Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4826 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 4826  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a BARI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/11/2022 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
NOME
che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita relativamente al ricorso di COGNOME
NOME;
Conclude per il rigetto relativamente al ricorso di COGNOME NOME
udito il difensore
AVV_NOTAIO insiste nell’accoglimento del ricorso;
AVV_NOTAIO insiste nell’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
COGNOME NOME e COGNOME NOME, in qualità di eredi di COGNOME NOME, con distint d’impugnazione, hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce del 16 novembre 2022, che, in parziale accoglimento dell’istanza di revision da loro presentata, ha revocato la sentenza emessa ex art. 444 cod. proc. pen. dal G.U.P. presso il Tribunale di Bari, irrevocabile il 20 marzo 1996, nei riguardi del citato COGNOME NOME limitatamente al delitto di partecipazione ad associazione mafiosa di cui all’art. 4 bis cod. pen. – capo A) – assolvendolo per insussistenza del fatto – e ha ridetermiNOME pena, con operatività sul calcolo per la ritenuta continuazione con altri reati, in relazio delitto di tentata estorsione – capo B) – di cui agli artt. 56, 629, 61 n. 7 cod ulteriormente aggravato ai sensi dell’art. 7 D.L. n. 152/91, conv. in L. n. 203/91, oggi tras nell’art. 416 bis.1 cod. pen. – per aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p. ed al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa, di cui capo A).
1.COGNOME NOME, col ministero del difensore di fiducia, ha articolato due motivi.
1.1.11 primo motivo ha denunciato inosservanza della legge penale .di cui all’art. 606 lett. cod. proc. pen., violazione ed erronea applicazione degli artt. 637-639 cod. proc. pen. e deg artt. 3,13, 24 comma 4, 25 comma 2, 27 Cost. e 7 CEDU nella parte in cui la sentenza, in accoglimento dell’istanza di revisione in relazione alla condanna per il delitto di associaz mafiosa, non ha statuito anche il venir meno dell'”aggravante mafiosa” di cui al capo B), da considerarsi inesistente quale conseguenza dell’assoluzione, NOME il fatto non sussiste, da reato più grave di cui al capo A).
L’orientamento della giurisprudenza di legittimità è nel senso di ammettere la revision parziale di una sentenza di condanna e il giudice della revisione deve, in tal caso, ridetermin la pena residua per i delitti che “non siano stati travolti dal giudizio ex art. 630 c.p.p.”.
La Corte d’appello avrebbe allora dovuto escludere, per il delitto di tentata estorsione, circostanza aggravante “mafiosa” quale automatico e naturale effetto della liberatori pronunciata per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa.
Il mancato intervento demolitorio comporterebbe contrasto interno tra giudicati della stess sentenza, NOME dapprima sarebbe stata negata la sussistenza di un fatto e in un secondo momento quello stesso fatto sarebbe stato riaffermato, con incompatibilità logica tra g enunciati.
La scelta decisoria, se condivisa, determinerebbe inevitabile contrasto con i princi costituzionali e della CEDU menzionati nel ricorso, in quanto – negata la sussistenza di un fat – l’interessato sarebbe colpito da una sanzione di natura criminale come se quel fatto foss stato commesso, slegata dunque da un giudizio di effettivo disvalore della condotta tenuta e in definitiva illegale.
1.2.11 secondo motivo ha dedotto inosservanza della legge penale sostanziale, violazione dell’art. 631 c.p.p. – anche in relazione agli artt. 3,24 co. 4, 25 co. 2, 27 co. 1 e 3, 42 artt. 1 Prot. 1, 7 CEDU – nella parte in cui è stata ritenuta inammissibile l’esten dell’istanza di revisione anche con riferimento alla sussistenza dell’aggravante c.d. mafiosa cui al capo B).
