Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9246 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9246 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 08/01/1993
avverso l’ordinanza del 03/09/2024 della Corte di appello di Perugia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
lette per l’imputato la memoria di replica dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso insistendo nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 03/09/2024, la Corte di appello di Perugia rigettava la richiesta di revisione della sentenza ex art. 444 cod.proc.pen. emessa dal Gup del Tribunale di Velletri in data 15/05/2023 (irrevocabile il 02/06/2023), nei confronti di COGNOME in ordine ai reati di cui agli artt. 10 e 10-quater d.lgs 74/2000.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia munito di procura speciale, articolando motivi, con i quali deduce violazione dell’art. 630, comma 1, lett. c) e d) cod.proc.pen. e vizio di motivazione.
Argomenta che la Corte di appello aveva erroneamente ritenuto inammissibile la richiesta di revisione, presentata in ordine al solo reato di cui all’art. 10 d.l 74/2000, in violazione del principio di diritto secondo cui le prove nuove che giustificano la predetta richiesta non sono solo le prove sopravvenute ma anche quelle non acquisite o non valutate neanche implicitamente nel precedente giudizio di merito; infatti, la Corte di appello non aveva considerato la prova non acquisita e non valutata nel giudizio di merito costituita dalla documentazione elettronica digitale obbligatoria (fatture, ricevute e scontrini fiscali, dichiarazioni, bila modelli F23 e F24, contratti, CUD, DDT, corrispondenza, pec) presente presso le istituzioni; sul punto, quindi, la motivazione risultava carente, avendo la Corte di appello argomentato solo in ordine alla richiesta di audizione del legale rappresentante della società, che non costituiva, invece, per l’istante una prova decisiva o fondamentale.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Va osservato, in premessa, che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la revisione della sentenza di patteggiamento richiesta per la sopravvenienza o la scoperta di nuove prove, comporta una valutazione di queste ultime alla luce della regola di giudizio posta per il rito alternativo, con la conseguenza che le stesse devono consistere in elementi tali da dimostrare la sussistenza di cause di proscioglimento dell’interessato secondo il parametro di giudizio dell’art. 129 cod. proc. pen., come applicabile nel patteggiamento (ex plurimis, Sez. 5, n. 12096 del 20/01/2021, Rv. 280759; Sez. 6 n. 5238 del 29/01/2018, Rv. 272129; Sez. 6, n. 10299 del 13/12/2013, dep. 04/03/2014, Rv. 258997).
Invero, sulla revisione della pronuncia di applicazione della pena su richi delle parti si riflettono i limiti strutturali del rito speciale su cui si chiede il giudizio di revisione, atteso che il giudice è chiamato al controllo sui dell’accordo in base alle evidenze istruttorie disponibili e alla valutazione sussistenza di cause di non punibiltà che potrebbero condurre ad una sentenza proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. Alla stessa stregu elementi in base ai quali si chiede la revisione della sentenza di patteggiam dovranno essere tali da dimostrare che il soggetto cui è stata applicata la concordata deve essere prosciolto per la presenza di una o più delle cause elenc nell’art. 129 cod. proc. pen., per evitare che, attraverso lo strumento revisione, possano essere alterate la struttura e la fisionomia del patteggia e vanificati gli obiettivi di accelerazione e deflazione propri del rito in pa soluzione prospettata, in altri termini, non deriva da un’astratta esige “simmetria” tra la natura e l’ambito del patteggiamento e del rela procedimento di revisione, ma da un’interna elementare esigenza di coerenza interna del sistema processuale che deve garantire, per un verso soddisfacimento delle istanze di giustizia e, per l’altro, la riparazione dell senza consentire che la riparazione diventi lo strumento per ottenere tutto c cui si è consapevolmente rinunciato con la scelta del predetto rito alternativa 6, n. 31374 del 24/05/2011, Rv. 250684).
E va anche ricordato che questa Corte ha valutato come inammissibile per manifesta infondatezza la questione di legittimità costituzionale, in relazione artt. 27 e 111 Cost., della disciplina in tema di revisione della sente patteggiamento, nella interpretazione esposta, e, che, come detto, per simmetr impone di valutare le prove nuove o sopravvenute secondo la regola di giudizio d cui all’art. 129, comma 1, cod. proc. pen. propria del patteggiamento, atteso il consenso prestato per la definizione del processo con l’applicazione della implica l’accettazione integrale del relativo “statuto” anche per la fase di rev (Sez. 5, n. 12096 del 20/01/2021,Rv.280759 – 01)
Tanto premesso, nella specie, il ricorrente lamenta la mancata valutazio da parte della Corte di appello della prova digitale esistente presso le istituz cioè, la documentazione che sarebbe stata depositata quale documentazione contabile digitale elettronica obbligatoria.
Tale prova documentale costituirebbe prova non valutata nel giudizio di merito.
La deduzione è generica e, comunque, manifestamente infondata.
Il ricorrente non individua specificamente la documentazione in questione (indicata genericamente come fatturazione elettronica e relative dichiarazion bilanci) nè, soprattutto, deduce che della stessa, nel giudizio di merito, vi s
stata prova o che, comunque, la circostanza sarebbe stata specificamente allega dall’imputato.
Non si rappresenta, quindi, che dagli atti del giudizio di merito o dichiarazioni rese dalle parti in tale giudizio risultassero elementi concreti in ad un effettivo deposito della documentazione contabile digitale elettron obbligatoria.
Pertanto, in considerazione della “simmetria” tra la natura e l’ambito patteggiamento e del relativo procedimento di revisione, tale elemento, n rientrando nelle risultanze disponibili nel giudizio di merito, non può tr ingresso nel giudizio di revisione.
Va ricordato e ribadito che, in tema di patteggiamento, è dovere indeclinabi del giudice esaminare, prima della verifica dell’osservanza dei limiti di legit della proposta di pena concordata, gli atti del procedimento al fine di riscon l’eventuale esistenza di una qualsiasi causa di non punibilità, la cui opera giustificando il proscioglimento dell’imputato e creando un impedimento assolut all’applicazione della sanzione, è necessariamente sottratta ai poteri dispo delle parti. Tale operazione preliminare consiste, però, in una ricognizione stato degli atti, che può condurre a una pronuncia di proscioglimento ai s dell’art. 129 cod. proc. pen. soltanto se le risultanze disponibili rendano l’obiettiva esistenza di una causa di non punibilità, indipendentemente d valutazione compiuta dalle parti e senza la necessità di alcun approfondimen probatorio e di ulteriori acquisizioni (Sez.U, n. 3 del 25/11/1998, dep.22/02/1999, Rv.212437 – 01; Sez.1, n. 752 del 27/01/1999, Rv.212742 – 01). E per quanto riguarda il giudizio negativo sulla ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste d 129 cod. proc. pen., si è affermato che l’obbligo di una specifica motivazi sussiste, per la natura stessa della delibazione, soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti risultino elementi concreti in ordine alla n ricorrenza delle suindicate ipotesi ( Sez.U, n 5777del 27/03/1992, Rv.191135 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella a pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e sella somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso il 11/02/2025