Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10515 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10515 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a BRESCIA il 07/01/1969
avverso la sentenza del 12/01/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
non essendo comparse le altre parti;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 15 gennaio 2019, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brescia applicava, fra gli altri, ad NOME COGNOME ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di quattro anni di reclusione in relazione al reato di associazione per delinquere, finalizzato a commettere un numero indeterminato di reati di abusivismo finanziario (art. 166 d.lgs. n. 58 del 1998 e succ. mod.), e ad alcuni reati-fine.
Esponeva, in premessa, il G.U.P. che le indagini erano state avviate a seguito di denunce-querele presentate da risparmiatori, i quali avevano riferito di essere stati vittime di una truffa finanziaria posta in essere da soggetti che avevano proposto loro investimenti con una società di diritto inglese – la RAGIONE_SOCIALE di Londra – operante in Italia tramite lo studio legale RAGIONE_SOCIALE di Brescia, senza restituire il capitale alla scadenza.
Si accertava, così, che le somme asseritamente destinate all’investimento erano transitate direttamente su conti correnti intestati allo studio COGNOME, o comunque a lui riferibili, e nulla avevano a che vedere con la società di investimento.
Risultava, poi, che essa, legalmente rappresentata da NOME COGNOME, non era mai stata iscritta né alla F.RAGIONE_SOCIALE) inglese, né all’apposito elenco allegato all’albo tenuto dalla CONSOB ex art. 20 d.lgs. n. 58 del 1998, con la conseguenza che non avrebbe potuto operare in Italia come “società di investimenti”.
L’attività di intercettazione sviluppata su diverse utenze, tre cui quelle in uso al COGNOME e a NOME COGNOME principali responsabili dell’attività criminosa realizzata, faceva emergere tre filoni strettamente connessi tra loro e riguardanti l’attività di intermediazione finanziaria in relazione alla RAGIONE_SOCIALE, al RAGIONE_SOCIALE e alla RAGIONE_SOCIALE, che avevano proceduto alla raccolta di denaro presso numerosi risparmiatori.
La richiesta di applicazione della pena era stata presentata, oltre che dal COGNOME, da altri tre coimputati del reato associativo, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME e veniva accolta per tutti, ritenuta la sussistenza dei presupposti di legge.
La decisione diveniva irrevocabile in data 1° ottobre 2019.
1.1. Nel separato procedimento, gli altri imputati del reato associativo NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME venivano assolti da detta imputazione con sentenza resa dal Tribunale di Brescia in data 31 gennaio 2023.
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Ciò premesso, nell’interesse di NOME COGNOME veniva presentata istanza di revisione basata sul prospettato contrasto di giudicati scaturito dalle due sentenze prima menzionate.
Il Procuratore generale si associava alla richiesta dell’interessato.
La Corte di appello di Venezia, con sentenza del 12 gennaio 2024, dichiarava inammissibile l’istanza, osservando, in sintesi, che il dedotto contrasto non era ravvisabile nel caso di specie, in quanto l’epilogo assolutorio favorevole ai coimputati COGNOME e COGNOME non faceva venir meno il numero minimo di partecipanti all’associazione, da ritenersi sufficientemente integrato dagli altri quattro compartecipi.
In particolare, sottolineava la Corte di Venezia, il Tribunale di Brescia aveva distinto le posizioni degli imputati assolti da quelle di COGNOME e COGNOME in capo ai quali erano configurabili condotte manipolatorie e fraudolente differenti da quelle commesse dai promotori finanziari, sicché non poteva considerarsi sussistente l’incompatibilità dei fatti storici posti alla base delle due sentenze in questione.
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore, sviluppando due motivi.
4.1. Con il primo motivo, si deduce la violazione dell’art. 630 cod. proc. pen.
Posto che il Tribunale di Brescia, nella sentenza di assoluzione, aveva distinto radicalmente le posizioni di COGNOME e COGNOME da quelle dei promotori finanziari, escludendo, così, l’elemento strutturale personale del reato associativo, la Corte di appello di Venezia avrebbe travisato il contenuto della suddetta decisione, “riscrivendo” in modo errato la frase riportata a pag. 22 della pronuncia assolutoria,. che non conteneva i riferimenti nominativi viceversa inseriti dal giudice della revisione.
