Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37815 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37815 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MONZA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/11/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME COGNOME; lettel-sentite le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOMECOGNOME Sostituto Procuratore generale del Repubblica presso la Corte di cassazione, con cui è stata chiesta la declaratoria d inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in rubrica la Corte di appello di Brescia ha dichiarato inammissibil l’istanza di revisione presentata da NOME COGNOME COGNOME art. 630, lett. c), cod. proc. pe relazione alla sentenza emessa dal Tribunale di Monza in data 14 novembre 2019, confermata dalla Corte di appello di Milano con pronuncia resa in data 6 ottobre 2021 e divenut irrevocabile in data 14 ottobre 2022, con la quale il suddetto veniva condannato per i delitt bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione, con applicazione delle pene accessorie previste dalla legge.
Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, COGNOME.
2.1. Con il primo motivo di impugnazione denuncia violazione degli artt. 630 e 634 cod. proc. pen. e vizio della motivazione.
Ci si duole che il Giudice della revisione, lungi dal limitarsi al vaglio di non mani infondatezza delle prove nuove, rimandando l’approfondimento al giudizio rescissorio, si sia inoltrato in un’analisi approfondita delle stesse, sostenendo che le medesime riproponessero il tema della truffa subita dal promotore finanziario COGNOME, innestata sulla consegna di assegno bancario di euro 500.000,00, poi sostituito da altro retrodatato di un anno, restitu dall’istituto di credito perché prescritto. Si rileva che, comunque, è erronea la valutazione d forza probatoria della copia originale dell’assegno, mai prodotta nel corso del processo penale in quanto non nella disponibilità di COGNOME, elemento, quindi, nuovo e sopravvenuto; come anche delle dichiarazioni di NOME COGNOME, responsabile del Servizio Crediti di RAGIONE_SOCIALE, che confermato come il mancato incasso di detto assegno abbia determinato la revoca degli affidamenti bancari, nonché delle dichiarazioni di NOME COGNOME, peraltro divenut amministratore della nuova RAGIONE_SOCIALE, che ha confermato la sostituzione dell’assegno e, quindi, la sussistenza della truffa in danno di COGNOME. Dette dichiarazioni avrebbero dovuto esse considerate, al pari della produzione dell’assegno originalmente consegnato, come elementi nuovi non valutati nella sentenza di cui si è chiesta la revisione.
2.2. Col secondo motivo di ricorso si ritorna sulla violazione dell’art. 630 cod. proc. pe sull’erronea valutazione della potenzialità dimostrativa delle nuove prove.
2.3. Col terzo motivo di impugnazione si insiste sulla violazione dell’art. 634 cod. pr pen. per la mancata valutazione unitaria delle nuove prove.
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2.4. Con il quarto motivo di ricorso si rileva violazione dell’art. 634, comma 2, cod. p pen., per mancanza della motivazione alla base della condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Si osserva che il fondamento della condanna al pagamento di detta sanzione pecuniaria è sempre connesso ad un profilo di colpa, che nel caso in esame non viene in alcun modo argomentato, con riguardo, in particolare, alla manifesta infondatezza dell’istanza.
Il difensore chiede, quindi, alla luce dei suddetti motivi, l’annullamento dell’ordin impugnata con ogni conseguenza di legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato.
1.1. Infondati sono i primi tre motivi di impugnazione.
Invero, è principio consolidato che, per pervenire ad un esito positivo del giudizio revisione, la prova nuova deve condurre all’accertamento – in termini di ragionevole sicurezza di un fatto la cui dimostrazione evidenzi come il compendio probatorio originario non sia più grado di sostenere l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato oltre og ragionevole dubbio (Sez. 5, n. 24070 del 27/04/2016, NOME, Rv. 267067); e, inoltre, che l revisione della sentenza di condanna é ammessa anche se l’esito del giudizio possa condurre al ragionevole dubbio circa la colpevolezza dell’imputato a causa dell’insufficienza, dell’incerte o della contraddittorietà delle prove d’accusa, in quanto l’art. 631 esplicitamente richiama t le formule assolutorie indicate nell’art. 530 cod. proc. pen., comprese quelle ispirate al can di garanzia in dubio pro reo (Sez. 5, n. 14255 del 22/01/2013, Valenti, Rv. 256600).
