Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9164 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9164 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Enna
avverso la ordinanza del 13/04/2023 della Corte di appello di Catania
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Catania, con l’ordinanza in epigrafe, ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione della sentenza emessa il 4 novembre 2019 della Corte di appello di Caltanissetta (resa definitiva all’esito del giudizio inammissibilità del ricorso per cassazione: Sez. 2, 02/02/2022 n. 9962), che, in
parziale riforma di quella del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Enna di data 29 settembre 2017, aveva confermato il giudizio di responsabilità a carico di NOME COGNOME in ordine al reato di usura aggravata dallo stato di bisogno della persona offesa, NOME COGNOME, di cui al capo C) dell’imputazione per le condotte commesse nell’anno 2008, rideterminando la pena.
Riteneva la Corte inammissibile il motivo relativo alla dedotta esistenza di ulteriori prove sopravvenute o nuove che, unite a quelle già valutate ai fini della corretta ricostruzione dei flussi finanziari fra le parti, avrebbero escluso carattere usurario del rapporto di prestito, rappresentando come le “prove nuove” indicate dalla difesa (in particolare, l’attestazione di data 21 giugno 2017 del direttore dell’istituto di credito RAGIONE_SOCIALE di Leonforte, secondo cui non era possibile accertare se la cambiale di euro 5.000 con scadenza 15 maggio 2008 fosse stata pagata per cassa o ritirata dall’intestatario del conto senza pagarla: all. 6) fossero prive del requisito della decisività, in quanto inidonee a scalfire il quadro probatorio.
Rilevava che la Corte di appello di Caltanissetta aveva ritenuto comunque provata la natura usuraria del tasso d’interesse pattuito, “anche a voler in ipotesi escludere dal computo il pagamento della cambiale di euro 5.000”, e che la Corte di cassazione, con la citata sentenza n. 9962/2022, aveva ribadito il principio consolidato per cui, in ogni caso, “il reato di usura non si consuma in seguito all’effettiva corresponsione degli interessi pattuiti, ma anche soltanto in ragione della illecita pattuizione, sicché l’assunto che in realtà l’imputato non abbia poi ottenuto il pagamento di quanto pattuito non ha alcuna rilevanza, né inficia il giudizio di colpevolezza”.
2.11 difensore di COGNOME ha presentato ricorso per cassazione avverso detta ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento, sul rilievo che, con l’allegata attestazione dell’istituto bancario, sarebbe venuta meno la certezza probatoria, in ordine al presupposto considerato decisivo dai giudici del merito ai fini della condanna dell’imputato, dell’avvenuto pagamento per cassa di almeno una cambiale – quella di 5.000 euro con scadenza 15 maggio 2008 -, a conferma della ritenuta sproporzione dei flussi finanziari fra i due imprenditori. La Corte territoriale non avrebbe preso affatto in considerazione la nuova prova documentale, neppure argomentando sulla sua valenza ai fini della revisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e per taluni versi aspecifico, perciò inammissibile.
Va premesso che la rimozione degli effetti del giudicato di condanna, in sede di revisione, non può avere come presupposto una diversa disamina del dedotto e del deducibile, bensì l’emergenza di nuovi elementi di prova, estranei e diversi da quelli definiti e valutati nel processo di merito.
Ritiene il Collegio – condividendo il ragionamento espresso dal P.G. nella requisitoria scritta – che la Corte territoriale, nel caso in esame, abbia adempiuto correttamente al compito preliminare di apprezzare la valenza delle nuove prove a ribaltare l’originario costrutto accusatorio, giudicandole palesemente inidonee a travolgere il giudicato e argomentando in modo niente affatto illogico. Trattasi, a ben vedere, di una delibazione preliminare del grado di consistenza dimostrativa delle nuove prove, ritenute incompatibili con le emergenze istruttorie definitivamente acquisite e valutate, nonché inidonee a ribaltare la pronuncia di condanna dell’imputato. Una delibazione, quindi, non solo consentita ma doverosa, siccome pertinente al perimetro cognitivo riservato dall’art. 634 cod. proc. pen. alla Corte territoriale nella fase di ammissibilità del giudizio revisione, che risulta peraltro giustificata da un congruo e logico apparato argonnentativo ed è perciò insindacabile in sede di controllo di legittimità del provvedimento impugnato.
Invero, la Corte di appello di Catania ha linearmente argomentato nel senso che già la Corte di appello di Caltanissetta, nel confermare il giudizio di responsabilità dell’imputato, aveva ritenuto provata la natura usuraria del tasso d’interesse pattuito, “anche a voler in ipotesi escludere dal computo il pagamento della cambiale di euro 5.000”, peraltro in perfetta coerenza con il tradizionale principio di diritto – ribadito dalla citata sentenza, Sez. 2, 9662/2022, per il quale “il reato di usura non si consuma in seguito all’effettiva corresponsione degli interessi pattuiti, ma anche soltanto in ragione della illecita pattuizione, sicché l’assunto che in realtà l’imputato non abbia poi ottenuto il pagamento di quanto pattuito non ha alcuna rilevanza, né inficia il giudizio di colpevolezza”.
Di talché, considerato che la consistenza della dedotta prova “nuova” risulta effettivamente esaminata e valutata nei limiti della delibazione de plano, con adeguata applicazione di consolidati principi di diritto, il ricorso va dichiarat
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inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta equa, di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/02/2024