Nell’immaginare una partecipazione all’associazione di COGNOME insieme agli altri “patteggianti”, la Corte di Venezia avrebbe finito col modificare lo stesso capo di imputazione e, quindi, con il ritenere COGNOME responsabile per un fatto diverso (partecipazione) da quello originariamente contestato (promotore, costitutore e organizzatore).
4.2. Con il secondo motivo, si denunciano violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte di merito ritenuto partecipe dell’associazione RAGIONE_SOCIALE, che, invece, era stato mandato assolto perché il fatto non sussiste per mancanza degli elementi costitutivi del reato associativo.
Nel contestare al Tribunale di Brescia un errore nella formula assolutoria, 1 ), la Corte di appello di Venezia sarebbe incorsa in un ulteriore travisamento.
Detto Tribunale era pervenuto all’assoluzione per insussistenza del fatto del tutto correttamente, in quanto aveva spiegato le ragioni per le quali, nella specie, non erano rinvenibili gli elementi costitutivi dell’associazione per delinquere; non comprende, quindi, la difesa del COGNOME perché, nella sentenza impugnata, COGNOME continui ad essere ritenuto partecipe dell’associazione; anche con riguardo all’odierno ricorrente, d’altro canto, il Tribunale di Brescia aveva escluso la partecipazione al sodalizio criminale nel contesto di un ragionamento complessivamente rivolto ad escludere la responsabilità di tutti gli organizzatori e a destrutturare la fattispecie associativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
2. Giova premettere che, in tema di revisione, il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili di cui all’art. 630, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., deve essere inteso con riferimento ad una oggettiva incompatibilità tra i fatti storici stabiliti a fondamento delle diverse sentenze, non già alla contraddittorietà logica tra le valutazioni operate nelle due decisioni; ne consegue che gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono essere, a pena di inammissibilità, tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve esser prosciolto e, pertanto, non possono consistere nel mero rilievo di un contrasto di principio tra due sentenze che abbiano a fondamento gli stessi fatti. (Sez. 1, n. 8419 del 14/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269757 – 01).
La revisione per contrasto di giudicati è, quindi, ammessa quando la sentenza della quale si chiede la revisione abbia accertato “fatti” inconciliabili con quelli ritenuti da altra sentenza, mentre non sono compresi nella categoria degli eventi che giustificano la revisione le diverse valutazioni “in diritto” concernenti gli stessi fatti, dato che in tale caso si rimetterebbe in discussione una decisione coperta dal giudicato (Sez. 6, n. 16477 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 283317 01).
La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto di escludere dall’area della revisione tutti gli eventi valutativi e, dunque, anche le divergenze generate dalla valutazione di compendi probatori differenti in ragione della diversità del rito: è stato, infatti, affermato che non è invocabile la revisione, ex art.630, comma 1, lett. a) cod. proc. pen., della sentenza di applicazione della pena sul presupposto dell’intervenuta successiva sentenza di assoluzione all’esito di giudizio ordinario nei confronti del coimputato non patteggiante, diverso essendo il criterio di valutazione proprio dei due riti, di per sé tale da condurre fisiologicamente ad esiti opposti (Sez. 3, n. 23050 del 23/04/2013, COGNOME, Rv. 256169).
Ipotesi diversa è quella in cui non si tratta, semplicemente, di affrontare un contrasto valutativo tra le posizioni di coimputati di un medesimo reato, ma di registrare, quale effetto della sentenza irrevocabile di assoluzione dei coimputati, il venir meno degli stessi elementi costitutivi del reato oggetto della sentenza cui si chiede la revisione.
Ed è proprio con riferimento a tale ipotesi, includente, in astratto, il caso in esame, che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto l’inconciliabilità della sentenza di condanna di un imputato per associazione a delinquere nel caso di assoluzione, in altro processo, di tutti i presunti compartecipi (Sez. 6, n. 695 del 3/12/2013, dep. 2014, COGNOME e altri, Rv. 257849 – 01; Sez. 2, n. 48613 del 15/10/2009, COGNOME, Rv. 246043 – 01) e ciò anche nell’ipotesi, di sentenza di patteggiamento (Sez. 1, n. 40815 del 14/10/2010, COGNOME e altro, Rv. 248464 01).
