Revisione processo penale: Quando i vizi procedurali non sono “prove nuove”
La revisione processo penale è un istituto eccezionale che consente di rimettere in discussione una condanna definitiva. Tuttavia, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38241 del 2024, ha ribadito con fermezza i suoi limiti, chiarendo che i vizi procedurali, come le mancate notifiche, non possono essere considerati “prove nuove” idonee a giustificare la riapertura del caso. Questa pronuncia offre un importante spunto di riflessione sulla natura e la funzione degli strumenti di impugnazione straordinaria nel nostro ordinamento.
Il caso: dalla condanna alla richiesta di revisione
Il ricorrente, condannato in via definitiva per un reato tributario previsto dall’art. 10-quater del D.Lgs. 74/2000, aveva presentato un’istanza di revisione alla Corte di Appello di Brescia. L’istanza, dichiarata inammissibile, è stata poi oggetto di ricorso per Cassazione.
Le ragioni addotte dal condannato si basavano su presunte irregolarità procedurali. In particolare, sosteneva che:
1. Nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari non era stato riportato uno dei capi di imputazione per cui era stato poi condannato.
2. Gli atti processuali non erano mai stati notificati correttamente presso il suo domicilio eletto, impedendogli di venire a conoscenza del procedimento a suo carico.
Secondo la tesi difensiva, queste circostanze dovevano essere qualificate come “prove nuove” ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale, tali da legittimare la revisione della sentenza di condanna.
La decisione della Cassazione sulla revisione processo penale
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il fulcro della decisione risiede nella netta distinzione tra vizi procedurali ed elementi probatori nuovi che attengono al merito della vicenda.
Vizi procedurali vs. “Prove Nuove”
La Cassazione ha chiarito che la revisione processo penale è uno strumento orientato a sanare un errore giudiziario sostanziale, non a correggere errori procedurali. Le “prove nuove” richieste dalla legge devono essere elementi di fatto, emersi dopo il passaggio in giudicato della sentenza, capaci di incidere sulla ricostruzione storica del reato e, in ultima analisi, di dimostrare l’innocenza del condannato. I vizi dedotti dal ricorrente, invece, riguardano la regolarità formale del procedimento e non hanno alcuna attinenza con la sua colpevolezza o innocenza rispetto all’accusa contestata.
I rimedi corretti per i vizi procedurali
La Corte ha inoltre specificato che l’ordinamento prevede strumenti specifici per far valere le nullità procedurali. Nel caso di una mancata conoscenza del processo a causa di notifiche omesse o errate, che abbia portato a una dichiarazione di assenza, i rimedi esperibili sono:
* La restituzione nel termine (art. 175 c.p.p.).
* La rescissione del giudicato (art. 629-bis c.p.p.).
Utilizzare la revisione per tali scopi equivarrebbe a snaturare la funzione dell’istituto, trasformandolo in un rimedio generico per qualsiasi negligenza della parte o del giudice.
Le motivazioni della Corte
Nelle motivazioni, i giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: la revisione è un mezzo di impugnazione straordinario e non può essere utilizzata per ottenere una diversa valutazione delle prove già acquisite nel precedente giudizio. L’art. 637, comma 3, c.p.p. vieta espressamente un proscioglimento basato esclusivamente su una nuova interpretazione del materiale probatorio esistente.
In sostanza, le questioni sollevate dal ricorrente non introducevano alcun elemento di fatto idoneo a ribaltare il giudizio di colpevolezza. Erano, al contrario, doglianze sulla conduzione del processo che avrebbero dovuto essere sollevate in altre sedi e con altri strumenti processuali. La Corte, pertanto, ha ritenuto che l’istanza di revisione fosse stata correttamente giudicata inammissibile perché presentata al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge.
Conclusioni: le implicazioni pratiche della sentenza
La sentenza in esame rafforza la natura eccezionale della revisione processo penale. Essa non è una terza istanza di giudizio né un’occasione per rimediare a vizi procedurali. La sua unica finalità è correggere un errore giudiziario sostanziale, fondato su nuove prove che dimostrino l’innocenza del condannato. Per i difensori e gli imputati, questa pronuncia sottolinea l’importanza di utilizzare gli strumenti processuali corretti per ogni tipo di doglianza: le nullità procedurali vanno contestate con i rimedi tipici (restituzione nel termine, rescissione), mentre la revisione resta l’estremo baluardo a tutela dell’innocente condannato ingiustamente sulla base di un quadro probatorio incompleto o erroneo.
