Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11628 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11628 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MILANO il 30/01/1981
avverso l’ordinanza del 17/09/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME il quale ha richiamato le conclusioni già rassegnate da quell’ufficio per l’udienza del 14/01/2025, con le quali si era chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso; la difesa ha depositato memoria di replica, insistendo nell’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 634, cod. pro. pen., la Corte d’appello di Bologna ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione, presentata ai sensi dell’art. 630, c. 1, lett. c), cod. proc. pen., nell’interesse di NOMECOGNOME c riferimento alla sentenza della Corte d’appello di Trieste, irrevocabile a seguito di declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la quale costui era stato condannato per il reato di cui agli artt. 110, 81, cod. pen. e 2, 5, 8, d. Igs. n. 74/2000.
Il giudice della revisione ha affermato che l’istanza si fondava su un’asserita prova nuova (informativa Guardia di Finanza del 22/03/2018 con specifico riferimento all’ambito di applicazione dell’art. 9 del d. Igs. n. 74/2000) e che, tuttavia, nel giudizio cognizione, la difesa non aveva mai sollevato la questione, tanto che lo stesso giudice di legittimità, nel dichiarare inammissibile il ricorso, aveva precisato che il ricorrente n aveva devoluto specifiche violazioni di legge (artt. 9 cit. e 12 bis stesso d.lgs.), cosicché la richiesta si sarebbe atteggiata quale inammissibile impugnazione tardiva, il giudicato coprendo il dedotto e il deducibile, non potendosi intendere per prova nuova un elemento già versato negli atti processuali, ancorché non conosciuto o non valutato dal giudice per mancata deduzione o mancato uso di poteri officiosi.
La difesa del condannato ha proposto ricorso, formulando un unico motivo, con il quale ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla valutazione dell’elemento indicato a sostegno della domanda di revisione, assumendo rilievo anche le prove acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purché non inammissibili o ritenute superflue dal giudice, a prescindere dalla circostanza che tale omessa valutazione sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato. Sotto altro profilo, la difesa ha contestato che, con l’istanza, si sia chiesta u rilettura di una prova già esaminata, l’informativa non essendo stata valutata dai giudici del merito, pur avendo attitudine a fondare il proscioglimento del COGNOME in virtù dell’applicazione dell’art. 9 d. Igs. n. 74/2000, che avrebbe disarticolato la prova della condotta concorsuale del predetto nel reato di cui all’art. 2 stesso d. Igs., atteso che nel §8 di detta informativa emergeva l’applicabilità della disciplina derogatoria di cui al richiamato art. 9. N sentenza di primo grado, infatti, non vi sarebbe traccia dei dati fiscali acquisi dalla Guardia di Finanza, dai quali era emerso che RAGIONE_SOCIALE era stata indebitamente indicata a credito, a fronte della contabilizzazione delle fatture passive afferent a operazioni soggettivamente inesistenti. Ove la prova fosse stata valutata, il giudice avrebbe dovuto darne atto con conseguente proscioglimento dal delitto di cui all’art. 2, per applicazione della disciplina derogatoria di cui all’art. d. Igs. n. 74/2000. A riscontro dell’omessa valutazione, la difesa ha richiamato la richiesta ai sensi dell’art. 291 cod. proc. pen. formulata dalla stessa Procura
della Repubblica di Trieste, non valutata dal giudice della revisione, dalla quale si ricaverebbe che anche il pubblico ministero aveva indicatc che le fatture emesse dalle società “RAGIONE_SOCIALE” erano state annotate nella contabilità per l’utilizzo nelle relative dichiarazioni fiscali.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali, nel riportarsi alle precedenti g depositate per l’udienza del 14/01/2025, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con le statuizioni consequenziali.
Con memoria del 03/01/2025, la difesa ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale, insistendo nell’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza del motivo dedotto.
In linea generale, in tema di revisione, le prove nuove rilevanti a norma dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza, non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell’errore giudiziario (Sez. U, n. 62 26/09/2001, dep. 2002, COGNOME, Rv. 22044 – 013; Sez. 6 n. 20022 del 30/01/2014, Rv. 259778 – 01 sez. 5, n. 12763 del 09/01/2020, COGNOME, Rv. 279068 – 01).
Nella specie, tuttavia, la difesa ha del tutto omesso di considerare quanto emerge dalla sentenza della Corte di legittimità che ha definito il procedimento, richiamata nel provvedimento censurato (cfr. Sez. 3, n. 43567 del 12/09/2023). In quella sede, la Corte di legittimità aveva richiamato al §§ 2.2. la doglianza formulata con il secondo motivo di ricorso, segnatamente inerente alla dedotta, erronea applicazione del citato art. 9 d.lgs. n. 74/2000, sancendone la inammissibilità per mancata deduzione in sede di gravame, cosicché sul punto si era formato il giudicato per mancata contestazione della valutazione, asseritamente incompleta, operata dal primo giudice.
Valutazione che, a fronte dell’acquisizione del documento, la cui Omessa valutazione fonderebbe, nella prospettiva difensiva, la domanda di revisione, la difesa si era doluta, solo in sede di legittimità, della sua erronea valutazione, per non avere il giudice de merito considerato che, proprio dall’informativa della Guardia di Finanza, acquisita al processo, emergeva la prova dei presupposti dell’operatività dell’art. 9 d. Igs. n.74/2000, rubricato “Concorso di persone nei casi di emissione o utilizzazione di fatture o altri
documenti per operazioni inesistenti” (a mente del quale «1. In deroda all’articolo 110 del codice penale: a) l’emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso r – el reato previsto dall’articolo 2; b) chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’articolo 8.»). Dalla stessa allegazione difensiva, pertanto, emerge l’implicita asseritamente erronea valutazione della prova che avrebbe dovuto essere censurata in sede di gravame e che non può costituire “prova nuova” nel senso di cui all’interpretazione consolidata sopra richiamata.
In sostanza, fermi restando i principi sopra citati, correlati al diritto vivente, ai della revisione della sentenza di condanna, la risoluzione del giudicato non può comunque avere come presupposto una diversa valutazione del dedotto o una inedita disamina del deducibile (Sez. 3, n. 28358 del 30/03/2016, Frescura, in fattispecie nella quale la S.C. ha escluso che l’esistenza o la mancanza di una condizione di procedibilità assumesse rilievo ai fini della revisione, non concernendo una valutazione di fatto, bensì un apprezzamento di diritto la cui erroneità è denunciabile solo attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione). E, nella specie, la difesa ha sostanzialmente prospettato un vero e proprio travisamento della prova per omissione.
Tuttavia, sul punto, si è già affermato, sebbene in caso di valutazione esplicita, che nella nozione di nuove prove rilevanti a norma dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza – non rientrano quelle esplicitament valutate dal giudice di merito, anche se erroneamente per effetto di travisamento, potendo, in tal caso, essere proposti gli ordinari mezzi di impugnazione (Sez. 3, n. 34970 del 03/11/202Q, brio, Rv. 280046 – 01). Tale conclusione, invero, costituisce il precipitato del necessario contemperamento dell’esigenza di stabilità del giudicato con quella della completezza dell’istruttoria processuale, bilanciamento che la Corte territoriale ha invero operato, valutando la “prova nuova” (informativa della Guardia di Finanza del 22/03/2018), già versata in atti, sulla quale le parti hanno concluso, la difesa non avendo contestato con il gravame le conclusioni del giudice di primo grado, precludendosi la possibilità di farlo in ricorso (vedi pag. 4, Sez. 3, n. 43567/2023 cit.).
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa dell’inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese pr *ocessuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 26 febbraio 2025