Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1755 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1755 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Marsala il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 05/06/2023 della Corte di appello di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Caltanissetta dichiarava inammissibile la richiesta di revisione proposta da NOME COGNOME avverso la sentenza irrevocabile della Corte di appello di Palermo che lo aveva condannato per il reato di cui all’art. 416-ter cod. pen.
Era stato accertato in sede di cognizione che COGNOME aveva stipulato con esponenti di rilievo della locale RAGIONE_SOCIALE di Marsala (tra i quali NOME COGNOME) un patto al fine di ottenere voti per la sua elezione all’RAGIONE_SOCIALE nel 2001 (elezioni svolte il 24 giugno 2001) in cambio di favorire o avvantaggiare il sodalizio
(impegno che si era poi concretizzato nell’agevolare i mafiosi nella definizione di una controversia bancaria).
Secondo la Corte adita, la istanza non conteneva la allegazione di elementi nuovi idonei a incrinare l’ampio quadro probatorio che aveva determinato la condanna (non essendo necessario per la consumazione del reato la concretizzazione contestuale del vantaggio alla conclusione del patto illecito).
In particolare, l’unico elemento a sostegno della revisione era costituito dalle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, esponente della cosca RAGIONE_SOCIALE per la quale il COGNOME si era messo a disposizione in cambio del procacciamento di voti per le elezioni all’RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, rese ex art. 391-bis cod. proc. pen.
Il COGNOME aveva dichiarato di non aver chiesto favori al COGNOME durante le elezioni del giugno 2001 ma al più nell’agosto successivo (con la richiesta di interferire presso il Banco di Sicilia per la controversia, la cui collocazione temporale era attestata dalla difesa da una raccomandata inviata il 21 giugno 2001 dalla banca al COGNOME, che l’aveva ricevuta il 24 successivo); che precedentemente nel 2000 aveva chiesto al COGNOME di aiutarlo presso la Banca Antonveneta per ottenere un mutuo.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il condannato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Vizi di cui alle lett. b) ed e) del comma 1 dell’art. 606 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 125, 630, 634 cod. proc. pen. e alla ritenuta inidoneità della nuova prova a falsificare il giudicato e a far conseguire il proscioglimento del condannato.
La difesa, dopo aver ripercorso il compendio posto alla base della condanna del ricorrente, evidenzia come le nuove prove introdotte vengano a dimostrare un quadro incompatibile con il supposto patto sinallagmatico tra il COGNOME e il clan, per il tramite del COGNOME (soggetto definitivamente assolto dal reato di concorso esterno del clan stesso): l’intervento ad adiuvandum del COGNOME è stato richiesto solo dopo il 24 giugno 2001 quindi in una data non compatibile con la ipotizzata corruzione elettorale.
La ordinanza impugnata, oltre ad essere apodittica (quanto agli elementi di resistenza al novum), tradisce il pregiudizio sulla attendibilità della prova (il rilievo sulla tempistica della dichiarazione), che è estraneo alla fase rescindente del giudizio di revisione.
Parimenti inconferente alla fase è l’affermazione che per la prova del patto era irrilevante la realizzazione del vantaggio, posto che la prova introdotta veniva a incrinare sostanzialmente l’assetto fattuale della sentenza.
La Corte territoriale si è sottratta al confronto unitario della prova nuova con le prove acquisite (ovvero che l’appoggio di COGNOME al COGNOME per le elezioni era legato alla riconoscenza per un mutuo ottenuto nel 2000).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni si seguito illustrate.
Secondo un costante orientamento di legittimità in tema di revisione, anche nella fase rescindente è richiesta una delibazione non superficiale, sia pure sommaria, degli elementi addotti per capovolgere la precedente statuizione di colpevolezza e tale sindacato ricomprende necessariamente il controllo preliminare sulla presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento dell’impugnazione straordinaria (Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020, dep. 2021, Rv. 280405).
