Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27365 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27365 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nati a RAGIONE_SOCIALE del Golfo il DATA_NASCITA avverso la ordinanza della Corte d’appello di Caltanissetta del 19/10/2023 udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria del AVV_NOTAIO che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni del difensore AVV_NOTAIO il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza della Corte di appello di Caltanissetta
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 19/10/2023 la Corte d’Appello di Caltanissetta rigettava la richiesta di revisione della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Palermo del 31/1/2017, irrevocabile il 15/12/2021, che aveva condannato COGNOME NOME alla pena di giustizia in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen.
1.1. Avverso la suddetta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, facendo rilevare che la Corte d’Appello ha
rigettato l’istanza di revisione ed affermato l’insussistenza della inconciliabilità tra il giudicato di condanna riguardante la partecipazione del ricorrente all’RAGIONE_SOCIALE del Golfo e l’opposto giudicato assolutorio che, al contrario, ha escluso l’esistenza della medesima RAGIONE_SOCIALE, richiamando un arresto giurisprudenziale che secondo la difesa, riguardava la diversa ipotesi in cui l’assoluzione di alcuni dei partecipi non aveva fatto venir meno il numero minimo necessario per l’esistenza dell’RAGIONE_SOCIALE.
Nel caso di specie il giudicato assolutorio ha escluso che la relazione tra compartecipi (COGNOME e i fratelli COGNOME) avesse assunto i caratteri dell’RAGIONE_SOCIALE con la conseguenza che COGNOME si troverebbe ad essere l’unico componente della “famiglia COGNOME“.
Con il secondo motivo COGNOME lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza della medesimezza della ricostruzione fattuale compiuta nei due giudizi di merito che ha portato la Corte di merito ad escludere il conflitto tra giudicati e ritenere la divergenza fondata solo su valutazioni differenti. Secondo il ricorrente invece la ricostruzione fattuale non sarebbe la stessa, poiché nella sentenza assolutoria del Tribunale di Trapani erano stati presi in considerazione oltre agli episodi estorsivi di cui ai capi 3) e 6), ritenuti dal GUP di Palermo dimostrativi dell’esistenza del reato associativo di cui all’art. 416 bis cod. pen., anche l’episodio estorsivo di cui al capo 2) che ha condotto il Tribunale al giudizio assolutorio per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.; inoltre, con riferimento punto nodale della ricostruzione fattuale afferente la fattispecie associativa di cui all’art. 416 bis cod. pen., che verteva sul controllo del mercato del calcestruzzo, la sentenza assolutoria emessa dal Tribunale di Trapani, rimarca il ricorrente, si sarebbe avvalsa della testimonianza di soggetti non esaminati dal GUP di Palermo, cosicchè la ricostruzione del fatto risulterebbe del tutto inconciliabile con quella compiuta dal giudice dell’assoluzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
La Corte di appello di Caltanissetta, dopo avere rimarcato che l’indagine da cui scaturiva l’accusa a carico di COGNOME nel giudizio abbreviato definito con la sentenza di condanna per il delitto di cui all’art. 416 bis cod., e
quella a carico dei correi COGNOME ed i fratelli COGNOME, ;·iudicati con il rito ordinario, era la medesima e che i fatti estorsivi dai v . – ra stata ricavata la prova dell’esistenza del fenomeno associativo mafioso, erano i gli stessi che avevano condotto all’assoluzione dei correi nell’ambito del giudizio ordinario, sicché non poteva ravvisarsi un’ipotesi di revisione per inconciliabilità dei giudicati ma esclusivamente una diversa valutazione dei medesimi fatti storici, inidonea a determinare il travolgimento del giudicato, ha anche richiamato l’arresto giurisprudenziale citato dal ricorrente (Sez. 6, Sentenza n. 695 del 03/12/2013, Rv. 257849), discostandosi da questo (e da altra sentenza di questa Corte che di recente ha precisato che è suscettibile di revisione la sentenza irrevocabile di condanna di un imputato per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., allorché sia passata in giudicato la sentenza di assoluzione, per insussistenza del fatto, di tutti gli altri compartecipi dell’RAGIONE_SOCIALE, data l’oggettiva incompatibilità tra i fatti storici accertati nelle due sentenze e l’impossibilità di configurare un sodalizio criminale composto da un numero di partecipi inferiore a quello previsto “ex lege”, non venendo, invece, in rilievo una questione di differente valutazione delle f». c e2gdette:(Sez. 2, n. 24324 del 26/04/2022, Rv. 283536), rifacendo) ad un precedente di questa Corte ( Sez. 2, n. 18209 del 26/2/2020, Rv. 279446 ) che pero’, come osservato dal ricorrente, non si attaglia al caso di specie poiché in quell’arresto era ricompreso un caso in cui vi era stata condanna per un numero di associati sufficiente per l’inquadramento dei fatti contestati nella fattispecie associativa.
