Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12003 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12003 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nato a Reggio Calabria il DATA_NASCITA, contro la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro del 26.5.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
udito l’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME COGNOME, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
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La Corte d’appello di Catanzaro ha rigettato la richiesta di revisione che era stata proposta nell’interesse del COGNOME e nei confronti della sentenza di applicazione concordata della pena resa dal Tribunale di Reggio Calabria in data 11.2.1994 con cui era stata applicata all’odierno ricorrente la pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione ed euro 400 di multa in relazione al delitto di estorsione aggravata ed al delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen..
ricorre per cassazione il COGNOME tramite il difensore che deduce:
2.1 nullità della sentenza per omessa motivazione in ordine alla mancata valutazione della ricognizione fotografica: rileva, infatti, che l’istanza di revision era stata avanzata sulla scorta della prova nuova che era stata acquisita in data 20.5.2022 quando alla persona offesa era stato mostrato un album fotografico contenente anche l’effigie del ricorrente e che, tuttavia, la COGNOME aveva riconosciuto NOME COGNOME, anch’egli genero di NOME COGNOME che aveva all’epoca indicato con il nome di COGNOME e descritto in termini coerenti alle fattezze fisiche di costui; sottolinea la assoluta assenza di motivazione su tali profili e che sin dalle sommarie informazioni del 1993 la persona offesa aveva fatto riferimento al “genero” di NOME COGNOME e che mai, in precedenza, aveva effettuato una ricognizione o un riconoscimento fotografico;
2.2 erronea applicazione degli arti:. 129 e 630 cod. proc. pen. con riferimento ai presupposti della pronuncia di proscioglimento: richiama la motivazione con cui la Corte ha affrontato la ritrattazione della persona offesa che, per questa ragione, ha ammesso essere prova “nuova” che consente la revisione anche delle sentenze di applicazione concordata della pena; richiama la giurisprudenza di questa Corte in punto di definizione di prova “nuova” ed i termini in cui il giudizio di revisione è comunque consentito anche per le sentenze di patteggiamento; ribadisce che la COGNOME fu sentita una solta volta e che solo successivamente, nell’ambito del processo instaurato nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, aveva mostrato delle incertezze sulla individuazione del COGNOME come partecipe dell’episodio superando invece ogni perplessità in occasione delle indagini difensive il cui esito è stato completamente ignorato dalla Corte d’appello;
2.3 nullità della sentenza per c:ontraddittorietà ed illogicità della motivazione in ordine alla mancata deduzione di prove nuove con riferimento al reato associativo: richiama la motivazione della sentenza impugnata sottolineando che l’unico elemento fondante la responsabilità del ricorrente per il reato associativo era legata proprio al reato fine venuto meno il quale non vi erano altri elementi a sostegno della imputazione di tal ché le prove nuove addotte rilevano anche per questa;
in data 26.1.2024 la difesa, con l’AVV_NOTAIO, ha trasmesso un’ampia memoria difensiva con motivi aggiunti:
3.1 con il primo motivo, segnala che la Corte d’appello, dopo aver declinato il principio di diritto sulla idoneità della prova nuova a determinare le condizioni per il proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., ne ha fatto tuttavia una errata applicazione al case di specie atteso che i giudici di COGNOME avrebbero prima dovuto passare in rassegna il materiale investigativo sulla cui considerazione le parti avevano concluso l’accordo processuale per la applicazione concordata della pena e, poi, innestarvi l’elemento di novità rappresentato dalle nuove dichiarazioni della persona offesa; aggiunge che la Corte ha erroneamente parlato di “ritrattazione” della COGNOME che’ all’epoca, si era limitata ad indicare, tra i presenti, il “genero di NOME COGNOME” che aveva erroneamente indicato con il nome di NOME COGNOME intendendo invece riferirsi, come risulta dalla descrizione fornitane, a NOME COGNOME, anch’egli genero del COGNOME per aver sposato la figlia NOME, autrice materiale delle condotte estorsive ascritte all’imputato la cui effigie non le era mai stata prima d’ora sottoposta; aggiunge che le dichiarazioni della persona offesa erano state l’unico elemento a carico del ricorrente a fronte di quelle rese dallo stesse NOME COGNOME e dell’esito negativo delle perquisizioni; richiama, a conforto della unicità dell’elemento consistito nelle dichiarazioni della COGNOME, le considerazioni svolte, a suo carico, nell’ordinanza di custodia, che allega;
3.2 con il secondo motivo aggiunto sviluppa considerazioni analoghe quanto alla responsabilità del ricorrente per il reato associativo fondata anch’essa sull’unico elemento rappresentato dalle dichiarazioni della COGNOME COGNOME COGNOME all’episodio di cui al capo H) della imputazione originaria; rileva perciò l’illogicit della motivazione con cui la Corte ha liquidato l’argomento ladclove avrebbe invece dovuto considerare che la richiesta di applicazione della pena (formulata per ragioni di natura personale) non avrebbe invece già all’epoca dovuto essere accolta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, complessivamente, infondato.
