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Revisione per falsa testimonianza: quando è ammissibile?

Un soggetto, condannato per appropriazione indebita sulla base di una testimonianza, ha richiesto la revisione del processo sostenendo la falsità di tale deposizione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Anche se il reato di falsa testimonianza è prescritto, la richiesta di revisione per falsa testimonianza non può basarsi su mere allegazioni, ma richiede la presentazione di elementi di prova concreti, anche solo iniziali, che dimostrino la falsità, elementi che nel caso di specie mancavano del tutto.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revisione per Falsa Testimonianza: la Sola Affermazione Non Basta

L’istituto della revisione del processo rappresenta un baluardo fondamentale a tutela del principio di giustizia sostanziale, consentendo di rimediare a un errore giudiziario anche dopo che una sentenza è diventata definitiva. La revisione per falsa testimonianza è uno dei casi previsti dalla legge, ma quali sono i requisiti per attivarla? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 23792/2025) chiarisce che la semplice affermazione della falsità di una deposizione non è sufficiente, neppure quando il reato di falsa testimonianza è ormai prescritto.

I Fatti del Caso: la Condanna per Appropriazione Indebita

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di appropriazione indebita aggravata. La condanna si fondava in modo decisivo sulla testimonianza della persona offesa, la quale aveva dichiarato che l’imputato si era rifiutato di restituirle alcuni documenti cruciali relativi a una causa civile di successione. L’imputato, ritenendo ingiusta la condanna, presentava istanza di revisione alla Corte d’appello.

La Richiesta di Revisione per Falsa Testimonianza e la Prescrizione

La richiesta di revisione si basava sull’asserita falsità della testimonianza della persona offesa. Secondo la difesa, la prova della falsità risiedeva in un fatto logico: se i documenti fossero stati davvero trattenuti, il legale della persona offesa non avrebbe mai potuto iscrivere a ruolo la causa civile, che richiedeva proprio quei documenti. Il ricorrente sosteneva inoltre che, sebbene non vi fosse una sentenza passata in giudicato che accertasse la falsità, il reato di falsa testimonianza era ormai estinto per prescrizione. In questi casi, la giurisprudenza ammette che il giudice della revisione possa procedere a un accertamento incidentale della falsità. Tuttavia, la Corte d’appello dichiarava l’istanza inammissibile per mancanza di prove concrete a sostegno dell’allegazione.

Le Motivazioni: la Cassazione Sottolinea la Necessità di Prove Concrete

La Corte di Cassazione, nel confermare la decisione dei giudici di merito, ha ribadito un principio fondamentale. È vero che la giurisprudenza consente al giudice della revisione di accertare incidentalmente la falsità di una testimonianza quando il relativo reato è estinto (ad esempio, per prescrizione), superando la necessità di una sentenza irrevocabile. Tuttavia, questo non elimina l’onere per il richiedente di fornire prove “nuove” e concrete a sostegno della sua tesi. La “prova nuova” deve essere idonea, da sola o insieme a quelle già acquisite, a ribaltare il giudizio di colpevolezza.

Nel caso specifico, i giudici hanno evidenziato come il ricorrente si fosse limitato ad affermare la falsità della testimonianza senza fornire alcun supporto probatorio, nemmeno in forma iniziale o embrionale. Non era stato allegato neppure l’inizio di un procedimento penale per il reato di falsa testimonianza. Di conseguenza, la mera allegazione, per quanto logicamente argomentata, non può essere considerata una “prova nuova” capace di innescare il complesso meccanismo della revisione.

Le Conclusioni: l’Onere della Prova nella Revisione

La sentenza in esame rafforza un concetto cruciale nella procedura penale: la revisione è un rimedio eccezionale che non può essere attivato sulla base di semplici congetture o deduzioni. Anche in presenza di circostanze che impediscono un accertamento formale della falsità di una prova (come la prescrizione del reato di falsa testimonianza), chi chiede la revisione ha l’obbligo di presentare elementi fattuali concreti e verificabili che diano consistenza alla sua richiesta. Senza una base probatoria, anche minima, l’istanza di revisione è destinata a essere dichiarata inammissibile, a conferma della stabilità delle decisioni giudiziarie passate in giudicato.

È possibile chiedere la revisione di una condanna basata su una testimonianza che si ritiene falsa?
Sì, l’articolo 630, lettera d), del codice di procedura penale prevede la possibilità di chiedere la revisione se viene accertato, dopo la condanna, che essa si è basata su una falsa testimonianza.

Cosa succede se il reato di falsa testimonianza è prescritto e quindi non può più essere accertato con una sentenza penale?
In questo caso, la giurisprudenza ammette che il giudice della revisione possa valutare la falsità della testimonianza in via incidentale, cioè all’interno dello stesso procedimento di revisione, a condizione che vengano fornite prove nuove e concrete.

Basta affermare che una testimonianza è falsa per ottenere la revisione del processo?
No. La sentenza chiarisce che non è sufficiente la mera affermazione della falsità. Il richiedente deve fornire elementi di prova concreti, anche se in forma iniziale, che supportino la sua tesi. L’assenza totale di prove a sostegno rende la richiesta di revisione inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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