In altri termini, detta valutazione preliminare, pur operando sul piano astratto, riguarda pur sempre la capacità dimostrativa delle prove vecchie e nuove a ribaltare il giudizio di colpevolezza nei confronti del condannato e, quindi, concerne la stessa valutazione del successivo giudizio di revisione, pur senza gli approfondimenti richiesti in tale giudizio, dovendosi ritenere preclusa, in limine, una penetrante anticipazione dell’apprezzamento di merito, riservato, invece, al vero e proprio giudizio di revisione, da svolgersi ne( contraddittorio delle parti (Sez. 5, n. 15403 del 07/03/2014, Rv. 260563).
E’ stato opportunamente sottolineato che la valutazione preliminare circa l’ammissibilità e la non manifesta infondatezza della richiesta proposta, sulla base di prove nuove, implica la necessità di una comparazione tra le prove nuove e quelle già acquisite, che deve ancorarsi alla realtà del caso concreto e che non può, quindi, prescindere dal rilievo di evidenti segni di inconferenza o inaffidabilità della prova nuova, purché, però, riscontrabili ictu ocull (Sez. 6, n. 20022 del 30/01/2014, COGNOME, Rv. 259779). In tal senso si è affermato che la valutazione in questa fase deve avere ad oggetto anche la persuasività e la congruenza della nuova prova nel contesto già acquisito in sede di cognizione e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione, tra la prova nuova e quelle esaminate, ancorata alla realtà processuale svolta (Sez. 2, n. 18765 del 13/03/2018, Rv. 273029).
Nel caso di specie la ordinanza impugnata si è attenuta a tali coordinate esegetiche mentre il ricorso avanza censure che mirano ad opporsi meramente al ragionamento giustificativo seguito dai giudici del merito senza riuscire ad individuare specifici vizi della motivazione sindacabili in sede di legittimità.
3.1. Secondo la ricostruzione del quadro probatorio cristallizzato nel giudizio di cognizione, come sintetizzato dalla Corte di appello in motivazione, la cosca aveva spostato l’interesse dal candidato COGNOME “in ragione di un accordo tra questi e COGNOME” (in tal senso le dichiarazioni del collaboratore COGNOME), mentre la vicenda del Banco di Sicilia riguardava la definizione di posizioni di debito riferibili ai fratelli COGNOME (a partire dal dicembre 2000 costoro avevano presentato varie proposte giudicate non consone dalla banca, fino a quella dell’agosto 2001 definita interessante e che recava la annotazione “pratica attenzione dall’AVV_NOTAIO COGNOME“; il giorno dopo i COGNOME avevano avanzato un’altra proposta che modificA precedente in senso sfavorevole alla banca e che, nonostante ciò, era stata accettata) e le intercettazioni avevano dimostrato che COGNOME si era rivolto effettivamente ai vertici della banca e i funzionari della banca avevano confermato l’interessamento dei vertici alla pratica in questione.
Le nuove prove ed in particolare la raccomandata prodotta in sede di istanza di revisione dimostrerebbero, secondo la difesa, che fino al 21 giugno 2001 la banca era ancora ostile ai COGNOME e che solo nell’agosto 2001 vi era stato il “cambio” di atteggiamento.
Ebbene, la Corte di appello, muovendo dal principio largamente maggioritario, affermato anche nel vigore dell’art. 416-ter cod. pen. nella formulazione antecedente al 18 aprile 2014, secondo cui il reato di scambio elettorale politicomafioso si perfeziona al momento delle reciproche promesse, indipendentemente dalla materiale erogazione del denaro o altra utilità, essendo rilevante – per quanto attiene alla condotta dell’uomo politico – la sua disponibilità a venire a patti con la RAGIONE_SOCIALE, in vista del futuro e concreto adempimento dell’impegno assunto in cambio dell’appoggio elettorale (Sez. 1, n. 32820 del 02/03/2012, Rv. 253740), ha ritenuto la nuova prova ininfluente in quanto volta a incidere sulla fase successiva alla consumazione del reato, di attuazione del patto.
Quindi rispetto al nucleo duro della prova (costituito dalle dichiarazioni del COGNOME, nonché le altre emergenze acquisite a riscontro) sull’esistenza di un accordo elettorale tra COGNOME e COGNOME, la nuova prova veniva soltanto a dimostrare la datazione del momento esecutivo del patto (evidentemente attuato dal COGNOME ad “elezione avvenuta”).
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/11/2023.