Va in primo luogo ribadito il principio, puntualmente richiamato dalla sentenza qui impugnata, secondo cui la revisior e della sentenza di patteggiamento, che sia stata richiesta per la sopravvenienza o la scoperta di nuove prove, comporta una valutazione di queste ultime alla luce della regola
di giudizio posta per il rito alternativo, con la conseguenza che le stesse devono consistere in elementi tali da dimostrare la sussistenza di cause di proscioglimento dell’interessato secondo il parametro di giudizio dell’art. 129 cod. proc. pen., sì come applicabile nel patteggiamento (cfr., in tal ser so, tra le tante, Sez. 6, n. 5238 del 29/01/2018, COGNOME, Rv. 272129 – 01; Sez. 6, n. 10299 del 13/12/2013 (dep. 04/03/2014), K. Rv. 258997 – 01, ; Sez. 4, n. 26000 del 05/03/2013, COGNOME, Rv. 255890 – 01, in cui la Corte ha spiegato che la revisione della sentenza di patteggiamento, richiesta per la sopravvenienza o la scoperta di nuove prove, implica il riferimento alla regola di giudizio dell’assenza delle condizioni per il proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., sicché deve trovare fondamento in elementi tali da dimostrare che il soggetto cui è stata applicata la pena deve essere prosciolto per la ricorrenza di una delle cause che danno luogo all’immediata declaratoria di non punibilità; cfr., sul punto, anche Sez. 5 – , n. 12096 del 20/01/2021, COGNOME, Rv. 280759 – 01 che ha giudicato inammissibile, per manifesta infondatezza, la questione di- legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 27 e 111 Cost., della disciplina in tema di revisione della sentenza di patteggiamento, nella interpretazione che, per simmetria, impone di valutare le prove nuove o sopravvenute secondo la regola di giudizio di cui all’art. 129, comma 1, cod. proc. pen. propria del patteggiamento, atteso che il consenso prestato per la definizione del processo con l’applicazione della pena implica l’accettazione integrale del relativo “statuto” anche per la fase di revisione).
2. Tanto premesso, ed affrontando i motivi di ricorso che ben possono essere trattati congiuntamente, rileva il collegio che la Corte d’appello, nel prendere in esame la richiesta di revisione ha richiamato gli elementi forniti dalla difesa (le dichiarazioni rese dalla COGNOME con atto manoscritto datato 6.10.2020 e quelle acquisite dal difensore in data 20.5.2021 in cui, va detto, e come risulta dall’allegato ai motivi nuovi, è “incorporata” la ricognizione fotografica) e non ne ha omesso la valutazione in termini comparativi e coordinati con gli elementi che erano stati posti a fondamento della sentenza di applicazione concordata della pena, ovvero le dichiarazioni rese dalla medesima persona offesa nel lontano 1993 e, invero, nella immediatezza dei fatti.