Un vizio di notifica degli atti processuali può essere considerato una ‘prova nuova’ per chiedere la revisione del processo?
No, secondo la Corte di Cassazione, un vizio di notifica è un vizio procedurale e non una ‘prova nuova’. Le prove nuove devono riguardare il merito della colpevolezza e non la regolarità del procedimento.
Cosa si intende per ‘prova nuova’ ai fini della revisione processo penale?
Per ‘prova nuova’ si intende un elemento probatorio, emerso dopo la sentenza definitiva, che da solo o insieme alle prove già valutate, è in grado di dimostrare l’innocenza del condannato e ribaltare il giudizio di colpevolezza.
Se un processo è viziato da nullità procedurali, quale rimedio si può utilizzare al posto della revisione?
La sentenza indica che per le nullità degli atti introduttivi che hanno causato un’errata dichiarazione di assenza, i rimedi appropriati sono la restituzione nel termine (art. 175 c.p.p.) o la rescissione del giudicato (art. 629-bis c.p.p.), a seconda dei casi, ma non la revisione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 38241 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 38241 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CASTELVETRANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/03/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza del 27.3.2024, la Corte di appello di Brescia ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione proposta da NOME COGNOME in relazione alla sentenza della Corte di appello di Milano del 13.12.2022 (irrevocabile il 10.7.2023) che aveva confermato la condanna del medesimo per il reato di cui all’art. 10-quater, comma 2, d.lgs. n. 74/2000.
Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’COGNOME, lamentando l’erronea applicazione dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., poiché in atti vi è la prova che nell’avviso di conclusione delle indagini non era stato riportato uno dei capi di incolpazione per cui il ricorrente è poi stato condannato; negli stessi atti vi è anche la prova (da considerare “nuova”) in ordine alle omesse notifiche degli atti processuali destinati all’imputato presso il proprio domicilio eletto, ma da questi mai ricevute.
Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Si deve convenire con la requisitoria del Procuratore generale, nel senso che il ricorso è orientato ad ottenere la revisione al di fuori dei casi indica dall’art. 630 cod. proc. pen. ed in particolare in assenza di “prove nuove”.
Invero, i vizi processuali dedotti dal ricorrente non hanno nulla a che vedere con le esigenze legate all’emergenza di elementi probatori, suscettibili di incidere sulla ricostruzione di merito relativa alla affermazione di responsabilità, previsti dall’art. 630 cit. e dalla natura dell’istituto invocato.
Secondo un insegnamento già affermato dalla Corte regolatrice, pienamente condiviso dal Collegio ed assimilabile alla questione difensiva che qui si contrasta, la nullità degli atti introduttivi di giudizio definito con sente irrevocabile, che abbia determinato un’errata dichiarazione di contumacia o di assenza, non rientra in alcuno dei casi per cui è consentita la revisione, ma, concorrendone le altre condizioni, può essere fatta valere con il rimedio della restituzione del termine di cui all’art. 175 cod. proc. pen. (nella versione vigente antecedentemente alle modifiche introdotte dall’art. 11 legge 28 aprile 2014, n. 67), in caso di sentenza contumaciale o con quello della rescissione del giudicato
di cui all’art. 629-bis cod. proc. pen., in caso di sentenza pronunciata in assenza (Sez. 3, n. 14631 del 11/01/2024, Rv. 286194 – 01).
In altri termini, le questioni processuali dedotte dalla parte ricorrente non introducono alcuna prova nuova, intesa come elemento rappresentativo di un fatto che, da solo o unitariamente alle prove già acquisite, sia idoneo a ribaltare il giudizio di colpevolezza dell’imputato (cfr. Sez. 2, n. 18765 del 13/03/2018, Rv. 273028 – 01). Del resto, la revisione è pur sempre un mezzo d’impugnazione straordinario e non un rimedio utilizzabile per dedurre o fare valere successivamente qualsiasi negligenza della parte od omesso rilievo del giudice, ancorché non diretta al riconoscimento dell’innocenza del condannato, tanto più che l’art. 637, comma 3, cod. proc. pen. vieta di pronunciare il proscioglimento esclusivamente sulla base di una diversa valutazione delle prove assunte nel precedente giudizio (cfr. Sez. 1, n. 8250 del 14/12/2018 – dep. 2019, Rv. 274919 – 01).
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 12 settembre 2024
estensore GLYPH
Il Presidente