicata in dispositivo in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi profili di esenzione da responsabilità nella determinazione della causa di inammissibilità, a tenore della sentenza n. 186 del 2000 della Corte costituzionale.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il giorno 5 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente