Revoca Affidamento in Prova: Quando le Violazioni Fanno Crollare la Fiducia del Giudice
L’affidamento in prova ai servizi sociali rappresenta una fondamentale opportunità di reinserimento per chi ha commesso un reato, un’alternativa al carcere basata sulla fiducia e su un percorso rieducativo. Tuttavia, cosa accade quando questa fiducia viene tradita? Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio, confermando la revoca affidamento in prova per un soggetto che ha sistematicamente violato le prescrizioni imposte. Analizziamo insieme i fatti e le motivazioni di questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un individuo ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova. Il Tribunale di Sorveglianza di Milano aveva revocato tale misura con un’ordinanza, a seguito di una serie di gravi inadempienze. Nello specifico, il soggetto aveva:
*   Interrotto senza giustificazione i contatti con l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE), l’organo incaricato di seguirlo nel suo percorso.
*   Violato il divieto di consumare stupefacenti e abusare di sostanze alcoliche.
*   Disatteso la prescrizione di rientrare a casa entro le ore 22.
*   Avuto un comportamento fortemente litigioso con la compagna, tale da mettere in dubbio l’opportunità di proseguire la misura in quel contesto familiare.
Di fronte a queste violazioni, il Tribunale non solo ha revocato la misura, ma ha anche stabilito che la revoca avesse effetto retroattivo a partire dal mese in cui erano cessati i contatti con l’UEPE. L’interessato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione.
L’Analisi della Corte: la Revoca Affidamento in Prova e il Fallimento del Percorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure del ricorrente un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. Secondo i giudici supremi, la decisione del Tribunale di Sorveglianza era ben motivata e fondata su elementi concreti che dimostravano il totale fallimento del progetto rieducativo.
Il Tribunale, infatti, ha correttamente esercitato il proprio potere discrezionale, valutando le violazioni non come singoli episodi isolati, ma come un comportamento complessivo sintomatico dell’impossibilità di proseguire la misura alternativa. La rottura del patto fiduciario con le istituzioni, manifestata dall’interruzione dei rapporti con l’UEPE, ha svuotato la misura del suo significato rieducativo, trasformandola in una mera limitazione della libertà personale priva di scopo.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Cassazione si concentra su due punti cardine. In primo luogo, le violazioni commesse erano gravi e sintomatiche di un fallimento della prova. L’interruzione dei contatti con i servizi sociali, l’uso di sostanze e i conflitti familiari indicavano chiaramente che il soggetto non stava aderendo al percorso riabilitativo. Il Tribunale ha quindi correttamente interpretato questi segnali come la fine dell’esperimento rieducativo.
In secondo luogo, la Corte ha validato la decisione di applicare una revoca con efficacia parzialmente retroattiva. Citando un importante principio della Corte Costituzionale (sentenza n. 343/1987), i giudici hanno spiegato che la retroattività della revoca è giustificata non solo dalla gravità delle violazioni, ma anche dalla ‘modesta afflittività’ delle prescrizioni residue una volta venuto meno il rapporto con l’UEPE. In altre parole, dal momento in cui il soggetto ha interrotto i contatti, la misura aveva perso la sua componente rieducativa e di controllo, rendendo giusto far decorrere la revoca da quel preciso momento.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale nell’esecuzione penale: l’affidamento in prova non è un diritto acquisito, ma un’opportunità condizionata al rispetto di un patto di fiducia e collaborazione. La revoca affidamento in prova diventa inevitabile quando il comportamento del condannato dimostra in modo inequivocabile il fallimento del percorso rieducativo. La decisione di far decorrere la revoca dal momento della violazione più significativa (in questo caso, l’interruzione dei contatti con l’UEPE) è una conseguenza logica che ripristina la funzione della pena, sottolineando che il tempo trascorso senza rispettare le regole non può essere considerato come validamente scontato ai fini della misura alternativa.
 
Quali comportamenti possono portare alla revoca dell’affidamento in prova?
Violazioni gravi e ripetute delle prescrizioni, come interrompere i contatti con l’UEPE, consumare droghe o alcol, violare gli orari di rientro e avere comportamenti conflittuali che pregiudicano il percorso rieducativo, possono portare alla revoca della misura.
La revoca dell’affidamento in prova può essere retroattiva?
Sì, la revoca può avere un’efficacia parzialmente retroattiva. La Corte ha stabilito che può decorrere dal momento in cui si è verificata la violazione che ha sancito il fallimento del percorso rieducativo, come l’interruzione dei rapporti con i servizi sociali.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le contestazioni del ricorrente non denunciavano una violazione di legge, ma miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti di merito, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione, la quale si limita a verificare la corretta applicazione del diritto.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3548 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 3548  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LUINO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/01/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATI -0 E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata
 Rilevato entrambi i motivi dedotti da NOME COGNOME non superano il vaglio di ammissibilità.
Le censure, pur essendo formalmente strutturate come denuncia di violazione di legge vizi motivazionali finiscono, nella sostanza, per sollecitare apprezzamenti di merito estranei al giudizio di legittimità.
Il Tribunale di sorveglianza, nell’esercizio dei poteri discrezionali riconosciutigli dall’ordinamento, ha fondato la decisione di revocare l’affidamento in prova ai servizi sociali sulla circostanza che l’affidato, nel corso dell’esecuzione, aveva ingiustificatamente interrotto i contatti con l’UEPE, aveva violato il divieto di consumare stupefacenti e di abusare di sostanze alcoliche e, in una occasione, anche la prescrizione di rincasare entro le ore 22. Era stato, inoltre, protagonista di un accesso litigio con la compagna che faceva dubitare dell’opportunità di proseguire la misura nel contesto familiare con il rischio di aggravamento della conflittualità. La decorrenza della revoca della misura, infine, è stata fissata a partire dal primo settembre 2022, ovvero dal mese in cui erano cessati contatti con l’UEPE, posto che proprio a partire da questa data la misura, a causa della mancata osservanza deli obblighi correlati ai rapporti con in servizi sociali, aveva perso significato rieducativo e carattere afflittivo.
Il ricorrente, nel contestare la motivazione, oltre a prospettare una alternativa valutazione degli elementi fattuali, non si confronta con la reale giustificazione dell’efficacia parzialmente retroattiva della revoca.
Al riguardo il Tribunale, in piena sintonia con i principi espressi dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 343 del 29 ottobre 1987, ha valorizzato non solo la gravità delle violazioni, ritenuta sintomatica del sopravvenuto fallimento della prova, ma anche la modesta afflittività delle prescrizioni imposte con la misura alternativa, una volta interrotti i rapporti con l’UEPE.
 Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condannail ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 7 dicembre 2023.