Va, inoltre, osservato che in tema di revisione, con riguardo alla specifica previsione di all’art. 630, lett. c), cod. proc. pen., quando le nuove prove offerte dal condannato abbi natura speculare e contraria rispetto a quelle già acquisite e consacrate nel giudicato penale giudice della revisione può e deve saggiare mediante comparazione la resistenza di queste ultime rispetto alle prime, giacché, in caso contrario, il giudizio di revisione si trasforme indebitamente in un semplice e automatico azzeramento, per effetto delle nuove prove, di quelle a suo tempo poste a base della pronuncia di condanna (Sez. 6, n. 14591 del 21/02/2007, COGNOME, Rv. 236153).
La valutazione in ordine alla rilevanza della prova si sottrae alla censura in sede legittimità allorché la stessa abbia formato oggetto di motivazione adeguata ed immune da vizi logici. Invero, il diritto alla prova deve essere valutato nei limiti delle ragioni pr processo revisionale per cui, ove le “nuove prove” risultino inidonee ad inficiare l’accertame del fatto, il giudice della revisione è legittimato a non ammetterle e a dichiarare inammissi o rigettare la richiesta. Nel giudizio di revisione, però, non può mai costituire nuova pr testimonianza finalizzata ad una diversa e nuova valutazione di quelle già apprezzate i occasione della sentenza sottoposta a revisione.
Nel caso in esame il ricorrente risulta avere presentato istanza di revisione ai sen dell’art. 630, lett. c), cod. proc. pen. avverso sentenza di condanna per bancarot documentale e patrimoniale inerente al fallimento della RAGIONE_SOCIALE, di cui COGNOME stato amministratore, fallimento dichiarato il 24 giugno 2010, indicando come “nuove prove” a) un assegno di 500.000 euro a firma di NOME COGNOME, consegnato da quest’ultimo all’imputato quale restituzione di un prestito di pari valore, assegno mai incassato e la somma non è mai stata recuperata, b) l’atto di precetto formato su quell’assegno, atto palesemente errato da cui sarebbe nata una sequenza di errori ed omissioni da parte degli AVV_NOTAIO, che hanno portato il credito a prescriversi, c) la denuncia presentata il ottobre 2012 da COGNOME nei confronti di COGNOME, d) i versamenti effettuati da COGNOME a segui prestito personale di COGNOME, e) l’attuale assetto societario di RAGIONE_SOCIALEI dichiarazioni rese da COGNOME e COGNOME allAVV_NOTAIO.
La Corte di appello di Brescia ha giudicato inammissibile la richiesta di revisione, rileva come la stessa si sia risolta in realtà nel tentativo di riproporre la tesi difensiva, già so durante il processo di cognizione, secondo cui l’imputato era stato vittima di una truffa sub dal promotore finanziario COGNOME, innestata sulla consegna, da parte di quest’ultimo, di assegno di euro 500.000, poi sostituito, in circostanze oscure, con altro assegno pre-datato e quindi, inesigibile; e come tale tema sia stato ampiamente trattato nel corso del giudizio cognizione e sia, pertanto, coperto da giudicato. Rileva a tale riguardo che nella sentenza di c si è chiesta la revisione si era evidenziato come la truffa asseritamente subita da parte COGNOME avesse investito personalmente COGNOMECOGNOME essendo relativa all’acquisto di una vill Sardegna, e non la società fallita, rispetto alla quale comunque quest’ultimo, che era l’un soggetto a poter operare sui conti della società, aveva compiuto una notevole attivit distrattiva per un importo pari quasi ad un milione di euro, questa sì rilevante ai dell’integrazione della bancarotta fraudolenta patrimoniale, al pari del difetto di tenuta documentazione societaria, finalizzato ad ostacolare la ricostruzione del flusso degli affari e occultare le condotte distrattive. Aggiunge, con riguardo ai dati probatori dedotti come nuovi idonei sul piano dimostrativo, che: – quanto alla vicenda dell’assegno, nessun dato nuovo è stato raccolto, non essendo stato COGNOME in grado di indicare alcun dato certo circa la prete sostituzione dell’assegno; – in ogni caso, anche ammettendo che COGNOME sia stato truffato d COGNOME e che il mancato incasso dell’assegno abbia provocato un effetto a catena sugli affidamenti bancari anche della società fallita, ciò in nulla sposterebbe il gravissimo sbila fra le uscite ingiustificate sul piano imprenditoriale e le ben minori risorse immesse, alla dell’ipotesi distrattiva asseverata in fase di cognizione; – se poi, in punto di fatto, certo sostenersi che il gravissimo “sbilancio” di cui si è detto – vere o no le truffe lamentat COGNOME – sia stato ininfluente nella dinamica fallimentare della società, è in ogni incontestabile, in punto di diritto, che la distrazione rileva in sé, quale sottrazione di ri ceto dei creditori, a prescindere dal suo nesso causale con l’insolvenza e poi con il fallimento Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quindi, la tesi della truffa, pur come ripresa nelle deduzioni poste a base dell’istanza, riferimento ai “nuovi” elementi di prova addotti, è stata ritenuta incensurabilmente inidonea destituire di giuridica consistenza la tesi, esitata dalle decisioni che avevano definito il g di cognizione, secondo cui l’addotta truffa non esclude l’accertata illiceità delle condot COGNOME, come amministratore della summenzionata società, determinative della sua responsabilità per bancarotta fraudolenta, documentale e patrimoniale.