La Corte territoriale ha, da un lato, considerato vincolante il dato normativo che àncor giudizio di revisione ai soli casi in cui la riedizione del giudizio sia funzionale al prosciog del condanNOME e, dall’altro lato, ha citato l’indirizzo della Corte Costituzionale (rectius: della Corte di Cassazione, pag. 7 della sentenza impugnata, in particolare quella della sez. 3, n 18016 del 2019) che ha già dichiarato manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale dell’art. 631 cod. proc. pen. nella parte in cui non consente il giudi revisione in relazione alla sussistenza della circostanza aggravante dell’ingente quantità di all’art. 80 comma 2 L.S., riguardante tuttavia, un caso diverso da quello oggetto di scrutinio
In realtà, una corretta lettura – orientata sotto il profilo costituzionale – dell interpretativo stabilito dalle Sezioni Unite nella sentenza Pisano del 2001 e di altri approdi massimo consesso nomofilattico (sentenza Ercolano del 2013, sentenza del 25 ottobre 2018 n. 6141, COGNOME, in tema di revisione della sentenza d’appello che, dichiarata la prescrizione reato, abbia confermato le statuizioni civili della sentenza di primo grado) impone di superar dato formale della “situazione esaurita” quando sia in gioco il principio sovraordiNOME de legalità della pena, che può limitare la libertà personale solo se conforme alla Costituzion rispettosa della funzione di rieducazione sancita dall’art. 27 comma 3 Cost.; insomma, nel bilanciamento tra il principio dell’intangibilità del giudicato e la necessità di gara riparazione dell’errore giudiziario deve essere data prevalenza alla seconda.
E tale dictum deve refluire anche laddove gli elementi prospettati dall’istanza di revisione sian idonei a dar luogo all’esclusione di una circostanza aggravante, NOME incidente sulla pena.
D’altro canto, il caso specifico presenterebbe peculiarità tali da differenziarlo rispetto a casi di richiesta di eliminazione, in sede di giudizio di revisione, di una circostanza aggrava NOME la sua caducazione è, in questa vicenda, una conseguenza automatica dell’assoluzione per insussistenza del fatto dal reato di associazione mafiosa.
Diversamente opinando, dovrebbe essere sollevata, in quanto non manifestamente infondata ed in presenza di uno specifico interesse degli eredi del già condanNOME, la questione legittimità costituzionale dell’art. 631 cod. proc. pen. per contrasto:
con l’art. 3 Cost. NOME la preclusione del giudizio di revisione determinerebbe disparità trattamento tra chi ha ottenuto proscioglimento pieno dall’accusa di associazione mafiosa e chi si vede raggiunto dagli effetti dell’aggravante che si fonda sull’associazione consider insussistente;
con l’art. 13 Cost. NOME la libertà personale risulterebbe limitata sulla base di una pena legale, relativa ad un fatto ritenuto insussistente;
con l’art. 1, Prot. 1, CEDU e con l’art. 41 Cost. NOME la confisca dei beni del condanNOME, o di proprietà degli eredi, promana esclusivamente dal riconoscimento dell’aggravante mafiosa, poggiata su fatto insussistente e, dunque, evidentemente irrispettosa del princip convenzionale di proporzionalità delle sanzioni sancito dall’art. 52 paragrafo 1 della Carta Nizza;
con l’art. 24 comma 4 Cost. NOME il caso di specie integrerebbe un vero e proprio “errore giudiziario” la cui riparazione è garantita dalla Costituzione;
con l’art. 25 comma 2 Cost., con l’art. 7 CEDU e con l’art. 27 comma 1  Cost., NOME la permanenza della circostanza aggravante cagiona l’irrogazione di una pena illegale, dal momento che tali principi generali richiedono che una pena sia comminata per un “fatto”, commissivo od omissivo, previsto in forza di una legge dello Stato e una volta escluso il “fatt inteso come “condotta personale anti-doverosa”, non può farsene discendere l’applicazione di una sanzione penale.
2.COGNOME NOME, a sua volta con l’assistenza del difensore abilitato, ha denunciato un vi di motivazione per contraddittorietà o manifesta illogicità ex art. 606 lett. b) ed e) c.p.p..
Il reato di tentata estorsione di cui al capo B) – relativo all’occupazione della RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, funzionale a costringerne il proprietario, COGNOME NOME, a cedere a COGNOME NOME le quote di sua titolarità – era già menzioNOME nella descrizione del comportamento sub A), per il quale COGNOME è stato assolto nel giudizio di revisione; la Corte d’appe Lecce, pur dando atto dell’intervenuta assoluzione, nel giudizio di merito, dei coimputati de stesso reato, avrebbe tuttavia rilevato che osterebbe al suo proscioglimento l’insussistenz dell’ipotesi del contrasto tra giudicati di cui all’art. 630 lett. a) cod. proc. pen., conflitto non riguarderebbe il fatto storico, ma la sua valutazione, in termini di rile penale, da parte dei giudici investiti del relativo esame.