I giudici della revisione hanno dunque dato atto che, in quella occasione, la COGNOME aveva indicato il COGNOME come presente e partecipe della richiesta estorsiva descritta nel capo H) dell’imputazione ed individuato anche come “genero” di NOME COGNOME; la stessa COGNOME, come ha puntualmente osservato la Corte, lo aveva indicato come presente anche nel secondo incontro che era intervenuto qualche giorno dopo con NOME e la figlia NOME.
La stessa Corte catanzarese non ha mancato di esaminare le dichiarazioni rese nel 1998 dalla COGNOME nel corso del procedimento instaurato, per quel medesimo episodio, a carico di NOME COGNOME, precisando che anche in quel caso la persona offesa aveva confermato la presenza del COGNOME “… essendo complessivamente irrilevante nel complesso della deposizione l’intercalare se non sbaglio anche considerando che la testimone era stata sentita su posizioni diverse da quella dell’odierno istante” rendendo un contributo comunque difficoltoso ed inizialmente reticente (cfr., pag. 2 della sentenza).
Ha pertanto potuto concludere nel senso che tali ultime dichiarazioni, unitamente a quelle rese dal difensore, non sono idonee a determinare le condizioni per un proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. anche considerando la sostanziale illogicità della spiegazione fornita in COGNOME al p re sunto “equivoco” in cui era caduta nell’indicare il ricorrente piuttosto che l’altro genero del COGNOME, ovvero NOME COGNOME.
3. Ora, è ben vero che le prove nuove rilevanti, ai sensi dell’ad, 630, -comma primo, lett. c), cod. proc. pen., sono non solo quelle sopravvenute . alla’ sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma, com’è pacifico, anche quelle non acquisite nel precedente giud zio ovvero acquisite ma non valutate neanche implicitamente; è pur vero, per altrci verso, che l’istituto della revisione è applicabile anche alla sentenza di applicazione della pena, in virtù della nuova formulazione dell’art. 629 cod. proc. pen., introdotta con l’art. 3, comma primo, della legge n. 134 del 2003 e, sia pure nell’ambito della peculiarità delle valutazioni e dei limiti che ne caratterizzano la motivazione, il giudice, quantomeno ai fini di accertare o escluder -e l’esistenza dei presupposti per la pronuncia della sentenza ex art. 129, comma secondo, cod. proc. pen., deve tener conto di tutti gli elementi emergenti dagli atti (cfr., cos Sez. 5, n. 10167 del 24/11/2009 (dep. 12/03/2010), COGNOME NOME COGNOME Noureddine, Rv. 246883 – 01).
E, tuttavia, è stato chiaramente e ripetutamente affermato, da questa Corte, che, in tema di ritrattazione, deve escludersi che integri “nuova prova”, ai sensi dell’art.630, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., la semplice ritrattazione delle precedenti dichiarazioni testimoniali in assenza di specifici elementi di prova che avvalorino la falsità di queste, poiché l’ordinamento, per evidenti ragioni di coerenza, non può consentire che l’efficacia del giudicato possa essere automaticamente rimessa in gioco per effetto di dichiarazioni sospette (cfr., Sez. 4 – , n. 29952 del 14/10/2020, COGNOME G., COGNOME Rv. 279714 02; Sez. 3, n. 5122 del 05/12/2013 (dep. 03/02/2014), COGNOME F., COGNOME Rvi 258835 –COGNOME 01;: Sez. 3, n. 5026 del 13/01/2010, COGNOME G., COGNOME Rv. 245913 01
Sez. 3, n. 4960 del 28/11/2007 (dep. 31/01/2008), P. Rv 239089 – 01;
Sez. 2, n. 15013 del 21/03/2006, COGNOME COGNOME, COGNOME Rv. 234306 COGNOME 01;: Sez. 1, n. 968 del 17/02/1998, COGNOME, Rv. 210018 01; tra le non massimate, Sez. 2, n. 2025/24 del 24.11.2023, Fulle; Sez. 2, n. 6995 del 12.1.2023, Pjetri; Sez. 1, n. 2520/23 del 1.5.9.2022, Cozzuto; Sez. 2, n. 25216 del 5.5.2022, COGNOME).
Si impone, perciò, il rigetto del ricorso che comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13.2.2024