Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7730 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7730 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2024
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ha pronunciato la seguente
Ogg. GLYPH 2 h E L 5 2025
SENTENZA
sul ricorso di NOMECOGNOME nato a Fabrizia il 15/05/1972,
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avverso l’ordinanza in data 26/04/2024 della Corte di appello di Venezia,
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 26 aprile 2024 la Corte di appello di Venezia, decidendo in seguito all’annullamento con rinvio pronunciato con sentenza n. 24 del 2024 della Sezione Quarta della Corte di cassazione, ha dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di revisione presentata da NOME COGNOME avverso la sentenza in data 25 settembre 2018 della Corte di appello di Brescia, irrevocabile il 12 giugno 2019.
Ricorre per cassazione l’indagato sulla base di due motivi: con il primo contesta la pronuncia di inammissibilità de plano e con il secondo osserva che la Corte di appello aveva fondato il suo convincimento sul provvedimento di revoca della patente, ma non aveva considerato l’allegato 4) della difesa, cioè il
provvedimento della Prefettura di Vibo Valentia che aveva annullato il precedente provvedimento di revoca della patente di guida con relativa contestuale restituzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il ricorrente è stato condannato dal G.i.p. del Tribunale di Brescia per la violazione dell’art. 116, comma 15, cod. strada, perché, in plurime occasioni, tra maggio e ottobre 2015, aveva guidato degli autoveicoli e dei motoveicoli nonostante la patente di guida gli fosse stata revocata con provvedimento del Prefetto di Brescia in data 15 gennaio 2015, con l’aggravante di aver commesso i fatti dopo essere stato sottoposto, con provvedimento definitivo, alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno ai sensi dell’art. 73 d.lgs. n. 159 del 2011. La Corte di appello di Brescia ha confermato la condanna, perché l’imputato aveva ricevuto la notifica del provvedimento di revoca della patente di guida in data anteriore alle consumazione del reato.
Nella prima richiesta di revisione COGNOME ha sostenuto che la sentenza era in contrasto con la sentenza del Giudice di pace di Vibo Valentia che aveva annullato il provvedimento prefettizio relativo alla violazione dell’art. 118, comma 6, cod. strada, dopo che il Tribunale di Vibo Valentia, pur avendo accertato la falsità del permesso di guida provvisorio, lo aveva assolto escludendo la colpa nell’uso del documento. La Corte di appello di Venezia ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione a sensi dell’art. 630 lett. a), cod. proc. pen., ritenendo ch l’ignoranza della falsità del permesso provvisorio di guida non collideva con la pacifica consapevolezza della revoca della patente. Inoltre, ha escluso contrasti di giudicati perché nel procedimento di Brescia si rimproverava la guida senza la patente che era stata revocata, nel procedimento di Vibo Valentia si rimproverava l’esibizione del falso permesso provvisorio di guida.
Nella seconda richiesta di revisione COGNOME ha sostenuto invece che ricorrevano i presupposti della revisione ai sensi dell’art. 630 lett. c), cod. proc. pen., sulla base di elementi probatori nuovi costituiti dalle predette sentenze del Giudice di pace di Vibo Valentia del 2020 e del Tribunale di Vibo Valentia del 2017. Ma la Corte di appello di Venezia ha dichiarato inammissibile anche questa seconda richiesta perché reiterativa della precedente e non documentata, mancando l’allegazione delle sentenze in copia autentica. La Corte di cassazione ha annullato l’ordinanza perché la richiesta di revisione ai sensi della lett. c) dell’art. 630 er diversa da quella della lett. a) e non richiedeva l’allegazione delle sentenze in copia autentica.
La Corte di appello di Venezia, in sede rescissoria, ha dichiarato l’inammissibilità della richiesta di revisione per manifesta infondatezza perché ha osservato che il Tribunale di Vibo Valentia aveva rilevato l’assenza di prova certa dell’elemento psicologico dell’imputato che aveva acquisito consapevolezza della falsità del permesso di guida provvisorio solo in data 10 febbraio 2015 in seguito alla convocazione dei carabinieri, ciò che non aveva interferito con la condanna pronunciata a Brescia per plurime condotte di guida senza patente commesse dal 16 maggio al 3 ottobre 2015, quando, non solo aveva acquisito piena consapevolezza della falsità del permesso di guida provvisorio, ma aveva già ricevuto la notifica del provvedimento prefettizio di revoca della patente.