Invero, in ordine al profilo di cui all’art. 630 c.p.p., lett. a) che viene in considerazione nel caso di revisione come quello in esame (“se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un’altra sentenza penale irrevocabile del giudice ordinario o di un giudice speciale”) va, anzitutto, ribadito il principio più volte affermato dalla Corte di Cassazione secondo cui il concetto di inconciliabilità tra sentenze irrevocabili non deve essere inteso in termini di contraddittorietà logica tra le valutazioni effettuate nelle due decisioni, ma come oggettiva incompatibilità tra gli accertati elementi di fatto (la norma fa riferimento ai “fatti stabiliti” costituenti le premesse storiche delle decisioni) su cui esse si fondano.
Si è, condivisibilmente, affermato che in tema di revisione, il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili di cui all’art. 630, comma primo,
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lett. a), cod. proc. pen., deve essere inteso con riferimento ad una oggettiva incompatibilità tra i fatti storici stabiliti a fondamento delle diverse sentenze, non già alla contraddittorietà logica tra le valutazioni operate nelle due decisioni; ne consegue che gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono essere, a pena di inammissibilità, tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve esser prosciolto e, pertanto, non possono consistere nel mero rilievo di un contrasto di principio tra due sentenze che abbiano a fondamento gli stessi fatti. (Sez. 1,n.. 8419 del 14/10/2016, Rv. 269757).
Si ritiene, quindi, che la revisione per contrasto di giudicati è ammessa quando la sentenza della quale si chiede la revisione abbia accertato “fatti” inconciliabili con quelli ritenuti da altra sentenza, mentre non sono compresi nella categoria degli eventi che giustificano la revisione le diverse valutazioni “in diritto” concernenti gli stessi fatti, dato che in tale caso si rimetterebbe in discussione una decisione coperta dal giudicato.
La giurisprudenza ha ritenuto di escludere dall’area della revisione tutti gli eventi valutativi e, dunque, anche le divergenze generate dalla valutazione compendi probatori differenti in ragione della diversità del rito: è stato infatti affermato che non è invocabile la revisione, ex art.630, comma primo, lett. a) cod. proc. pen., della sentenza di applicazione della pena sul presupposto dell’intervenuta successiva sentenza di assoluzione all’esito di giudizio ordinario nei confronti del coimputato non patteggiante, diverso essendo il criterio di valutazione proprio dei due riti, di per sé tale da condurre fisiologicamente ad esiti opposti. (Sez. 3, n. 23050 del 23/04/2013, Rv. 256169).
Ipotesi diversa è quella in cui non si tratta, semplicemente, di affrontare un contrasto valutativo tra le posizioni di coimputati di un medesimo reato ma di registrare, quale effetto della sentenza irrevocabile di assoluzione dei coimputati, il venir meno degli stessi elementi costitutivi del reato oggetto della sentenza di cui si chiede la revisione. E’ proprio con riferimento al caso in rilievo, che la giurisprudenza di legittimità ha già ritenuto l’inconciliabilità della sentenza di condanna di un imputato per RAGIONE_SOCIALE a delinquere nel caso di assoluzione, in altro processo, di tutti i presunti compartecipi (Sez. 6, Sentenza n. 695 del 3/12/2013, Rv. 257849; Sez. 2, Sentenza n. 48613 del 15/10/2009, Rv. 246043) e ciò anche nell’ipotesi, di sentenza di patteggiamento (Sez. 1, n. 40815 del 14/10/2010, Rv. 248464).
Invero l’esclusione, per via giudiziale, della presenza del numero minimo di partecipanti all’RAGIONE_SOCIALE, come avvenuto nel caso in esame, posto che la Corte di appello, nel suo incedere motivazionale, non richiama la partecipazione di atri associati, implica non un semplice contrasto valutativo in relazione alle posizioni dei coimputati del medesimo reato, ma il venir meno degli stessi elementi costitutivi del reato oggetto della sentenza di cui si chiede la revisione (Sez. 1, n. 43516 del 06/05/2014, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Solo l’esistenza, oltre al ricorrente e ai prosciolti con la formula “il fatto non sussiste”, di altri partecipi all’RAGIONE_SOCIALE per delinquere può, infatti, consentire di superare il dato costituito dall’essere venuto meno il numero minimo di associati.
La sentenza non sembra centrata su tale peculiare aspetto, il quale, solo, potrebbe consentire di ipotizzare la sussistenza del delitto associativo pur in presenza dell’assoluzione dei correi, componenti del sodalizio criminale.
In altri termini la Corte di appello dovrà chiarire se l’art. 416 bis c.p., può configurarsi nel caso in cui pur essendo i coimputati stati assolti, permangano le “tre o più persone” associate tra loro per le finalità indicate dalla suddetta norma mentre non vi è dubbio che qualora siano stati assolti, in distinto procedimento, tutti gli altri “associati”, il contrasto non può dirsi “valutativo”, poiché esso attiene al fatto così come descritto nella norma incriminatrice, non potendo ovviamente sussistere un’RAGIONE_SOCIALE per delinquere composta da un solo associato.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso preclude la valutazione dell’ulteriore motivo da ritenersi assorbito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Caltanissetta.
Così deciso il 30/4/2024