In realtà, secondo il ricorrente, il contrasto tra le sentenze atterrebbe proprio alla ricostr del fatto relativo alla condotta tenuta da COGNOME NOMENOME NOME la pronuncia assolutor del Tribunale collegiale avrebbe escluso l’attività di promozione ed organizzazion dell’occupazione della RAGIONE_SOCIALE da parte di un gruppo di manifestanti e, in particola quest’ultima non sarebbe stata espressione di “un preciso programma di pressione per la realizzazione degli scopi indicati dal capo d’imputazione”, ma il risultato di una autono iniziativa di privati che in tal modo speravano di ottenere la garanzia di un posto di lavor ancora, avrebbe espressamente stabilito che non potesse dirsi che COGNOME avesse “sostenuto, promosso o favorito l’occupazione”; diverso sarebbe stato il caso in cui le sentenz avessero diversamente valutato la potenzialità estorsiva di un medesimo comportamento.
Considerato in diritto
Il ricorso di COGNOME NOME è infondato.
1.1 motivi, che possono essere affrontati congiuntamente, non hanno colto che la contestazione della circostanza aggravante di cui all’art. 7 della Legge n. 203/91, ora art. bis.1 cod. pen., ritenuta sussistente a riguardo dell’affermazione di responsabilità di COGNOME NOME per il delitto di tentata estorsione, non consente di ravvisare il conflitto “intern pronuncia della Corte territoriale denunciato dalla ricorrente nei termini ampiamente percors nell’atto d’impugnazione, dal momento che – come concluso, con argomentazioni condivisibili, dal Procuratore Generale presso questa Corte – il perimetro testuale della formulazione dell’accusa investe il “ricorso a violenze e minacce attuate nelle forme di cui al precedente capo A, e in particolare promuovendo, organizzando e sostenendo l’occupazione della sede della suddetta RAGIONE_SOCIALE da parte di un gruppo di manifestanti, composto in prevalenza dai suo dipendenti o da persone a lui collegate, in ciò avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p. ed al fine di agevolare l’attività dell’associazione di cui al capo A”.
L’aggravante “mafiosa” della condotta di estorsione tentata è stata dunque modellata sull’utilizzo del c.d. “metodo mafioso”, tale da richiamare, nella consumazione del reato, “modalità” prevaricatrici tipiche delle organizzazioni criminali di radicamento mafioso e ch tuttavia, non esigono, ai fini della sua configurazione, l’intraneità del responsabile nel soda delinquenziale.
E’ opportuno allora ricordare lo stabile indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che sussistente la circostanza aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso quando “le modalità esecutive della condotta siano idonee, in concreto, a evocare, nei confronti dei consociati, forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso”, e tanto persino nei casi in cui quest’ultima n direttamente indirizzata sui soggetti passivi, ma risulti comunque funzionale a una più agevol e sicura consumazione del reato (Sez.1, Sentenza n. 38770 del 22/06/2022, COGNOME, Rv. 283637; sez. 1, n. 5881 del 04/11/2011, COGNOME, Rv. 281530), e che l’aggravante in scrutinio “non presuppone necessariamente l’esistenza di un’associazione ex art. 416-bis cod.pen., essendo sufficiente, ai fini della sua configurazione, il ricorso a modalità della condotta evochino la forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso” (Sez.5, n. 21530 del 08/02/201 COGNOME, Rv. 273025; Sez. 6, Sentenza n. 41772 del 13/06/2017, P.M. in proc. Vicidomini, Rv.271103; sez. 2, n. 322 del 02/10/2013, Ferrise, Rv. 258103).
Né assume valore decisivo il tenore dell’opzione imputativa divisata dall’organo requirent nelle aggiuntive forme dell'”agevolazione” dell’attività dell’associazione mafiosa, poiché dizione letterale della norma che cristallizza l’aggravamento di pena prevede con la formula avversativa le due distinte ed autonome ipotesi (“Peri delitti punibili con pena diversa dall’ergastolo commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416 bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, è aumentata d terzo alla metà”), di tal che l’ampliamento dell’editto accusatorio ad entrambi i profili estende non restringe le prerogative della difesa (cfr., in motivazione, sez. 5, n. 18635 del 14/02/20 COGNOME e altri, Rv. 270019; sez. 2, n. 13469 del 28/02/2013, Basile, Rv.255550).
