Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43205 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43205 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato a Krusevac il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/2/2023 della Corte di appello di Trento visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14 febbraio 2023 la Corte di appello di Trento ha dichiarato l’inammissibilità della richiesta di revisione della sentenza della Corte d appello di Venezia del 27 gennaio 2010, irrevocabile, con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di ricettazione un ciclomotore.
A fondamento dell’istanza di revisione la difesa aveva posto le deposizioni testimoniali di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ritenute «fatti nuovi» e rilevanti ai fini della decisione, da cui si sarebbe dovuto desumere che il ciclomotore era stato abbandonato per strada e che, alla data in cui il ricorrente era stato fermato, non vi era alcuna denuncia di furto.
La Corte di Appello di Trento ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di revisione, rimarcando che il fatto di essersi appropriato di un ciclomotore provvisto di targa e ritenuto abbandonato (circostanza non allegata nei giudizi di merito) non escludeva la penale responsabilità del ricorrente per il delitto a lui ascritto, in quanto sotto il profilo soggettivo egli non poteva che essere consapevole della provenienza delittuosa di un mezzo provvisto di targa identificativa.
Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME, che ha dedotto la manifesta illogicità della motivazione, posta a fondamento dell’inammissibilità dell’istanza di revisione, nonché la contraddittorietà della stessa rispetto alla sentenza n. 128/2010 della Corte di appello di Venezia. In particolare, il ricorrente ha sostenuto che sarebbe contrario a qualsiasi ragionamento logico che l’odierna istanza di revisione sia stata dichiarata inammissibile, quando l’istanza precedente, fondata su elementi probatori diversi ma comunque incentrata sugli stessi argomenti, era stata dichiarata ammissibile dalla stessa Corte di appello. Il ricorrente ha precisato che gli elementi probatori, posti a fondamento dell’odierna istanza, avrebbero i requisiti di attualità, novità ed estraneità e sarebbero in grado di sovvertire i percorso argomentativo che ha indotto i giudici a ritenere la colpevolezza dell’imputato. Si tratterebbe di elementi probatori nuovi, perché mai riferiti in precedenza, e rilevanti, perché determinanti ai fini di escludere che il ciclomotore fosse provento di delitto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Come risulta dallo stesso ricorso (v. f. 4), nella precedente istanza di revisione della sentenza n. 128/2010 della Corte di appello di Venezia, si era sostenuto che “alla luce delle prove raccolte all’epoca, non vi fosse alcun dubbio che il ciclomotore fosse un bene abbandonato e non provento di furto”.
Il che rende evidente che il tema dell’abbandono del ciclomotore – su cui si fonda il ricorso oggi in disamina – era già stato portato all’attenzione dell’autorità giudiziaria con una precedente istanza di revisione della medesima sentenza della Corte di appello.
Ciò rende inammissibile la revisione ai sensi dell’art. 641 cod. proc. pen., in quanto fondata su un medesimo elemento già in precedenza valutato.
Sia pure attraverso persone fisiche diverse, il ricorrente ha chiesto di esaminare comunque delle testimonianze aventi ad oggetto un tema già scrutinato.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 ottobre 2024.