Invero, l’esclusione, per via giudiziale, della presenza del numero minimo di partecipanti all’associazione implica non un semplice contrasto valutativo in relazione alle posizioni dei coimputati del medesimo reato, ma il venir meno degli stessi elementi costitutivi del reato oggetto della sentenza di cui si chiede la revisione (Sez. 1, n. 43516 del 06/05/2014, COGNOME, Rv. 260702 – 01).
Atteso che è la stessa norma di cui all’art. 416 cod. pen. a prevedere che il reato può configurarsi solo nel caso in cui “tre o più persone” si associno tra loro per la commissione di più delitti, non vi è dubbio che qualora siano stati assolti, in distinto procedimento, tutti gli altri “associati, il contrasto non può dirs “valutativo”, poiché esso attiene al fatto così come descritto nella norma incriminatrice, non potendo, ovviamente, sussistere un’associazione per delinquere composta da un solo associato.
Di contro, solo l’esistenza, oltre al ricorrente e ai prosciolti con la formula “il fatto non sussiste”, di altri partecipi all’associazione per delinquere può consentire di superare il dato costituito dall’essere venuto meno il numero minimo di associati.
Degli esposti principi ha fatto buon governo la Corte di merito, nell’evidenziare l’ininfluenza, sulla sussistenza del reato associativo a carico del COGNOME, della pronuncia di assoluzione, intervenuta in separato giudizio, dei coimputati COGNOME e COGNOME atteso che detto epilogo assolutorio non aveva fatto venir meno il numero minimo di partecipanti all’associazione, da ritenersi sufficientemente integrato dagli altri quattro compartecipi: oltre a COGNOME i coimputati COGNOME COGNOME e COGNOME rispetto alla posizione dei quali il Tribunale di Brescia, nel parallelo giudizio, non ha formulato alcun tipo di osservazione.
A fronte dell’ineccepibile approdo cui sono pervenuti i giudici della revisione, del tutto conforme alle coordinate ermeneutiche poc’anzi richiamate, la difesa del ricorrente oppone censure del tutto infondate di travisamento, tenuto conto: a) che la mancata coincidenza del testo riportato, tra virgolette, a pag. 5 della sentenza impugnata , con la corrispondente parte della sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Brescia nel separato procedimento a pag. 22 (“Non può pertanto ravvisarsi nelle attività pur correlate e complementari svolte dai soggetti cui è ascritto il reato associativo un coagulo di volontà volte al raggiungimento di un unitario progetto criminoso, dal momento che i promotori venivano ricompensati tramite provvigioni, senza interessenze personali rispetto ai risultati complessivi delle varie operazioni, di cui pure avevano compreso l’estrema aleatorietà”) non vale di certo a integrare il denunciato travisamento, posto che, nella sentenza impugnata, come è agevole comprendere dall’uso della sigla “ndr”, i nomi degli imputati COGNOME e COGNOME – non menzionati alla pag. 22 della citata pronuncia di assoluzione – sono stati inseriti dall’estensore all’evidente scopo di dare un nome e un cognome ai “promotori finanziari” che, nell’ipotesi accusatoria originaria, erano stati indicati come partecipi al sodalizio; b) che la Corte di appello di Venezia non ha affatto travisato il portato assolutorio della sentenza del Tribunale di Brescia nei confronti di NOME COGNOME, essendosi limitata ad osservare, in punto di fatto, che detta pronuncia non aveva escluso che gli imputati COGNOME e COGNOME avessero posto in essere condotte di partecipazione all’associazione con COGNOME e COGNOME il profilo di ambiguità che potrebbe essere stato percepito dal difensore del ricorrente in quest’ultima affermazione non modifica, in ogni caso, il dato processuale inconfutabile circa la sufficienza degli altri quattro imputati a integrare il presupposto strutturale per la sussistenza del reato associativo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
5. Dal rigetto del ricorso discende ex lege la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2024
Il Consigliere estensore