Revoca Affidamento in Prova: la Cassazione fa il punto sulle violazioni
L’ordinanza in commento offre un’importante occasione per analizzare i presupposti della revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale, una delle più significative misure alternative alla detenzione. La Corte di Cassazione, con la pronuncia del 9 maggio 2024, ha confermato la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Genova, ribadendo come le ripetute violazioni delle prescrizioni imposte al condannato giustifichino pienamente la cessazione del beneficio. Questo caso evidenzia la necessità di un comportamento coerente e rispettoso del programma trattamentale per poter proseguire nel percorso di reinserimento sociale al di fuori del carcere.
I Fatti del Caso: Violazioni reiterate del programma
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Genova. Tale provvedimento aveva revocato la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, concessa a partire dal 3 febbraio 2023.
La revoca era stata disposta a seguito dell’accertamento di numerose violazioni delle prescrizioni contenute nel programma trattamentale. La prima infrazione era stata registrata lo stesso giorno di inizio della misura, il 3 febbraio 2023. A questa erano seguite ulteriori condotte non conformi, segnalate formalmente dal Servizio per le Tossicodipendenze (SE.R.T.) competente, con note trasmesse in data 18 e 29 dicembre 2023. Il Tribunale di Sorveglianza aveva ritenuto che tali comportamenti dimostrassero l’inadeguatezza del condannato a proseguire nel percorso alternativo alla detenzione.
La decisione della Corte di Cassazione sulla revoca affidamento in prova
La Suprema Corte ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la valutazione del Tribunale di Sorveglianza di Genova fosse corretta, logica e fondata su una corretta applicazione della legge penitenziaria.
La decisione del giudice di merito si basava sugli elementi concreti emersi dagli atti, ovvero le molteplici violazioni poste in essere dal condannato. La Corte ha sottolineato come non sia possibile, ai fini della concessione e del mantenimento delle misure alternative, prescindere da un’attenta valutazione della condotta complessiva del soggetto, sia prima che dopo la commissione dei reati per cui è stato condannato. Questo approccio è funzionale a una valutazione prognostica sull’efficacia dei benefici concessi.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha fondato la propria decisione sul rispetto della giurisprudenza consolidata in materia. In particolare, ha richiamato un precedente (Cass. Pen., Sez. 1, n. 33287 del 11/06/2013), secondo cui la valutazione della condotta del condannato è un elemento imprescindibile per giudicare l’efficacia del percorso trattamentale intrapreso. Le ripetute inosservanze delle prescrizioni, iniziate sin dal primo giorno, sono state considerate un indicatore inequivocabile del fallimento del progetto di reinserimento e della mancanza di adesione del soggetto al programma.
Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. La Corte ha pertanto condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale in caso di inammissibilità del ricorso.
Le conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cardine nell’esecuzione penale: le misure alternative alla detenzione non sono un diritto incondizionato, ma un’opportunità legata a un patto di fiducia tra lo Stato e il condannato. La violazione di tale patto, attraverso comportamenti contrari alle prescrizioni, interrompe legittimamente il percorso extramurario. La decisione sottolinea che la valutazione del giudice di sorveglianza deve essere globale e prognostica, tenendo conto di ogni elemento utile a comprendere la reale volontà del condannato di intraprendere un cammino di risocializzazione. Per i condannati, ciò significa che l’adesione seria e costante al programma trattamentale è l’unica via per poter beneficiare e mantenere le misure alternative al carcere.
Quando può essere disposta la revoca dell’affidamento in prova?
La revoca può essere disposta quando il soggetto viola ripetutamente le prescrizioni del programma trattamentale, dimostrando di non aderire al percorso di reinserimento sociale e rendendo la misura inefficace.
Quali elementi valuta il giudice per la revoca dell’affidamento in prova?
Il giudice valuta la condotta complessiva del condannato, sia quella antecedente che quella successiva alla commissione dei reati in espiazione. Le violazioni delle prescrizioni e le segnalazioni dei servizi sociali sono elementi centrali in questa valutazione prognostica.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20289 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20289 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso, così come integrato dalle memorie difensive depositate nell’interesse del ricorrente, proposto avverso l’ordinanza dell’Il gennaio 2024, con cui il Tribunale di sorveglianza di Genova revocava l’affidamento in prova al servizio sociale concesso a NOME COGNOME NOME a decorrere dalla data del 3 febbraio 2023, in cui veniva accertata la prima delle violazioni delle prescrizioni del programma trattamentale che era stato predisposto per il condannato.
Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Genova valutava correttamente gli elementi risultanti agli atti, con una motivazione congrua e priva di erronea applicazione della legge penitenziaria, richiamando le numerose violazioni delle prescrizioni del programma trattamentale poste in essere da NOME COGNOME. La prima di tali violazioni, in particolare, si verificava il 3 febbraio 2023 ed e seguita da ulteriori condotte inottemperanti, che venivano segnalate con le note trasmesse dal SE.R.T. di Ancona nelle date del 18 dicembre 2023 e del 29 dicembre 2023.
Ritenuto che le conclusioni del Tribunale di sorveglianza di Genova appaiono rispettose della giurisprudenza di legittimità consolidata secondo cui, ai fini dell concessione delle misure alternative alla detenzione, non si può prescindere dal vaglio della condotta del condannato, antecedente e susseguente alla commissione dei reati in espiazione, in funzione della valutazione prognostica dei benefici penitenziari concessi e della loro efficacia rispetto al processo trattamentale intrapreso dal condannato (tra le altre, Sez. 1, n. 33287 del 11/06/2013, NOME, Rv. 257001 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 maggio 2024.