La sentenza del Tribunale di Bari n. 12/03 ha del resto evidenziato, nei vari passagg l’accertata propensione di COGNOME NOMENOME NOME NOME di fuori di un contesto di partecipazio ad un’associazione mafiosa, ad avvalersi del sostegno di esponenti della malavita organizzata di stampo mafioso in occasione, in particolare, delle pressioni ricevute dalle maestranze ch sostavano dinanzi alla sua abitazione all’insistente ricerca di un lavoro (pag.36); in definiti COGNOME aveva come obbiettivo principale quello di “tenere a freno” le organizzazioni p pericolose per evitare ritorsioni e danni d’immagine all’esercizio dell’attività delle clinic riconducibili e di “entrarne nelle grazie” con l’assunzione, sia pure sporadica, di singoli af o di soggetti vicini alle cosche; nel contempo, non disdegnava di utilizzarne i servigi indispensabili per la propria tranquillità e sicurezza (es., a titolo esemplificativo, pa segg., pag. 31, che riporta le sue ammissioni di responsabilità in relazione al ricorso all’aiu malavitosi “in talune occasioni per fini illeciti”, pag. 44).
La struttura argomentativa della sentenza assolutoria, che ha escluso l’esistenza stessa della congregazione mafiosa contestata a COGNOME ma ripercorso una pletora di complesse vicende nelle quali sono stati protagonisti anche gli esponenti di taluni clan della provincia di Bari, in rapporto con costui, non appare dunque inconciliabile con il ricorso al metodo mafioso nella declinazione espressa dall’imputazione di tentata estorsione e non invita a condividere l’assunto difensivo che prospetta la corrispondente caducazione della circostanza aggravante quale conseguenza del proscioglimento dell’imputato per il capo A).
2.Per altro verso, va rammentato che l’art. 631 cod. proc. pen. stabilisce che “Gli elementi base ai quali si chiede la revisione devono, a pena d’inammissibilità della domanda, essere tal da dimostrare, se accertati, che il condanNOME deve essere prosciolto a norma degli articol 529, 530, 531″. Nel rispetto di tale disciplina ad litteram, invero univoca, la Corte di Cassazione ha costantemente ritenuto che l’istanza di revisione debba investire in modo esaustivo l’intervenuta condanna, così da comportare quale effetto del vaglio di ammissibilit prima – e del suo accoglimento dopo – il proscioglimento (Sez. 6, n. 2626 del 31/05/1994, COGNOME, Rv. 199442 – 01, che ha ritenuto inammissibile una istanza di revisione “parziale” ovvero riguardante uno soltanto di plurimi reati oggetto di condanna, ed avente ad oggetto elementi o circostanze comportanti un’attenuazione del reato per il quale era stata riportat condanna; cfr. anche, in epoca più recente, Sez. 1, n. 23927 del 23/05/2007, COGNOME, Rv. 236844 – 01, che ha ritenuto inammissibile la richiesta di revisione proposta in base a elementi idonei, ove accertati, a determinare non il proscioglimento del condanNOME, ma il riconoscimento a suo favore del vizio parziale di mente).
In applicazione del medesimo principio, si è successivamente affermato che dal disposto degli artt. 631 e 637, comma 2, cod. proc. pen. emerge chiaramente come dall’accoglimento della richiesta di revisione non possa che derivare il proscioglimento del condanNOME, e conseguentemente, che debba escludersi che detta richiesta possa essere fondata sulla prospettazione di elementi tali da dar luogo, se accertati, non al proscioglimento, ma ad una dichiarazione di responsabilità per un diverso e meno grave reato (Sez. 6, n. 4114 del
24/10/1997, COGNOME, Rv. 208834 – 01: nella specie, in applicazione del principio, si è rite che legittimamente fosse stata dichiarata inammissibile una richiesta di revisione avanzata da un soggetto condanNOME per concussione, il quale rappresentava l’inconciliabilità di ta condanna con la successiva affermazione di responsabilità di altri soggetti, originariamente chiamati a rispondere del medesimo fatto-reato a titolo di corruzione).
In analoga direttrice, quanto all’inammissibilità della richiesta di revisione fondata prospettazione di elementi tali da dar luogo, se accertati, non al proscioglimento, ma a un dichiarazione di responsabilità per un diverso e meno grave reato, cfr. Sez. 1, n. 4464 de 28/02/2000, COGNOME, Rv. 215810 – 01; Sez. 6, n. 12307 del 03/03/2008, Racco, Rv. 239328 01; Sez. 1, n. 19342 del 22/04/2009, P.G. in proc. Nicodemi, Rv. 243778 – 01; e, coerentemente, è stata infine ritenuta l’inammissibilità della richiesta di revisione fondata prospettazione di elementi tali da dar luogo, se accertati, alla sola esclusione di circostanza aggravante (Sez. 6, n. 12307 del 03/03/2008, Rv. 239328 – 01 cit.; Sez. 1, n. 20470 del 10/02/2015, Pelle, Rv. 263592 – 01; Sez. 6, n. 4121 del 16/05/2019, dep. 2020, A., Rv. 278194 – 01).