Con i suddetti motivi di ricorso, di contro, si insiste sulla novità degli elementi add non ci si sofferma sul loro effetto demolitorio, escluso dall’ordinanza impugnata (a p. 10-12).
Infondato è, infine, anche l’ulteriore profilo di doglianza di cui al primo motivo, ci vaglio che in sede di ammissibilità la Corte di appello deve compiere in merito all’efficie delle nuove prove.
Invero, in tema di revisione, la valutazione preliminare del giudice circa l’ammissibi della richiesta proposta sulla base dell’asserita esistenza di una prova nuova non può essere confinata nell’astrazione concettuale, ma deve ancorarsi alla realtà processuale e svilupparsi i termini realistici, senza ignorare segni evidenti d’inconferenza e/o inaffidabilità della s (Sez. 5, n. 18064 del 25/03/2025, R., Rv. 288137 – 03). Va, inoltre, ricordato, in punto diritto, che è del tutto legittima la valutazione di efficacia della nuova prova, avendo più questa Corte affermato che è inammissibile, per manifesta infondatezza, la richiesta d revisione fondata non sull’acquisizione di nuovi elementi di fatto, ma su una divers valutazione di prove già conosciute ed esaminate nel giudizio, ovvero su prove che, sia pur formalmente nuove, sono inidonee ictu °cui/ a determinare un effetto demolitorio del giudicato (Sez. 5, n. 44925 del 26/06/2017, COGNOME, Rv. 271071) ed è anzi necessaria la delibazione prognostica circa il grado di affidabilità e di conferenza dei nova, che non si traduca tuttavia in un’approfondita e indebita anticipazione del giudizio di merito (Sez. 5, n. 36718 del 4/05/2017 NOME, in motivazione).
I primi tre motivi di ricorso nel caso in esame non chiariscono in alcun modo come le nuove prove potessero avere tale effetto demolitorio, rivelandosi, pertanto, infondati, ai l dell’inammissibilità per genericità.
1.2. E’, invece, fondata la doglianza di cui al quarto motivo di ricorso.
Invero, si è affermato che è manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale dell’art. 634 cod. proc. pen., in relazione all’art. 24 Cost., laddove prevede in caso di declaratoria di inammissibilità della richiesta di revisione, il giudice possa condan il richiedente al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, in quanto tale facoltà è connessa ad una valutazione del giudice circa la ragionevolezza della richiesta come formulata (Sez. 1, n. 21719 del 09/05/2007, COGNOME, Rv. 236773: nel caso di specie, la Corte ha ritenuto legittima, e correttamente motivata, la condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, in riferimento all’ulteriore presentazione di una richiesta g dichiarata per due volte inammissibile).
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La costituzionalità della disposizione che riguarda la condanna alla sanzione pecuniaria viene, di tutta evidenza, riconnessa alla valutazione di carenza di ragionevolezza della proposta di revisione.
Anche in materia di ricusazione la giurisprudenza è alquanto esigente in relazione a tale profilo, rilevando che l’applicazione della sanzione pecuniaria in caso di inammissibilit rigetto dell’istanza, siccome consegue ad una valutazione largamente discrezionale del giudice, richiede una motivazione che offra sufficiente giustificazione della determinazion sanzionatoria (Sez. 3, n. 41213 del 15/09/2015, COGNOME, Rv. 264989).
Nel caso in esame non solo la Corte ha omesso di operare un riferimento espresso in motivazione alla ragione di tale condanna, ma dal provvedimento nel suo complesso non emerge alcun profilo di colpa del richiedente la revisione in relazione alla ragionevolezza del sua proposta.
In accoglimento del motivo di cui in ultimo, si impongono, pertanto, l’annullament dell’ordinanza impugnata senza rinvio, limitatamente alla condanna di COGNOME al pagamento di euro 800,00 in favore della Cassa delle ammende, e l’eliminazione di detta condanna.
Il ricorso va, invece, rigettato nel resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, limitatamente alla condanna di COGNOME al pagamento di euro 800,00 in favore della Cassa delle ammende, condanna che elimina.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2025.