Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23054 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23054 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 04/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SENIGALLIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/09/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello clí L’Aquila ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione, proposta ai sensi dell’art. 630 lett. a), della sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno del 16 luglio 2019, COGNOME parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Ancona con sentenza del 9 settembre 2021, divenuta irrevocabile il 20 dicembre 2022, di condanna di NOME COGNOMECOGNOME nella qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE, in ordine al delitto di cui all’art. 4 d.lgs n. 74/2000.
Nella richiesta di revisione si era rappresentata l’inconciliabilità dei fatti stabiliti a fondamento della predetta sentenza di condanna con quelli stabiliti a fondamento di altra sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno del 6 dicembre 2021, irrevocabile il 22 aprile 2022, con cui COGNOME era stato assolto COGNOME in ordine al delitto di cui all’art. 10 COGNOME d.lgs n. 74/2000.
Avverso l’ordinanza, COGNOME, COGNOME a mezzo COGNOME del difensore, ha proposto ricorso, formulando un unico motivo con cui ha dedotto il vizio di motivazione e la violazione di legge per avere la Corte di Appello escluso il contrasto di giudicati. Il difensore evidenzia che COGNOME era stato condanNOME per il reato di cui all’art. 4 d.lgs 74/2000 per avere evaso le imposte quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE per l’anno di imposta 2010 e assolto dal reato di cui all’art. 10 d.lgs 74/2000 sul presupposto che egli avesse consegNOME le medesime scritture contabili riferite all’anno di imposta 2010 a NOME COGNOME: in relazione a tale anno di imposta – evidenzia il ricorrente- era nella impossibilità oggettiva di evadere le imposte, visto il subentro di altro legale rappresentate. Proprio dalla formula assolutoria adottata “per non aver commesso il fatto”, ovvero l’omessa consegna dei libri contabili, discendeva la inconciliabilità di tale pronuncia con quella di condanna, posto che non è possibile indicare elementi passivi inesistenti su scritture che non si posseggono e che erano state consegnate ad altro soggetto.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha rassegNOME conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato.
2.In linea generale, deve ribadirsi COGNOME che, in tema di revisione, COGNOME il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili di cui all’art. 63 comma 1, lett. a), cod. proc. pen. deve essere inteso con riferimento ad una oggettiva incompatibilità tra i fatti storici stabiliti a fondamento dell diverse sentenze, non già alla contraddittorietà logica tra le valutazioni operate nelle due decisioni ( ex multis Sez. 1, n. 8419 del 14/10/2016, ·dep. 2017, Mortola, Rv. 269757; Sez. 4, n. 8135 del 25/10/2001, dep. 2002, Pisano FC, Rv. 221098), né alle divergenti valutazioni in ordine ad elementi normativi della fattispecie, fondate sulla medesima ricostruzione in punto di fatto (Sez. 6, n. 34927 del 17/04/2018, COGNOME, Rv. 273749).
Con riguardo al concetto di inconciliabilità COGNOME si è chiarito che COGNOME “la sequenza normativamente imposta passa, dunque, attraverso una triplice, convergente disamina: occorre, anzitutto, che i fatti storici vale a dire gli accadimenti materiali su cui si radica la nozione di “fatto” penalmente significativa sul versante del ne bis in idem: e cioè, azione od omissione, evento e nesso di causalità – siano gli stessi…; occorre, poi, che i fatti risultino “fondamentali” ai fini delle decisioni poste comparazione, giacché ove mancasse il requisito della necessaria decisività, la diversa ricostruzione degli stessi fatti non potrebbe mai fungere da elemento “dirompente” rispetto alla “tenuta” intrinseca della decisione oggetto di revisione (a norma dell’art. 631 cod. proc. pen., infatti, gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena di inammissibilità, essere tali da dimostrare, se accertati, che il condanNOME deve essere prosciolto a norma degli artt. 529, 530 o 531 cod. proc. pen.). È, infine, essenziale il requisito della inconciliabilità: che sta a significare che la diversa ricostruzione del medesimo fatto deve pervenire ad approdi fra loro alternativi» (Sez. 2, n. 11453 del 10/03/2015, Riselli, Rv. 263162).
Nel caso in esame, la Corte della revisione ha rilevato che nel processo in ordine al reato di cui all’art. 10 d.lgs n. 74/2000 COGNOME era stato accusato, in concorso con NOME COGNOME, in qualità di legali rappresentanti della società RAGIONE_SOCIALE, il COGNOME dal 29.12.2008 al 24.10.2014 e il COGNOME dal 24.10.2014 in poi, al fine di evadere le
imposte, di avere occulfato COGNOME gistmutto in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti relargv agli anni dal 2010 al 2015 COGNOME di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari. Nella sentenza di assoluzione si era affermato che nessun addebito poteva essere mosso a COGNOMECOGNOME COGNOME guanto al momento della apertura della verifica fiscale non era più in possesso delle scritture contabili della RAGIONE_SOCIALE, già consegnate a COGNOME.
Il fatto accertato COGNOME nella sentenza di assoluzione -ha proseguito la Corte- ovvero COGNOME la mancata disponibilità COGNOME da parte del ricorrente delle scritture contabili relative all’anno 2010 alla data di apertura della verifica fiscale, in quanto già consegnate al nuovo amministratore a lui subentrato, non era incompatibile ontologicamente con la condotta per la quale aveva riportato condanna definitiva, ovvero con la condotta consistita nella indicazione nelle dichiarazioni IRES e IVA per l’anno di imposta 2010 di elementi passivi inesistenti.
Il percorso argomentativo adottato non si presta alla censura articolata dal ricorrente. Il COGNOME giudizio di piena compatibilità fra i fatti accertati con le due sentenze è coerente con i dati riportati e logico nelle inferenze dedotte. COGNOME Invero i reati oggetto di contestazione nei due distinti processi nei confronti del COGNOME, l’uno concluso con sentenza irrevocabile COGNOME di condanna e l’altro concluso con sentenza irrevocabile di assoluzione, COGNOME hanno ad oggetto condotte distinte e autonome, ovvero false indicazioni di passività inesistenti nelle dichiarazioni IRES e IVA per l’anno di imposta 2010 e occultamento o distruzione delle scritture contabili e dei documenti relativi a tale anno. Nella sentenza di assoluzione si è solo affermato che non vi era prova sufficiente che tale occultamento o distruzione, accertati nel corso della verifica fiscale del 2015 fosse da ricondurre al ricorrente e non all’amministratore che a lui era subentrato nell’anno 2014.
In conclusione, il giudizio di inammissibilità qui censurato è sostenuto da un adeguato ragionamento esplicativo della COGNOME Corte territoriale. COGNOME Il ricorrente, nel rilevare la illogicità della motivazione adottata, si appella ad una incompatibilità di accadimenti fattuali che, invece, per le ragioni già dette, è radicalmente insussistente.
Al rigetto del ricorc, COGNOME ex art. 616 cod. proc. pen., COGNOME la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Deciso il 4 aprile 2024
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