3.Ne viene che la tematica interpretativa affrontata nel primo motivo a riguardo dello spett di operatività dell’art. 631 cod. proc. pen. non si rivela fondata né, comunque – per quan osservato sull’improponibilità di automatismi applicativi – efficacemente risolutiva questione di legittimità costituzionale sulla quale si è ampiamente diffusa la difesa de ricorrente con il secondo motivo non risulta rilevante nel presente giudizio ai sensi dell’ar comma 2 della L. 11 marzo 1953 n.87.
Anche il ricorso di COGNOME NOME deve essere rigettato.
4.11 concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili di cui all’art. 630, comma primo, a), cod. proc. pen., deve essere inteso con riferimento ad una oggettiva incompatibilità tr fatti storici stabiliti a fondamento delle diverse sentenze, non già alla contraddittorietà tra le valutazioni operate nelle due decisioni; ne consegue che gli elementi in base ai quali chiede la revisione devono essere, a pena di inammissibilità, tali da dimostrare, se accertat che il condanNOME deve esser prosciolto e, pertanto, non possono consistere nel mero rilievo di un contrasto di principio tra due sentenze che abbiano a fondamento gli stessi fatti (ex multis, Cass. sez.1, n.8419 del 14/10/2016, Mortola, Rv. 269757); e allora, non sussiste contrasto fra giudicati agli effetti dell’art. 630, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. se i fatti posti a base delle due decisioni, attribuiti a più concorrenti nel medesimo reato, siano stati identicamen ricostruiti dal punto di vista del loro accadimento oggettivo ed il diverso epilogo giudiziale prodotto di difformi valutazioni di quei fatti – specie se dipese dalla diversità del rito pr nei separati giudizi e dal correlato, diverso regime di utilizzabilità delle prove, come avve nella vicenda in esame (sez.6, n. 16477 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 283317; sez.5, n. 633 del 06/12/2017, COGNOME, Rv. 271928).
Come correttamente puntualizzato dalla Corte d’appello, l’invocata revisione non riguarda una divergenza oggettiva tra i fatti storici accertati nelle due sentenze irrevocabili, ma l diversa analisi da parte di distinti organi giurisdizionali, che hanno del resto assunto deci in relazione alla posizione di differenti imputati.
La vicenda documentata dalle sentenze del G.u.p. e del Tribunale collegiale di Bari è, nella sua evoluzione, la medesima, ovvero l’occupazione della RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE“, nel febbraio 1993, da parte di un nutrito gruppo di persone che avevano insceNOME una manifestazione di protesta, durata diversi giorni, nel medesimo torno di tempo in cui COGNOME aveva in corso u fitto contenzioso con COGNOME COGNOME COGNOME‘acquisto delle quote della società di gestione della ca cura, appartenenti a COGNOMECOGNOME COGNOME giudice per l’udienza preliminare ha emesso verdetto applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc. pen. in data 30 giug 1995 sulla base di un sostrato probatorio formato nell’ambito delle indagini preliminar ragionevolmente differente da quello acquisito, con l’istruttoria dibattimentale, dal Tribunal Bari quasi otto anni dopo, riguardante, tuttavia, gli stessi avvenimenti nella loro materiali oggetto di difforme approccio valutativo; sintomatico della sovrapponibilità delle ricostruzi fattuali operate dalle due pronunce e della semplice discordanza tra le rispettive eseges interpretative – l’una, volta ad esaltare la spinta istigatrice del COGNOME, l’altra a pr l’autonomia dell’iniziativa dei partecipanti all’occupazione – è il riferimento, contenuto a 45 della sentenza dell’organo collegiale, alla deposizione testimoniale dell’AVV_NOTAIO già legale del AVV_NOTAIO, che ha rievocato quanto avvenuto in occasione dell’udienza civile fissa per la trattazione del ricorso per sequestro formalizzato dal COGNOME, che in tale circosta “aveva dichiarato che l’inadempimento del COGNOME gli aveva impedito di procedere alle assunzioni promesse di lavoratori appartenenti ad alcune “categorie protette” (intendendo riferirsi a soggetti pregiudicati), il che aveva determiNOME la manifestazione di protesta, eseguita per oltre una settimana, e blocchi stradali”.
5.Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al rigetto del ricorso consegue la condanna ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12/01/2024
Il Presiden