La prima censura avverso la suddetta ordinanza attiene alla possibilità di definire il giudizio de plano. La tesi difensiva si fonda sul convincimento che la Corte di appello di Venezia si sia illegittimamente spinta oltre il vaglio preliminare di ammissibilità, entrando nel merito. Tuttavia, l’art. 634 cod. proc. pen. contempla tra le ipotesi che giustificano la dichiarazione di inammissibilità de plano della richiesta di revisione, insieme ai casi formali di richiesta proposta al di fuori delle ipotesi previste dagli art. 629 e 630 cod. proc. pen. o senza l’osservanza delle disposizioni previste dagli art. 631, 632, 633, 641 cod. proc. pen., anche il caso della manifesta infondatezza che presuppone l’esame di merito. Esame che consente di respingere le ragioni poste a suo fondamento proprio perché risultano “all’evidenza” inidonee a consentire un vaglio positivo della pretesa giuridica (tra le più recenti, Sez. 2, n. 19648 del 03/02/2021, COGNOME, Rv. 281422 – 01), ciò che i Giudici hanno accertato in questo caso con motivazione ineccepibile.
La seconda censura attiene al travisamento della prova perché, secondo il ricorrente, la Corte di appello ha ignorato che la prefettura di Vibo Valentia aveva definitivamente annullato il provvedimento di revoca della patente e disposto la sua restituzione. La deduzione non si confronta con l’ordinanza impugnata. Il ricorrente fa riferimento a provvedimenti della Prefettura di Vibo Valentia del 13 gennaio 2015 (revoca della patente) e del 6 settembre 2017 (annullamento della revoca e restituzione della patente), laddove la violazione del codice della strada consumata a Brescia è dipesa dalla revoca della patente del 15 gennaio 2015 da parte della Prefettura di Brescia non della Prefettura di Vibo Valentia. Fin dal primo momento, la Corte di appello di Venezia ha escluso il contrasto di giudicati tra Brescia e Vibo Valentia e, ai fini che qui interessano, ha escluso rilevanza alla cosiddetta prova nuova dell’assenza dell’elemento psicologico che aveva giustificato l’assoluzione con la formula perché il fatto non costituisce reato. La censura, peraltro, appare anche nuova nella parte in cui lamenta l’omessa valutazione dell’allegato 4), relativo al provvedimento prefettizio dell’annullamento della revoca della patente e della restituzione della stessa. Infatti, tali documenti non sono menzionati né nella sentenza della Corte di
cassazione che ha disposto l’annullamento con rinvio né nella successiva ordinanza della Corte di appello di Venezia. A pag. 2 della sentenza rescindente si legge che «Il ricorrente aveva chiesto di valutare la sopravvenienza di nuove prove da interpretarsi non più sotto il profilo del contrasto fra giudicati, ma sotto il profi della valutazione della sussistenza dell’elemento psicologico: la nuova prova nel caso di specie era rappresentata dall’accertamento sull’elemento psicologico contenuto in un nuovo provvedimento giurisdizionale», mentre a pag. 2 dell’ordinanza della Corte di appello di Venezia si legge che la richiesta di revisione ex art. 630 lett. c) cod. proc. pen. era stata fondata «in relazione alla prospettata sopravvenienza di prove tali da consentire il proscioglimento del condannato. Tali elementi probatori nuovi venivano nuovamente individuati nelle sentenze del Tribunale di Vibo Valentia n. 429 del 2017 e del Giudice di pace di Vibo Valentia n. 1153 del 2020, già oggetto della precedente richiesta di revisione».
Alla luce di tale quadro probatorio, la Corte di appello di Venezia ha coerentemente negato la rilevanza delle sentenze prodotte ai fini della revisione, sia pure sotto il diverso profilo dell’accertamento della mancanza dell’elemento psicologico della falsità del documento, perché la condanna a Brescia è stata fondata sul presupposto del provvedimento di revoca della patente da parte del Prefetto di Brescia in data 15 gennaio 2015, circostanza questa non specificamente contestata in ricorso, e non sulla base del provvedimento di revoca della patente da parte del Prefetto di Vibo Valentia in data 13 gennaio 2015. La decisione appare immune da censure.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende Così deciso, il 23 ottobre 2024
Il Consigliere estensore